I dati Gps e satellitari sono stati molto utili per studiare il terremoto di L’Aquila (Mw=6.3) del 6 aprile 2009. La scienza galileiana è ricerca della verità. I congressi scientifici servono proprio a fare piena luce sulla verità dei fenomeni naturali e delle ricerche in atto. Ma poi il Legislatore è chiamato a fare il suo dovere, adeguando le leggi e le normative vigenti per le costruzioni, ai fattori di amplificazione sismica locale. Un decreto legge, non ancora approvato, trasferirebbe alla Protezione Civile l’attività di monitoraggio dei terremoti, le funzioni di sorveglianza sismica del territorio nazionale e di coordinamento delle reti sismiche, fino a oggi di competenza dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Gli scienziati Ingv non ci stanno. La Democrazia vive un’epoca entusiasmante. Non solo grazie alla Giustizia ed alla Legge, ma soprattutto alla comunità scientifica internazionale, la sola in grado di salvare l’umanità dall’olocausto culturale che rischia di sommerge tutti come uno tsunami. L’altra emergenza planetaria, di cui nessuno parla, è la disinformazione. Se fate un esperimento che considerate “scientifico” e non riuscite poi a riprodurlo, siete finiti come scienziati. Non è come in politica, dove gli asini fanno carriera grazie, ahinoi, all’indirizzo popolare. Nella scienza l’unica “voce” in capitolo spetta a sua maestà la Matematica. Senza la Matematica (con relative equazioni e formule varie che bisogna sempre presentare, anche nei congressi scientifici di geofisica!) non riuscirete a provare un bel niente del vostro esperimento alla comunità scientifica internazionale. Anzi, riuscirete a fare una magra figura, nonostante l’apparente consenso popolare. Pensate alle lettere dell’alfabeto che, come insegna Galileo Galilei, sono virtualmente in grado di contenere tutto lo scibile umano universale. Ora, la Matematica è molto superiore perché essa è in grado di sintetizzare ed illustrare chiaramente la verità sul funzionamento dell’Universo intero. Quindi, anche di fenomeni naturali come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Come sapete, l’Ingv partecipa alla tredicesima Conferenza Nazionale ASITA (Federazione delle Associazioni Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali) che si svolge a Bari da martedì 1° a venerdì 4 dicembre 2009 con uno stand informativo sulle applicazioni Gis, Gps E Di Remote Sensing utilizzate durante l’emergenza del terremoto aquilano. Nell’ambito del programma della conferenza, il 2 e 3 dicembre si svolgeranno due momenti di approfondimento (Speaker’s corner) dal titolo:”L’utilizzo del GPS nello studio dei terremoti” e “L’emergenza sismica nell’aquilano”.
Evento che anticipa di alcuni giorni il tradizionale “AGU Fall Meeting” di Geofisica (www.agu.org/meetings/fm09/) che si terrà a San Francisco in California (Stati Uniti) dal 14 al 18 dicembre 2009 con centinaia di scienziati anche italiani. Mentre la terra continua a tremare, la nostra inchiesta sul presunto disinteresse nella previsione scientifica dei terremoti in Italia, si arricchisce di altri contributi. “Si è così – fa sapere il professor Pier Francesco Biagi dell’Università di Bari – in Italia la situazione è particolarmente ostica, perché i ricercatori responsabili in potere, sono sempre stati schierati sulla posizione della impossibilità di fare previsione, forti dei loro appoggi politici. La situazione non è molto differente negli Usa. In Russia, Giappone e Cina le cose vanno meglio”. Alla 13ma Conferenza Nazionale ASITA partecipano molti ricercatori. “L’utilizzo del GIS, GPS da parte dell’INGV – spiega il prof. Biagi – si riferisce: allo studio delle deformazioni prodotte dal terremoto; alla definizione del propagarsi dell’attività sismica. Sono dati molto utili che l’INGV studia bene e con competenza. Nulla hanno a che fare con lo studio dei precursori”. Per quanto concerne l’intervista televisiva di Rete Otto Abruzzo a Giampaolo Giuliani, andata in onda venerdì scorso e disponibile sul web, il prof. Biagi è categorico: “Giuliani è convinto di essere un genio (novello Einstein o Marconi) che ha risolto il problema della previsione dei terremoti. Facendo questo offende profondamente tutte quelle centinaia di ricercatori (incluso il sottoscritto) che hanno dedicato anni e anni (nel mio caso più di 30) a studiare seriamente e con competenza l’argomento. Il metodo Giuliani, brevettato e accessibile a tutti – rivela il prof. Biagi – contiene una marea di errori madornali. Circa 20 anni fa in Grecia incominciò un caso analogo; un certo Varostos inventò e brevettò un metodo di previsione chiamato VAN. Ha continuato a calcare le scene mediatiche per molti anni sostenendo con arroganza e presunzione di aver risolto il problema della previsione dei terremoti, nonostante da più parti gli fosse stati dimostrati i grossi errori contenuti nel suo metodo. Si è un po’ calmato dopo che, nel caso dell’unico terremoto forte con vittime verificatosi in Grecia alcuni anni fa, la sua previsione non era scattata. E’ poi caduto in depressione: ricoverato in ospedale per un po’ di tempo, è scomparso anche dalla scena scientifica. Purtroppo è ricomparso da due anni e non intende arrendersi all’evidenza! Personaggi come Varostos e Giuliani sono un pericolo per la scienza, un danno per coloro che lavorano seriamente sull’argomento, un pericolo per l’umanità. Sono profondamente amareggiato per questa situazione”. “Riguardo al “premio Nobel” citato da Giuliani, nel caso Boschi abbia detto veramente così – ironizza Warner Marzocchi dell’Ingv – era una chiaro scherzo per enfatizzare quanto il mondo scientifico credesse che oggi fosse possibile la previsione dei terremoti. Averla presa sul serio testimonia quanto poco Giuliani conosca del mondo scientifico. Sappiamo tutti che il mondo geofisico non è mai preso in considerazione per i premi Nobel”. Gianluca Valensise dell’Ingv, fautore della necessità di prevenire invece che prevedere, sul caso Giuliani, si dice moderatamente ottimista. “Vediamo cosa gli dirà il Journal of Geophysical Research: il fatto che non gli abbiano ancora detto di no – sostiene Valensise – come immaginate, fa sganasciare dalle risate. In questo caso due negazioni non affermano. Bisogna che glielo pubblichino, e quella sarebbe una solida base per cominciare a credere che abbia veramente scoperto qualcosa di utile”.
Ma la cosa davvero strana, è il fatto che i nostri “cervelli” che studiano il terremoti di L’Aquila, siano stati completamente dimenticati dai grandi network televisivi italiani. Claudio Chiarabba al terremoto di L’Aquila ha dedicato mesi di lavoro. In silenzio. Ora è tutto confermato dall’Ingv, ma a pochi interessa nel giornalismo italiano. Eppure Chiarabba è uno dei migliori sismologi. “E’ una persona molto preparata e seria” – conferma Warner Marzocchi. Cosa ha scoperto Chiarabba? Che “prima la faglia si è rotta esattamente sotto L’Aquila e sono bastati 2 secondi per far sprofondare la città di 20-30 centimetri; poi la situazione è peggiorata a Sud della città e nei 5 secondi successivi la faglia si è rotta ancora, più lentamente ma in modo ancora più violento, distruggendo Onna e Paganica”. Sono gli eventi salienti dei primi 10 secondi del terremoto dell’Aquilano del 6 aprile scorso, ricostruiti in un tempo record dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “Abbiamo completato la ricostruzione in pochi mesi, credo sia la prima volta che accada di ottenere un simile risultato in un tempo così breve”, ha spiegato il geologo Claudio Chiarabba, nel presentare i dati nel convegno “Costruire e conservare in area sismica”, organizzato dall’Ordine dei Geologi di Napoli. “Basti pensare – ha aggiunto – che per ricostruire la sequenza di eventi del terremoto del 1980 in Irpinia ci sono voluti 10 anni”.
“Nell’arco di 10 secondi sono avvenute due rotture e L’Aquila ha preso due colpi, l’uno dopo l’altro: uno l’ha abbassata e l’altro l’ha spinta”, ha detto Chiarabba. La prima rottura della faglia, quella che ha fatto sprofondare la città di 20-30 centimetri, è avvenuta esattamente sotto la città e molto vicino, alla profondità massima di 9 chilometri. “La rottura è iniziata con poca energia, ma poi c’é stata un’accelerazione che ha concentrato l’energia in quei due secondi in cui è avvenuta la prima rottura della faglia”, ha spiegato. “E’ stato un processo complesso e irregolare, che potrebbe portare – ha aggiunto – a osservazioni scientifiche nuove e importanti”, ad esempio per comprendere come funzionano le faglie e le caratteristiche che determinano la velocità di rottura. La rete nazionale di sorveglianza dei terremoti ha inoltre permesso di individuare e localizzare 12mila scosse avvenute nelle due settimane successive al terremoto del 6 aprile. “Sono terremoti continui e difficili da isolare, ma siamo riusciti a individuarli grazie ad una procedura automatica. Il nostro risultato – ha detto Chiarabba – non ha precedenti al mondo”. Un lavoro, ha aggiunto, “che si deve a decine di giovani ricercatori precari”. Ma “io non parlerei di due rotture – fa notare Massimo Cocco dell’Ingv – in quando la rottura è durata circa 8-10 secondi e si è propagata verso la superficie e lungo la faglia in direzione di Onna”.
Storicamente l’Ingv è stato organizzato in modo tale che la ricerca scientifica fosse alimentata dai dati di monitoraggio dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche e dei fenomeni collegati, come avviene in tutto il mondo. “Non può esistere progresso nell’area scientifica e in campo sismologico se quotidianamente non si tengono sotto controllo e si studiano i movimenti della terra, piccoli e grandi” – sostengono i ricercatori Ingv. Questo principio fu ben chiaro fin dalla fondazione dell’Ente nel 1936 voluta da Marconi, fu ribadito da Zamberletti dopo la tragedia nel 1980, e confermato alla nascita dell’Ingv nel 2000. Basandosi su questo principio, l’Ingv è divenuto uno dei maggiori istituti di ricerca in campo internazionale. “Il connubio tra ricerca scientifica e monitoraggio è una condizione irrinunciabile per lo sviluppo efficace dei sistemi di rilevazione dei fenomeni fisici (terremoti per esempio) e per l’avanzamento della conoscenza sui processi che avvengono all’interno della Terra. Una rete di osservazione (es. sismica, geodetica) ha bisogno di essere continuamente controllata e migliorata, così come i dati prodotti devono essere continuamente validati ed utilizzati dai ricercatori. Senza questo continuo feed-back non può esserci progresso scientifico né affidabilità del sistema stesso di rilevamento”. Questo vale per i terremoti ma è valido per qualunque laboratorio di ricerca. “La rete sismologica nazionale, le reti regionali e locali che l’Ingv per statuto deve coordinare e armonizzare, non sono altro che degli enormi laboratori naturali, che in pochi anni ci hanno permesso di capire moltissimo su cosa accade sotto i nostri piedi, e che potranno in futuro portarci a capire ancora di più il fenomeno del terremoto e a fare previsioni quantitative sugli eventi sismici. Separare i ricercatori che usano i dati delle reti per studiare i terremoti e l’interno della Terra (guidandone lo sviluppo tecnologico, controllando la qualità dei dati, sviluppando nuovi algoritmi) dalle reti stesse (e dai tecnologi e tecnici che le realizzano, le fanno funzionare, le migliorano) sarebbe come separare un chirurgo dai bisturi, un pilota dai meccanici, un avvocato dal Codice Civile”. I ricercatori dell’Ingv sottolineano che “la realtà italiana nelle scienze della Terra viene spesso presa a modello in paesi stranieri proprio perché l’Istituto, coagulando diverse tematiche all’interno di una singola istituzione, evita da un lato la dispersione di risorse economiche ed intellettuali, e dall’altro ne favorisce la sinergia”.
Nicola Facciolini
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