I giornali, scrive Paolo di Lautrèamont su La pulce di Voltaire, hanno messo il megafono a una polemica tra la Lega e il Cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi, che ora ha chiamato in causa il Cardinal Bertone e il Presidente Napoletano, oltre a vari politici fra cui Gianfranco Fini, che considerano fuori luogo l’attacco di Calderoli al richiamo verso una maggiore attenzione per gli extracomunuitari, in una Milano sempre più cinica ed indifferente, pronunciato dallerede di S. Ambrogio nella sua omelia di domenica scorsa. A ben vedere, come dice su Repubblica di oggi l’ottimo Ilvo Diamanti, la Lega offre, anche in questo caso, risposte semplici e rassicuranti a problemi complessi. Reinventa la tradizione per rispondere al mutamento, recupera le radici cristiane di una società secolarizzata, le impianta sul territorio e ricorre a simboli antichi per affrontare problemi nuovi. Lo spaesamento, l’inquietudine suscitati dai flussi migratori, diventano una risorsa importante per rafforzare l’appartenenza locale, per chiarire chi siamo Noi attraverso il distacco dagli Altri e lo stesso crocefisso si trasforma in simbolo unificante e di separazione, avulso dal suo significato, sicché è la croce da associare al tricolore. E se in certi casi a questo partito neopopulista conviene cavalcare un conservatorismo superiore a quello della stessa chiesta (vedi lepisodio dei crocefissi a scuola); in altri, come quelli presenti, bisogna assumere posizioni di dirompente rottura. Le moschee, i minareti, in generale le politiche sull’immigrazione e i rapporti con gli stranieri, su cui la Chiesa, attraverso le sue organizzazioni e i suoi media, ma anche attraverso la gerarchia (non solo il cardinale Tettamanzi, ma tutta), ha assunto posizioni molto lontane dalla Lega e dal centrodestra schierandosi a favore del diritto di culto e di fede religiosa, anche per gli islamici; vi è lotta feroce, belluina, volgare e senza quartiere. Ma anche se becera, la sfida è insidiosa, proprio perché populista e primordialista, cioè basata su un criterio cognitivo di orientamento a valenza identitaria, in base al quale gli individui classificano sé e gli altri. La sfida è insidiosa poiché etnicizza la religione, costruendo, al tempo stesso, una patria e un’identità, ma anche una sorta di religione alternativa, in tempi segnati da una domanda di appartenenza e di senso. Di fronte a questa sfida, le scomuniche e l’indignazione rischiano di risultare risposte insufficienti, inadeguate e pertanto non in grado di generare un vero sbarramento. Occorrerebbe una nuova coscienza, creata congiuntamente da politici, religiosi ed intellettuali, che faccia capire ad un tal tipo di popolo che dalla rivendicazione didentità al delirio ce ne corre e che il populismo ha anche un aspetto mostruoso, come già notava Cicerone, perché è contraddittorio e quindi doppiamente inquietante, come un monstrum che possiede nature opposte e pericolose. Tutti quelli dotati di intelletto e buona volontà, dovrebbero far comprendere ai più che il popolo, come un complesso autonomo è avido come un bottegaio, religioso come un contadino, e, soprattutto, pronto a cambiare bandiera e cavallo e disarcionare chiunque provi a guidarlo; ma anche a farsi cavalcare da chi fa finta di assecondarlo. Questo popolo è simile a Till Eulenspiegel, il mito fiammingo di cui Gérard Philipe diede unindimenticabile interpretazione cinematografica alla fine degli anni 50, che finge adesione al potere, ma se la riprende abbastanza rapidamente quando percepisce che il potere non fa il peggio di ciò che lui chiede, non tutela i suoi interessi materiali e i suoi riferimenti trascendenti. E nonostante le rassicuranti parole di Bossi, che oggi su La Stampa chiede un incontro chiarificatore con larcivescovo, sembrano quanto mai vicini gli anni 80, i primi della Lega, quando in un convegno al Jolly di Segrate il futuro Senatur si presentava con diffidenza e sospetti, affermando: attenti, presto la Chiesa avrà sacerdoti che vengono dallAfrica. Cè la crisi delle vocazioni e li fanno arrivare da laggiù. Vicini anche gli anni 90, con la Lega schierata contro il Cardinale Carlo Maria Martini, il Vescovone, ed il Papa, l Polacco. Ed attenzione anche a quanto dichiara il presidente della Commissione Antimafia Giuseppe Pisanu, nel suo intervento presso la comunità Capodarco dove, con il presidente della Camera Gianfranco Fini e il leader Udc Pier Ferdinando Casini, ha partecipato ad un incontro sui temi dell’accoglienza. Anche se ha detto: deploro questo attacco rozzo e volgare al cardinale Dionigi Tettamanzi, questo ci appare come un ennesimo tentativo di non farsi disarcionare da quel toro infuriato che il popolo di cui parlavamo. In definitiva egli plaude alle dichiarazioni di ieri di De Corato, vice Sindaco e assessore alla Sicurezza di Milano, il quale afferma che grazie a 169 sgomberi la presenza degli abusivi è scesa a 1400 irregolari, un terzo rispetto a due fa, cè oggi una Milano più sicura, ma non per questo meno solidale, poiché ha dato casa e lavoro a 195 mila stranieri, il 15% dei residenti. Insomma, il popolo, è roba testarda (heady stuff), come si rileva da una serie di documenti delle Nazioni Unite, che hanno riconosciuto, per ora, limpossibilità di costruire una partizione del mondo sulla base di categorie e confini puramente amministrativi, razionalmente stabiliti ed è roba da accontentare, coprendone i cattivi propositi dietro unapparenza di accoglienza nel rispetto delle regole. E siccome la Lega (anzi i suoi ideologi delle origini), sanno bene che il popolo è lOmbra rifiutata della politica ufficiale, nel suo inconscio va rintracciata la formula ambivalente dellodio razziale e della ricerca di superiorità di una parte. Il buon senso popolare fu definito da Engels la peggior metafisica; mentre Durkheim ha espresso massimo sospetto di ogni sociologia spontanea e Pierre Bourdieu ha chiamato il sapere popolare un bric-à-brac di nozioni; ma di questo la Lega ed i leghisti se ne fregano, poiché sanno che il popolo va assecondato se si vuole governare. Ieri sera, su Rete 4 ed in prima serata, ho rivisto un bel film, linquietante Avvocato del Diavolo, con uno straordinario Al Pacino. Ho pensato così che non è difficile capire da dove venga Andy Barzoon-Satana (o Lucifero): un individuo che affinare l’avidità umana al punto da riuscire a spaccare un atomo tanto acuto è il desiderio; si costruisce un ego grande come una cattedrale e ci si collega a fibre ottiche con il mondo, basandosi sulle più elementari pulsioni. Oggi abbiamo miliardi di Andy Barzoon in Italia, che corrono a passo di jogging verso il futuro, tutti quanti pronti a ficcare un dito in culo all’ex pianeta di Dio e poi a leccarlo, convincendosi che solo affermando se stessi si vive da vincenti. Un film da far vedere ai leghisti, che si sentono il meglio della umanità e non sono altro che miserabili traffichini alla ricerca della loro peggiore identità che non è né celtica né italica, ma un coacervo moderno di riti reazionari allinsegno di supposte superiorità di razza e, quindi, di nascita e di designazione.
Carlo Di Stanislao
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