Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò alla Banca dell’Agricoltura di Milano facendo diciassette vittime. La diciottesima fu l’anarchico Giuseppe Pinelli, morto cadendo da una finestra del quarto piano della questura di via Fatebenefratelli la notte fra il 15 e il 16 dicembre, dopo tre giorni di interrogatori. Da quel giorno nella vita della famiglia Pinelli qualcosa è cambiato in maniera definitiva, come ricorda la moglie Licia, 81 anni molto ben portati, che ha accettato, dopo molti rifiuti, l’invito del Quirinale perché ha sempre stimato Giorgio Napolitano, dal quale ha ricevuto, con le figlie Silvia e Claudia, un doppio riconoscimento, suggellato nell’affermazione che Giuseppe era stata vittima due volte, sia per la tragica morte, sia per le calunnie sul suo conto. Ora, dopo 40 anni, affida i suoi ricordi, le amarezze, le difficoltà ad un libro: “Una storia quasi soltanto mia”, scritto con il giornalista Piero Scaramucci, concepito come una lunga intervista ed edito da Feltrinelli. Era rimasta appartata, quasi silenziosa per una decina d’anni, da quell’inverno del 1969, quando la bomba fece strage alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano e suo marito Pino, ferroviere anarchico, precipitò da una finestra della questura, con l’Italia che scopriva che la democrazia era sotto attacco. Licia si era tenuta lontana dai riflettori concentrandosi in una tenace battaglia per ottenere giustizia dalla Giustizia, senza ottenerla. Poi, all’inizio degli anni ’80, chiamò Piero Scaramucci e gli raccontò la sua verità e la sua versione. Non fu un percorso facile, fu come reimparare a parlare e a guardare dentro se stessa dopo anni di silenzio e autocensura. E, dopo la lunga tirata dei ricordi e lo sfogo di una donna a cui hanno ammazzato il marito innocente, si decise di non pubblicare nulla. Ma oggi, a distanza di tanto tempo, questo racconto appare come un documento di rara verità, sia per chi vorrà scrivere la storia di quegli anni durissimi, sia per chi intende capire come non ricadere in tanta barbarica, disumana ferocia. “Morte accidentale di un anarchico”, scrisse Dario Fo, mentre il telegiornale comunicò: “Giuseppe Pinelli stanotte veniva interrogato in una stanza al quarto piano della Questura. Durante una breve sosta dell’interrogatorio si è gettato nel vuoto da una finestra rimasta socchiusa, nonostante il tentativo di trattenerlo da parte del personale di polizia presente in quel momento… è caduto in questa aiuola…”. La telecamera inquadrò il selciato e alcune pianticelle spezzate. Niente altro. Ci sono voluti quaranta anni allo Stato per riconoscere il suo errore ed altrettanti a Licia per sciogliersi in un pianto consolatorio. Molti libri sono stati scritti su quei tragici fatti, sul terribile attentato in una piazza con già l’albero di Natale e sui mille interpreti di una tragedia ancora difficile da capire: generali e colonnelli, da Miceli a Maletti, capi del Sid, il capitano Labruna, che aveva favorito la fuga di Giannettini, e tanti ministri, da Andreotti a Rumor a Mario Tanassi e ancora la Cia, il modello Greco ed uno Stato che occultava, copriva, tollerava, aiutava e ritardava disperatamente il raggiungimento della verità storica: che l’officina delle bombe era d’estrema destra, la destra dei fascisti d’Ordine nuovo, quello fondato da Pino Rauti, ritenuto però estraneo, e di Freda e Ventura, invece colpevoli. Molti libri sono stati scritti su quei diabolici fatti: Piazza Fontana (Einaudi), con allegato un dvd con l’intera ricostruzione televisiva di quegli eventi e tante immagini del “giallista” Carlo Lucarelli; la mastodontica inchiesta di Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana (Ed. Ponte alle Grazie), con la tesi è che tutti gli attentati fossero stati “raddoppiati”; fino alla ricostruzione a fumetti di Francesco Barilli e Matteo Fenoglio (Ed. Il Becco Giallo). C’è stato anche un libro da cui è stata tratta una riduzione teatrale: Nessuno è Stato, di Fortunato Zinni (Ed. Maingraf), attuale sindaco di Bresso, ad un passo da Milano; ma è il libro-intervista di Pinelli e Scaramucci il più autentico, intimo, toccante e proprio per questo più vero.
Carlo Di Stanislao
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