Gli argomenti che irridono la mia sostanziale impotenza (non so se più culturale o solo umana) sono tra tanti i seguenti:
Il dialogo. E si affaccia immediata una risposta: siamo certi che esista un dialogo (almeno dove lo si millanta)? A me pare che siamo sopraffatti da monologhi ( il mio compreso) o da omogenei cori, senza speranze di sorta di disponibilità o capacità di decodificarci a vicenda. Purtroppo con una sola eccezione, quella del trionfo del luogo comune, che sia esso politico, religioso, o del comune epidermico sentire sembra essere l’unico spesso pericoloso collante.
Il linguaggio politico. In netta contrapposizione alla pretesa sedicente innovazione, nella nostra politica si evidenzia qual è, un fossile granitico inamovibile scontro tra dx e sn.
A parte la noia, se quanto ho detto corrisponde alla realtà tutto c’è tranne l’innovazione.
Il fanatismo. Che per me è il vero cancro fino ad oggi privo di terapia da cui è affetta in larga misura anche se con meccanismi diversi larga parte dell’umanità. Il quale fanatismo è senza incertezze di sorta, l’antipolitica per eccellenza, ma l’unica fino adesso esistente.
Le stranezze. Tra molte alludo alla stupefacente levata di scudi dell’Opposizione, sia quella vera che quella d’accatto, contro “lo scandaloso attacco alle Istituzioni da parte di Berlusconi”.
Qui mi fermo perché già così di carne sul fuoco ce n’è anche troppa.
Il dialogo. Allora, come è possibile essere disponibili al dialogo se non esiste? Non esiste perché non trovo negli ambiti politici la capacità di un linguaggio che non percorra le usuali traiettorie delle altrettanto usuali contrapposizioni politiche, di un linguaggio cioè che non miri soprattutto a esasperare le emotività delle appartenenze con ogni mezzo o mezzuccio o menzogna. Di un linguaggio che ad altro non aspiri che a disarcionare con ogni espediente un governo allo scopo di soppiantarlo. E questo animo lo trovo sorprendentemente anche o forse soprattutto dove si punta e si auspica e si insiste sul dialogo nel mentre serpeggia o scopertamente erutta una violenza verbale e concettuale ( se tale è definibile la sudditanza a putrefatte ma ancora contaminanti ideologie) veramente paurosa perché non ammette vie di scampo e perché incita alle sollevazioni di piazza.
Come possano poi tanti “intellettuali”che pur essendo ben consapevoli di fare da traino soprattutto ai più deboli o per carattere o per scarsa preparazione o per assenza dei tempi di riflessione ( sul tipo di colui che ieri ha lanciato il pesante souvenir del duomo che con le sue cuspidi avrebbe potuto non solo uccidere il bersaglio nemico, ma anche accecarlo), continuare ad insistere con aria di sufficienza e d’irrisione o, nel caso di politici, con dileggio e/o invettive accusatorie infamanti, fino a criminalizzare con disprezzo il presidente del Consiglio e ad esporlo a pubblico ludibrio anche su scala internazionale, proprio non lo capisco. Questo sarebbe dialogo? Montare lo scontro frontale tra concittadini è proposta di dialogo?
Mi viene fatto di concludere che quand’anche costoro avessero attendibili ragioni così facendo passano dalla parte del torto.
Linguaggio in politica. A me pare essere oggi davvero non essenziale, non… asettico, non conciliante, demagogico fino alla nausea, spesso cinico e menzognero, troppo spesso violento e più programmato ad aizzare la gente contro un capro espiatorio che a produrre argomenti ragionevoli.
Poniamo ad esempio la mai dimenticata celebrazione di Carlo Marx e dei suoi coltissimi sacrosanti intenti, celebrazione che guarda a una visione socioeconomica secondo un criterio di giustizia mondiale. Nessuno si sognerebbe di giudicare l’uomo Marx dal fatto comprovato che “messa incinta” una donna, la donna di servizio, ha disconosciuto la paternità e indotto il suo fedelissimo facoltoso estimatore editore collaboratore filosofo economista e amico Friederich Engels ad assumersene il ruolo in sua vece. Si pensi quale marchio d’indegnità sarebbe stato indelebilmente incollato a un Berlusconi se fosse incorso in questo tipo di frangente. Invece nelle biografie di Marx non è dato particolare rilievo a questo…incidente di percorso e in lui grande teorico anche l’uomo appare nel più avvincente e edificante dei modi, (come in realtà per la più parte deve essere stato.)
L’obbiezione è facile: Carlo Marx non era un capo di governo.A parte che non vedo la differenza, ritengo anzi che Egli essendo un ideologo di grande spessore tanto da avere coinvolto tutta la dialettica politica non so se definire mondiale, dialettica che ancora sussulta, a maggior ragione ci si sarebbe atteso da lui un comportamento eticamente ineccepibile, quindi nient’affatto tale da poter essere occultato dai tempi storici.
Fanatismo Non penso di attardarmi su questo cruciale e nefasto fenomeno nella seguente fuggevole carrellata. Credo che basti dire essere il fanatismo l’effetto ultimo a valanga dell’assenza di dialogo e dell’inesistenza di un civile e umanitario linguaggio politico.Volendo però minimalmente arricchire il concetto posso aggiungere che il fanatismo sia esso ideologico o nazionalistico o religioso o non so sotto che altro, è l’espressione dell’impotenza umana a adoperare i suoi superiori attributi per il bene di tutti anzi che per il male. Sempre che si voglia credere essere nella facoltà dell’Uomo un libero arbitrio di specie.
Credenza alla quale non intendo rinunciare nonostante le infinite dimostrazioni storiche e quotidiane che attesterebbero il contrario.
Stranezze. Troppe sono le cose che mi stupiscono del mondo politico, ad esempio lo stato d’allarme per la tanto venerata Costituzione e lo scandalo per essere stata indicata come una aberrazione l’accusa di politicizzazione dei magistrati.
Ma dove vivono, in che mondo vivono i nostri politici, oppure, perché non si sentono in dovere di un minimo d’informazione prima di esprimere con veemenza lo sdegno e lo scandalo per i rilievi sopraccennati?
La Costituzione. Prodotto encomiabile da rispettare e dal quale ci si dovrebbe sentire difesi tutti allo stesso modo e misura. Ma la Costituzione non è il Vangelo, anzi è l’espressione sì massima della volontà democratica di coloro che l’hanno stilata, ma risente e non poteva essere altrimenti delle urgenze ad essa all’epoca attuali.Limitandomi esclusivamente alla mia personale esperienza ( chi è competente in materia saprebbe addurre molte altre testimonianze) ricordo che l’ex Presidente della Repubblica Cossiga già ai suoi tempi ravvisava l’opportunità di apportare delle modifiche alla Costituzione. Questo ricordo l’ho riesumato da una mia poesia del gruppo Impegno Civile che parla degli argomenti usati da Cossiga per sedare il dolore della vedova Giorgeri, cioè del generale Giorgeri ucciso dalle brigate rosse. In sostanza esortava la donna a non sentirsi vittima della comune criminalità ma di una legittima perciò comprensibile “normale” azione politica. Incredibile ma vero.
Non aggiungo altro, salvo a segnalare la necessità di attualizzare periodicamente la Costituzione senza che da nessuno si gridi allo scandalo. Del resto il problema è trattato anche in Internet ( è interessante, da consultare) dove s’invitano i cittadini a fare le loro critiche e proposte, ne mi sembra fuori luogo aggiungere non senza ansietà che quando la presenza musulmana sarà maggioritaria nel nostro Paese (ma anche in Europa) saremo costretti a modificare certamente la Costituzione, ma in senso indubbiamente marcatamente peggiorativo con alto costo per la civiltà della famiglia e soprattutto delle donne, già in tutto il mondo fortemente penalizzate.
Politicizzazione dei magistrati. La colpa – secondo me il merito – di Berlusconi a questo riguardo è di aver detto quello che la gente non ha l’ardire di dire avendo paura anche di pensarlo. E cioè che i giudici non dovrebbero essere politicizzati. Non intendo svolgere questo tema complesso ma solo rimarcare che esso è dibattuto da tanti, tanti decenni proprio nell’ambito giudiziario. Io stessa che facevo parte dell’Associazione Giuristi italiani, caso unico del tutto anomalo non essendo né avvocato e neppure giudice ma medico, ho partecipato con grande interesse a incontri promossi dalla suddetta Associazione, incontri assai animati tra giudici e avvocati che difendevano il diritto dei magistrati a impegnarsi politicamente e giudici e avvocati che ne motivavano l’inopportunità. Rappresentanti del popolo del tutto assenti o muti, e il motivo è semplice: tutti i cittadini hanno un timore reverenziale dei magistrati perché sanno che prima o poi potrebbero vedere il loro più o meno sostanziale destino dipendere proprio da questa specialissima categoria. Non a caso in genere dichiarano di averne assoluta fiducia, almeno durante l’annoso excursus procedurale. In realtà sono proprio questi cittadini a prendere con realismo il polso della situazione, quando parlano sottovoce tra di loro. Non posso riferire tutto quello che ho ascoltato perché personalmente ho conosciuto molti giudici assolutamente integerrimi, competenti, del tutto indenni da appartenenze di sorta. Per questo non ritengo opportuno evidenziare quei giudici dei quali non potrei esprimermi in termini del tutto elogiativi per non correre il rischio che si possano sommariamente confondere gli uni con gli altri. Un piccolo esempio dell’opinione popolare me lo concedo simulando parole fedeli solo nella sostanza di quel che ho avuto occasione di ascoltare:”Così ora se ci troviamo in un Tribunale dobbiamo informarci se il nostro giudice è di destra o di sinistra, tanto per sapere in anticipo quale sarà la nostra sorte”. Hanno forse torto coloro che la pensano così? Ad esempio, in un contendere tra un proprietario e un gestore commerciale di un bene un giudice di destra potrebbe condividere le ragioni del proprietario, mentre uno di sinistra quello del gestore. Non credo di doverlo spiegare. E questo potrebbe accadere anche senza una deliberata consapevolezza, ed è reificabile ad onta dei torti e delle ragioni obbiettive perché, pur essendo i codici composti da ferrei articoli dettagliatamente scanditi, è tuttavia sempre materia molto duttile in mani esperte. Infatti altro è usare il codice per evidenziare una verità anche se solo giudiziale, una cosa è avere già in animo un giudizio e cercare nel codice la sua appropriata veste giudiziale. Il Presidente Berlusconi ripeto non ha fatto altro che dare voce al popolo trovandosi egli stesso in una congiuntura identica a quella dal popolo paventata, e spiegato infinite volte di non stigmatizzare affatto la categoria dei magistrati ma solo quelli che antepongono la loro appartenenza politica al loro dovuto severo equanime ufficio.
Per quanto riguarda l‘altro “scandalo” dell’”accusa di parzialità” che Berlusconi avrebbe mosso ai Presidenti della Repubblica di sinistra ritengo sia bene tenere conto di una analoga considerazione. Non credo che Berlusconi intendesse addebitare ai Presidenti una deliberata volontà di esprimersi a favore della parte a Loro affine, ma piuttosto esprimere la sua perplessità che possa essere sempre umanamente possibile che delle intime profonde radici ideologiche possano non turbare in assoluto la formazione di un giudizio nonostante il massimo della determinazione all’imparzialità. A me pare una riflessione ragionevole che non si può sottovalutare a cuor leggero.
Chiudo evidenziando l’assenza d’obbiettività di tutti coloro che fanno addebito al Presidente del Consiglio di aver gettato discredito sul Paese parlando in una sede internazionale in occasione del summit del partito popolare europeo del quale Egli fa parte. Non importa esaminare se Berlusconi abbia fatto bene o male a relazionare su certe anomalie italiane, ma a me sembra un’assurdità che un addebito di tale fatta venga mosso proprio da coloro che sistematicamente gettano fango sulla figura di un Capo di Governo, riuscendo così a contaminare l’opinione pubblica anche internazionale, a partire dal fatidico avviso di garanzia fattogli pervenire a Napoli in pieno G8.
Mi è piaciuto Violante che in uno dei tanti talk show ha sintetizzato felicemente che lo scontro in atto in Italia è tra la democrazia e la legalità. Se poi vogliamo ammettere che come eloquio il nostro Premier spesso parta per la tangente, è cosa che qui esigerebbe una troppo complessa analisi e che perciò tralascio. Nell’attenermi alle apparenze mi limito a dire che sfido chiunque a governare il nostro Paese, già in una congiuntura di massima difficoltà, dovendo difendersi dal malanimo distruttivo di una Opposizione e da un martellante assillo giudiziario. Non so come faccia a resistere nel clima esasperato nel quale è costretto a vivere.
Infine termino con una idea…fantasiosa: come popolo presenterei un esposto contro ignoti nei confronti di chi con opere e/o parole ostacolano o impediscono di fatto al Presidente di assolvere serenamente al dovere di governare derivatogli dal responso elettorale, ciò che non può non danneggiarmi se riduce, come credo, le giuste risposte alle mie fiduciose aspettative.
Gloria Capuano
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