Una città “sotto assedio” contro la centrale a carbone di Cerano, in funzione da quindici anni, e il rigassificatore di Capobianco, ormai alle porte. Questa era Brindisi ieri. Migliaia di cittadini, oltre cinquemila, hanno sfilato dalla piazza della Stazione fino a piazza Santa Teresa per ribadire che «il nostro territorio non è in vendita». Alla fine del corteo che ha visto, compatte, tutte le realtà ambientaliste e i partiti della sinistra, un megaconcerto ha “assediato” musicalmente la città: tanti gli artisti, i Sud Sound System in prima fila.
«Questa manifestazione – spiegano i cittadini del Gruppo Anti-Cerano – è il modo “popolare” di ribadire le perplessità sulla bozza di protocollo che la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Brindisi stanno per firmare con Enel per quanto riguarda la centrale a carbone “Federico II” di Cerano».
Non solo. «Quando abbiamo lanciato la data del corteo – raccontano gli organizzatori – non ci aspettavamo assolutamente di dover protestare anche contro il rigassificatore di Capobianco, di proprietà della britannica Brindisi Lng».
Ma, come spesso accade in campo energetico, pressioni politiche e lobbistiche hanno prodotto un’accelerazione improvvisa che sta portando gli uffici tecnici del ministero dell’Ambiente a rilasciare la Valutazione di impatto ambientale necessaria per avviare i cantieri del rigassificatore.
Due centrali a carbone e un rigassificatore in pochi chilometri, a ridosso del porto. Ecco cosa sarà Brindisi fra qualche anno.
«La risposta della cittadinanza è fondamentale – spiega Gino Gianfreda, segretario provinciale Prc di Brindisi – non solo per salvaguardare l’ambiente ma per voltare pagina verso un nuovo modello di sviluppo. E’ necessario che la centrale Edipower di Brindisi Nord venga chiusa».
I ragazzi del movimento No Coke brindisino si augurano che questa piazza, così colorata e unita, «scateni una presa di coscienza “popolare” e crei un movimento di opinione forte.
Gli amministratori, gioco forza, dovranno prendere in considerazione le espressioni e le perplessità della gente». Dal palco chiedono di rivedere il protocollo di intesa, discusso lo scorso 26 ottobre e oggi in via di approvazione che, salvo proroghe o rinvii, avrà durata decennale. Fino al 2019. Dieci anni per distruggere definitivamente un intero territorio. «Per questo, intanto, sarebbe opportuna una scadenza più breve, di 3-5 anni».
Per quanto concerne, invece, la realizzazione (entro 36 mesi) della copertura carbonile, «qui si passa dall’assurdo al paradossale: quest’opera doveva essere realizzata prima dell’entrata in funzione della centrale e non a quindici anni di distanza».
Nel protocollo si parla anche di riduzioni, nell’ordine del 25-30%, delle emissioni. «Peccato, però, che queste riduzioni percentuali siano conteggiate rispetto ai valori della convenzione del 2002», una convenzione “mortale” per quanto concerne i limiti di emissione degli inquinanti, e non su quella del 1996, ottenuta dopo mesi di lotte cittadine e resa “inutile” dai decreti bipartisan Bersani del 1999 e Marzano del 2001 (cosiddetto “sblocca centrali”).
Ma la vera “ciliegina sulla torta” riguarda l’impiego di combustibile da rifiuti, il famoso CdR, che porterà in quel di Cerano fino a 400mila tonnellate di rifiuti da bruciare ogni anno. «Chiediamo che, come prima cosa, venga immediatamente ridotto del 30% il quantitativo del movimentato totale» denuncia Giovanni dei No Coke di Torchiarolo, mentre i portavoce di Medicina democratica e Salute pubblica spiegano come, oggi, «è necessario iniziare un ampio monitoraggio sulla situazione sanitaria dei lavoratori della centrale e della popolazione esposta alle emissioni della “Federico II” attraverso studi di epidemiologia sia descrittiva (diffusione di malattie e malformazioni) sia biomolecolare (ricerca di markers di contaminazione nell’uomo) da attivare con il concorso di Asl ed enti pubblici di ricerca».
Due centrali e un rigassificatore alle porte «stanno contribuendo ad abbattere l’economia brindisina» denunciano i cittadini in piazza. Con loro, anche l’associazione delle Agenzie di Viaggi: «noi immaginiamo una Brindisi e un porto diverso» denunciano «e non intendiamo sostenere l’idea di riempire le nostre banchine, oltre che con navi carboniere, con immense gasiere». Quindi, un avvertimento alle istituzioni locali: «ci facciano sapere se dobbiamo continuare con i nostri progetti e investire per la promozione del turismo o se possiamo abbandonare le nostre attività, evitando di coinvolgere un territorio dove il turismo non si può programmare».
Articolo di Daniele Nalbone pubblicato dal Quotidiano “Liberazione” il 24/12/2009
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