Negli USA, nel 2002, antipsicotici, stimolanti e stabilizzatori dell’umore sono stati somministrati rispettivamente a 2.5 milioni, 2.2 milioni, e 1.4 milioni di bambini e da allora l’uso di questi psicofarmaci è ancora aumentato, nonostante si sappia molto poco dei loro effetti a lungo termine. Fra gli effetti collaterali degli antipsicotici figurano il tremore, i danni all’apparato osseo, la riduzione della fertilità, l’obesità, l’aumento del rischio di attacco cardiaco, il colpo apoplettico; gli stimolanti possono danneggiare il cuore ed impedire la crescita; gli antidepressivi possono aumentare il rischio di suicidio nei bambini. Inoltre vi è ancora scarsa evidenza scientifica sulla lora efficacia reale. Uno studio del settembre 2008 su persone dagli 8 ai 19 anni con diagnosi di schizofrenia e disordini schizo-affettivi, mostrava che circa la metà interrompeva il trattamento entro 8 settimane, perché definito inefficace. L’UK’s National Institute for Health and Clinical Eccellence (Istituto Britannico per la Salute e l’Eccellenza Clinica) raccomanda che per la maggior parte dei bambini la prima linea di trattamento per l’iperattività non dev’essere a base di psicofarmaci stimolanti (che potrebbero offrire benefici, ma non a lungo termine) e, ancora, gli antidepressivi – in modo crescente – sono considerati generalmente inefficaci nei bambini. Ma allora, perché questi farmaci sono così ampiamente prescritti? I medici, di fronte alla sofferenza, al comportamento distruttivo ed ai pensieri idiosincratici hanno risposto con diagnosi e trattamenti farmacologici, persino quando la diagnosi è discutibilmente valida e l’efficacia del trattamento non è provata. Ad esempio, fra il 1994 e il 2003 il numero di ragazzi negli Usa a cui era stata diagnosticato il disturbo bipolare si era moltiplicato 40 volte. Secondo The Lancet (Editoriale del 04/10/08 – Vol. 372), oggi stano patolocizzando i sentimenti ed i comportamenti, con metodi e prassi che, sempre più, collocano la responsabilità del disturbo – che presumiamo sempre sia tipicamente neurochimico o genetico – nel bambino stesso, piuttosto che nell’ambiente che crea angoscia e cattivo comportamento. L’osservazione nel corso degli anni di molti piccoli pazienti ha dimostrato che i farmaci psichiatrici sono spesso più pericolosi e meno efficaci di quello che i medici stessi credono e sempre più si ritiene che questi pazienti abbiano ragione. Se la psichiatria reclama la razionalità, allora deve anche ascoltare i pazienti, includendo tra essi i bambini e non limitarsi meramente a drogarli.
Di Carlo Di Stanislao e Rosa Brotzu
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