Roma, Italia — Sul “Colosseo Quadrato” di Roma gli attivisti di Greenpeace hanno srotolato un banner con la scritta “Stop alla follia nucleare, Stop Nuclear Madness”. Di fronte a loro, nel palazzo di Confindustria, è in corso l’incontro in cui Enel cerca di presentare il nucleare come un ottimo investimento per le imprese italiane. Ma quello che Enel non dice, lo dicono altri: EDF, STUK, Citigroup, AREVA. Secondo Enel, il nucleare è un business che per i due terzi è riservato alle imprese italiane. In realtà – a parte le norme sugli appalti di queste dimensioni che prevedono delle gare internazionali – gli impianti EPR proposti da Enel sono un affare solo per il costruttore francese a corto di ordinazioni. Non certo per l’economia italiana.
Enel cerca di imbonire le imprese italiane promettendo che il 70% degli investimenti per la costruzione di quattro reattori nucleari EPR sarà nella parte non nucleare (dunque non coperta da brevetti francesi) per un controvalore di circa 12 miliardi di euro.
Secondo le informazioni pubblicate dall’azienda elettrica francese EDF – alleata di Enel nel riportare il nucleare in Italia – risulta, invece, che gli investimenti nelle parti non convenzionali degli impianti EPR, ovvero le uniche che potrebbero riguardare le imprese italiane, non superano il 40% degli investimenti totali.
In un recente studio sul mercato inglese del novembre 2009, Citigroup, leader mondiale nei servizi finanziari, evidenzia che i rischi di costruzione, finanziari e operativi, sono eccessivi per gli investitori privati.
Enel, nonostante l’elevato debito netto pari a 54 miliardi di euro, dichiara di essere pronta a sostenere un costo per quattro reattori EPR tra i 16 e i 18 miliardi di euro, cioè tra i 4 e i 4,5 miliardi di euro a reattore. In un rapporto di novembre 2009 Citigroup afferma, invece, che i costi sono tra i 5 e i 6 miliardi di euro a reattore, con “l’alta probabilità che per i nuovi reattori saranno più alti di quelli previsti” e “i tempi di costruzione meno prevedibili in anticipo”.
Ad oggi sono solo due gli EPR in costruzione nel mondo, uno in Francia e uno in Finlandia. In Finlandia, finora sono in costruzione solo le parti non nucleari (promesse alle imprese finlandesi) ed è un colosso francese – il gruppo Bougeys – che sta facendo la parte del leone. E la fa pure male, visto che ci sono stati due clamorosi blocchi dei lavori a causa delle saldature effettuate al di sotto degli standard di sicurezza: lo stop dell’agenzia finlandese di controllo, STUK, è arrivato nell’agosto del 2008 e ancora lo scorso ottobre.
Mentre Enel presenta i reattori EPR come un ottimo investimento, Areva, che gli EPR li costruisce, sta valutando se mettere sul mercato dei reattori meno sofisticati e più economici degli EPR, dopo aver perso un’importante commessa negli Emirati Arabi Uniti a favore di una sua rivale sudcoreana.
La propaganda di Enel sul nucleare continua, ma l’esperienza degli unici due EPR in costruzione in Finlandia e in Francia ha già ampiamente dimostrato che per questo tipo di impianti ritardi, problemi nella sicurezza e costi fuori controllo non sono un rischio ma una regola.
A cura di Greenpeace Italia
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