Ci sono voluti quasi dieci anni per giungere ad un verdetto di 1° grado, sui fatti di Napoli del 17 marzo 2001, passati rapidamente nel dimenticatoio, oscurati da quelli ancora più gravi ed eclatanti del G8 di Genova (avvenuto pochi mesi dopo, in cui morì Carlo Giuliani), ma non per questo meno inquietanti circa lo stato ed il comportamento di alcuni apparati del nostro Paese. La V sezione del tribunale di Napoli ha condannato per quei fatti, parlando di “sequestro di persona”, ben 10 poliziotti, fra cui i più alti in grado, allora, nella caserma Raniero (dove avvennero segregazioni, pestaggi ed umiliazioni): i vicequestori Ciccimarra e Solvimene, che hanno ricevuto una pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione. Complessivamente sono 31 i poliziotti rinviati a giudizio, fra ispettori, semplici agenti, in servizio presso la Squadra mobile, la polizia giudiziaria della Procura e il reparto mobile. A suo tempo la rete No global presentò un libro bianco sui pestaggi, raccogliendo le testimonianze dei ragazzi della “Raniero Virgilio”, ma solo oggi si giunge ad una sentenza che rende giustizia alle vittime di tanta immotivata violenza. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, molti giovani – diversi dei quali contusi – furono bloccati in strada o prelevati dagli ospedali dove si erano recati per farsi medicare e successivamente condotti nella caserma Raniero Virgilio, nei pressi di piazza Carlo III. All’interno della struttura (secondo quanto denunciato dai giovani) si sarebbero consumati gli abusi: schiaffi, pugni, violenze verbali, umiliazioni come l’aver costretto le vittime a eseguire flessioni nei bagni della caserma. Ricordiamo, inoltre che, quando nel corso dell’inchiesta furono emesse otto ordinanze agli arresti domiciliari, nella questura di Napoli si verificò una sorta di ammutinamento da parte dei colleghi dei poliziotti indagati. Certamente, dieci anni fa, nella caserma “Raniero Virgilio” di piazza Carlo III di Napoli, 85 ragazzi furono privati dei loro diritti civili ed umani, sequestrati e picchiati per ore, insultati e minacciati da un apparato di polizia degno del più feroce clima repressivo e non certo di un Paese democratico e civile. Oggi, il centro sociale napoletano Insurgencia ha così commentato la sentenza: “Non possiamo però non ricordare con amarezza che i funzionari ora condannati furono promossi e nonostante le inchieste risultano ancora in servizio”. Ancora, l’ex parlamentare Francesco Caruso, uno dei leader dei No Global, che quel giorno era in piazza, ha dichiarato polemicamente: “Sono condanne inutili grazie al processo breve: questo risale al 2001 ed è destinato ad estinguersi”. Quanto alla controparte, Sergio Rastrelli, legale della maggior parte degli agenti imputati e vicino al Pdl campano, ha dichiarato: “Questa sentenza rischia di costituire un pericoloso precedente: viene ritenuta infatti valida la tesi secondo cui in una caserma di polizia ufficiali di polizia giudiziaria, in esecuzione di un ordine preciso, compiono un sequestro di persona”. In chiusura vogliamo ricordare ciò che già lo scorso anno era stato denunciato dal “Il Manifesto” e dall’Associazione “Articolo 11” e cioè che a formare i corpi di polizia per interventi in manifestazioni “No Global” sono ancora gli stessi funzionari e dirigenti i finiti nei guai per gli scontri di Genova e del Global meeting di Napoli, i quali, almeno allora, fecero circolare fra gli agenti un opuscolo dove si spiegava che “i manifestanti sono tuoi nemici”.
Carlo Di Stanislao
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