A quasi un mese dal terribile terremoto ad Haiti è ancora piena emergenza ed anche se si registra un certo equilibrio nella gestione degli aiuti, è ancora piena crisi per quanto concerne l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza. Intanto, secondo il primo ministro Jean Max Bellerive, il numero dei morti accertati è salito a 2120.000, mentre a complicare la situazione c’è la quasi totale assenza di autorità statali, visto che già prima del sisma erano presenti forze militari dell’ONU a garantire l’ordine. La parola d’ordime, in mezzo a tanta distruzione e disagio, è ancora adesso, dopo più di tre settimane, fare presto. Perché se la macchina degli aiuti continuerà a camminare al rallentatore, gli episodi di sciacallaggio e violenza non potranno con continuare ad estendersi a macchia d’olio, con conseguenze devastanti per una massa di infelici, impossibilitati a difendersi. Gran parte del peso degli aiuti è giunto dagli Stati Uniti d’America e, in successione, da tutte le parti del mondo. L’Italia continua con gli aiuti. La portarei Cavour, che trasporta uomini, mezzi e materiali per la ricostruzione e i soccorsi alle popolazioni, è giunta a Porta au Prence il 1° febbraio, mettendo immediatamente a disposizione la sua camera iperbarica (unica operante in loco) e le sue sale operatorie ed oggi, 8 febbraio, giungeranno da Haiti 8 feriti gravi che potranno essere curati in vari nosocomi lombardi. Il 2 febbraio, inoltre, si è appreso che, dopo 25 anni, We Are The World’, canzone scritta da Lionel Richie e Michael Jackson, è stata reuincisa e la vendidate dei disci sarà devoluta alle popolazioni colpite dal sisma. La nuova versione, a cui hanno preso parte più di 30 artisti, sarà trasmessa in prima mondiale il 12 febbraio, dalla Nbc, durante la diretta dalle Olimpiadi invernali di Vancouver. Sia il brano che il video, girato dal regista Paul Haggis, verranno messi in vendita online. In questi giorni il regista scenneggiatore Paul Haggis (quello di “Crash”), con Sean Pean, Maria Bello, Moran Athias e l’ex senatore americano John Edwards sono giunti ad Haiti, accolti da Mariavittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava ed hanno illustrato i molti progetti della fondazione United Artists for Peace and Justice, di cui fanno parte anche Oliver Stone, Charlize Theron, e molti altri, e di cui Haggis è presidente e fondatore, in favore sioprattutto dei bambini orfani o feriti. Il 7 bfebbraio, poi, si è appreso che i Paesi del G7 hanno deciso di cancellare il debito pubblico di Haiti: un’iniezione di speranza a un popolo che deve ancora raggiungere un minimo di tranquillità, in una vita piombata nella disperazione e nel caos, con un numero imprecisato di senzatetto e fenomeni squallidi quanto drammatici, come la tratta dei bambini rimasti orfani e, spesso, senza un’identità. Ma il fenomeno della “commozione indotta”, che stimola le campagne umanitarie, scoperchiando i sensi di colpa e il buonismo terzomondista globalizzato attraverso i media, ha sempre una doppia faccia. Se la tragedia haitiana si è trasformata in una sorta di “doppiofondo della nostra coscienza sporca”, i problemi urgenti, da risolvere, ancora prima del piano di ricostruzione e della raccolta fondi per finanziarlo, sono: come e dove smaltire tutte le masserizie e le macerie accumulate nel corso del terremoto e in che tempi. Senza contare le decine e decine di edifici e case private pericolanti ancora da demolire; dove riposizionare i quasi 3mila sfollati di Jacmel e come, in quanto tempo, reinserirli nell’attività produttiva locale; come arginare un esodo verso la Repubblica Dominicana e Miami, da parte di un segmento sicuramente privilegiato del la popolazione, che non prova interesse a restare ed impegnarsi attivamente nella ricostruzione; chi va a governare il Paese, considerando che le elezioni previste sono state sospese fino a data imprecisata e che il mandato di Preval, tecnicamente, è come se già fosse scaduto; i nostri giornalisti sono ormai tutti a corto di storie e hanno aspettato solo l’arrivo della portaerei Cavour per poter allungare il “brodo mediatico” della “telenovela global-umanitaria” e giustificare la loro presenza in loco per un altro paio di settimane. Dopodiché, a parte i medici e le Ong, tutti a casa. Inoltre, il 6 febbraio, si è appreso che è stata respinta la richiesta di libertà provvisoria avanzata dai 10 cittadini americani appartenenti aduna Ong dello stato dell’Idaho, incriminati a Haiti per avere cercato di portare 33 bambini tra i due e i 14 anni fuori dal paese. Inizialmente si è creduto che il gruppo avesse agito in buona fede, violando senza volerlo le leggi haitiane che proteggono gli orfani del terremoto dagli avvoltoi che cercano di impadronirsene e farli espatriare per venderli illegalmente all’estero. Apparentemente infatti il gruppo stava trasportando i bambini ad un nuovo orfanatrofio, appena costruito a Santo Domingo, chiamato “Nuevo refugio de niños – Nueva Vida”. Qui sarebbero cresciuti, con tutte le cure, rimanendo a disposizione dei genitori che venissero eventualmente ritrovati. Già si stava diffondendo in America il grido di protesta, nel vedere questi missionari arrestati dagli haitiani e trattati come delinquenti qualunque, quando si è saputo che l’orfanatrofio di Santo Domingo era un normalissimo hotel per turisti, affittato dall’organizzazione per soli 6 mesi, dopo aver provveduto a riempire le stanze con qualche giocattolo di seconda mano comprato per l’occasione.
Carlo Di Stanislao
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