Secondo l’UNHRC, Sato e Suzuki hanno « agito consapevoli che le loro azioni fossero nell’interesse pubblico mentre cercavano di esporre casi di appropriazione indebita di carne di balena nell’industria della caccia baleniera finanziata con fondi pubblici ». L’UNHRC ricorda che i due attivisti hanno collaborato attivamente con la polizia e il pubblico ministero, che questa collaborazione non è stata presa in considerazione e che il governo non ha presentato al processo molte informazioni essenziali, come i dettagli delle attività degli attivisti, la ricerca che essi hanno condotto, gli elementi di prova raccolti o l’aiuto dato alle autorità per avviare indagini formali.
UNHRC conclude:« Il Sistema giudiziario [del Giappone] non ha rispettato il diritto di questi due attivisti di non essere arbitrariamente privati della loro libertà, il loro diritto alla libertà di opinione e di espressione, così come il loro diritto di impegnarsi in attività pacifiche senza intimidazioni o molestie ». UNHRC ha quindi concluso che il Governo del Giappone ha violato gli articoli 18,19 e 20 della Dichiarazione universale dei Diritti umani e degli articoli 18 e 19 del Patto internazionale sui Diritti civili e politici. Ha, inoltre, ritenuto che a Sato e Suzuki sia stato negato il diritto di contestare la loro detenzione davanti a un tribunale indipendente e imparziale con un procedimento imparziale e ha chiesto che il resto del processo sia condotto equamente.
«La decisione di impegnarsi in questa azione giudiziaria è stata presa dal precedente governo in Giappone. La nuova amministrazione può porre rimedio a questa vergogna, garantendo ora un processo equo e rispettando le norme giuridiche internazionali. Nell’interesse della trasparenza dovrebbero accogliere osservatori indipendenti per il processo – continua Naidoo ed ha aggiunto che è in viaggio verso il Giappone per assistere al processo – Il primo ministro Hatoyama deve anche ordinare un riesame delle accuse presentate ai “Tokyo Two”»
Dal giorno del loro arresto a giugno 2008, più di 250.000 persone hanno firmato la petizione chiedendo giustizia per Sato e Suzuki, decine di esperti di legge e associazioni sui diritti umani, come Amnesty International, hanno tutti espresso la stessa preoccupazione.
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