E’ stato per quasi mezzo secolo il più grande campo nomadi d’Europa, con oltre 900 persone ospitate ed una vergogna che ieri, 15 febbraio, è stata cancellata con l’abbattimento a colpi di ruspa, dell’ultima baracca ed il trasferimento degli ultimi 40 rom in campi attrezzati. Con la chiusura del Casilino 900 si chiude un’epoca e se ne apre un’altra, fatta di legalità e di vera accoglienza. Nessun nomade è riuscito a guardare le ruspe che abbattevano le baracche in cui alcuni di loro sono addirittura nati e Bayram Hashimi, portavoce dei kosovari e macedoni del campo ha detto a Repubblica “Ho paura che le nostre famiglie possano dividersi, va bene qualsiasi luogo, ma l´importante è che stiamo vicini. Oltre ai legami familiari, c´è la questione delle etnie: la convivenza non è sempre facile, vorremmo evitare tensioni”. Il sindaco Alemmano rassicura tutti e dichiara: “Le persone che erano qui sono state trasferite in campi vivibili, dove c’e’ legalità e integrazione, e abbiamo cancellato questa vergogna di Roma”. Il trasferimento dei 618 residenti era iniziato, in realtà, il 19 gennaio, trasferiti nei campi autorizzati di Salone, Camping River, Candoni e Gordiani, con un po’ di verde attorno, nessuna immondizia e abitazioni con acqua corrente e riscaldate. Il lavoro di bonifica del Casilino, invece, durerà un mese e porterà alla creazione di un parco pubblico. Sabato 20 febbraio nel Casilino 900 si terrà una grande festa d’addio voluta dalle comunità rom e sostenuta dal Campidoglio, mentre i prossimi campi interessati da operazioni di trasferimento saranno quelli di Tor de’ Cenci e La Martora a cui seguiranno quelli di Baiardo nel Municipio XX, Foro Italico nel Municipio II, Monachina nel Municipio XVIII, Arco di Travertino nel Municipio IX e Spellanzon nel Municipio V e, infine, il campo di Sette Chiese nel Municipio XI. Rabberciata, elettorale ed inutile è stata definita l’operazione da Carlo Lucherini, vicepresidente del consiglio regionale e segretario provinciale Pd, secondo il quale la decisione del comune non tiene conto né delle esigenze dei nomadi né di quelle delle popolazioni locali e delle amministrazioni che si trovano ora a dover affrontare maggiori problemi d’ordine sociale, come se non bastassero quelli che già ci sono attorno alla questione dei nomadi. Inoltre, sempre secondo Lucherini, o non si capisce per quale ragione i nomadi sono stati trasferiti in strutture isolate e che già ospitano rifugiati d’altre nazioni ed etnie e che gravita in un contesto già socialmente difficile.
“Dopo anni di faticosa integrazione – continua Lucherini – i nomadi vengono invece portati fuori Roma ed è quindi chiaro l’obiettivo del sindaco Alemanno: quello di liberarsi di un problema senza risolverlo e scaricarlo sulle spalle delle amministrazioni dell’hinterland”. Certamente, secondo noi, il problema dei rom, di cui adesso tanto si discute, è non solo annoso, ma pieno di malintesi ed esige di essere affrontato con decisione, ma senza rinunciare a termini di equità e di solidarietà, che sono propri del nostro dettato costituzionale. La soluzione del problema è la stanzialità, che dev’essere seriamente affrontata dai comuni, con trattative che prevedano proposte concrete di lavoro, oltre che di alloggio. La costruzione di campi nomadi, con le spese e gl’inconvenienti che comportano, non risolve, infatti, il problema, ma lo perpetua, lo sposta e lo aggrava. Il sociologo Janos Ladanyi, esperto di problemi dei rom, ha recentemente (agosto 2009) messo in rilievo che negli ultimi 20 anni 1,5 milione di persone hanno perso il posto di lavoro in Ungheria, soprattutto dell’etnia rom senza formazione professionale, concentrati in alcune regioni del Paese.
Non si tratta piu’ nel loro caso di disoccupazione, ma di esclusione totale dal mercato del lavoro a fronte di completa inattivita’ dei vari governi per cercare di risolvere il problema. Né il problema, io credo, può essere risolto secondo le linee direttive emanate dal Governo nel 2008, in base alle quali la situazione di degrado sociale e sanitario presente nei campi abusivi si risolve realizzando nuovi campi nomadi sul modello adottato dal comune di Voghera, in provincia di Pavia, con la realizzazione di strutture intese come ‘villaggi della solidarietà’, in cui siano previsti tutti i servizi fondamentali, gestiti in modo trasparente, come condomini orizzontali, “la sicurezza di chi vive dentro e di chi vive fuori”. Ma, anche in questo caso, si tratta di ghetti, di lusso ma sempre con funzioni di separazione e recensione. Molti rom hanno scelto in passato la stanzialità e non costituiscono più un problema per la società in cui vivono. La figura romantica dello zingaro, del gitano appartiene ad altri tempi, la sua condizione d’oggi è ambigua e asociale e costruirvi attorno campi di accoglienza meno sporchi e più confortevoli, significa solo coprire con bende un problema più difficoltoso e necessitante di ben maggiore attenzione.
Carlo Di Stanislao
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