Oggi 17 febbraio, in occasione dell’apertura dell’Anno Giudiziario, il procuratore generale e il presidente della Corte dei Conti, Mario Ristuccia e Tullio Lazzaro, hanno denunciato una diffusa corruzione che non pare avere anticorpi. Il 2009 ha fatto registrare un aumento di denunce alla Guardia di Finanza del 229% rispetto all’anno precedente, cui si aggiunge un incremento del 153% per fatti di concussione. Rispetto a queste condotte illecite individuali, le pubbliche amministrazioni “troppo spesso” non attivano i necessari “anticorpi interni”. La corruzione – rileva il pg Ristuccia nella sua relazione – dilaga nella pubblica amministrazione: il Ministero dell’Interno, i Comandi dei Carabinieri e della Gdf, nel solo periodo gennaio-novembre 2009 hanno denunciato 221 reati di corruzione, 219 di concussione e 1714 reati di abuso di ufficio, con un vertiginoso incremento rispetto all’anno precedente. E’ poi assai “grave” – aggiunge il presidente Lazzaro – la mancanza di “anticorpi” nella Pa contro le condotte illecite individuali che causano “offuscamento dell’immagine dello Stato” e “flessione della fiducia che la collettività ripone nelle amministrazioni e nelle stesse istituzioni del Paese”. E’ di ieri, invece, un documento del ministro Tremonti, secondo il quale, nel nostro Bel Paese, ben il 27% dei contribuenti versa all’erario una somma pari a zero. A pagare le imposte sono solo 30 milioni e mezzo su 41.663.000 contribuenti ipotetici. Gli altri dichiarano un reddito al di sotto del minimo, in parte per via di deduzioni e detrazioni. L’imposta netta dichiarata è ammontata – si parla sempre di dichiarazioni presentate nel 2008 – a 142,4 miliardi di euro. L’incidenza media dell’imposta netta sul reddito complessivo resta invariata nel periodo d’imposta 2007 al 18,4%. L’importo medio pro capite è stato di 4.670 euro. Insomma, come sapevamo, in Italia le tasse le pagarono solo i fessi e solo questi, forse, si dovrebbero indignare quando scoppiano scandali circa mazzette e favori d’altro genere nelle alte sfere. Ovviamente i lavoratori dipendenti, con lo stipendio fisso, che godono della sicurezza del famigerato “posto”, covano la rabbia d’essere loro i fessi che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo. Gli altri, i lavoratori autonomi, che non sono certo pochi, pagano “quanto basta” e a volte neanche questo. Si pensi che solo il 2,5% di loro dichiara oltre 100 mila euro all’anno. Più di un terzo di loro, meno di 10 mila euro al mese, professionisti e commercianti che tirano avanti con 800 euro al mese, meno, addirittura, di un laureato CoCoCo o di un ricercatore. E, con questo stato di cose, diventa ridicola l’iniziativa di Brunetta di mettere le dichiarazioni fiscali degli italiani su internet, prova del sistema ì basato sul “lo so che tu sai che io so che tu sai”, il quale non porta, di fatto, proprio a nulla. Certamente nessun paese normale si sarebbe mai sognato di mettere a disposizione di portata di clic e per il mondo intero, un documento così delicato, come le dichiarazioni fiscali di tutti i suoi cittadini. Ma l’Italia, anzi, lo stato italiano, non funziona in maniera normale. E questa anormalità, che sinora è il segreto del suo successo, ora ha una deriva tale da dover trovare una rapida correzione. Questo governo, impegnato a fare cassa con manovre immonde come “lo scudo fiscale”, dovrebbe chiedersi, invece, cosa accadrebbe se tutti gli italiani pagassero le tase dovite ma poi reclamassero servizi veri, come, ad esempio, accade nei paesi scandinavi. Se veramente gli italiani pagassero tutto il dovuto ad uno stato che già spreca più di quello che ottiene, quale sarebbe il risultato sul tenore di vita, sui consumi degli italiani? Soprattutto ora che si sono abbassati e molto, dopo certi “arrotondamenti” fatti con l’euro, le conseguenze sarebbero facilmente immaginabili e, a nessun governo, di nessun colore, questa davvero conviene.
Carlo Di Stanislao
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