Almeno 33 persone sono morte, il 21 scorso, in un raid aereo della Nato, nella provincia di Daykundi, in Afganistan. Questa area dista centinaia di chilometri da Marjah, dove ormai da una decina di giorni le forze alleate stanno portando avanti la pù potente offensiva antitaliban dal 2001 a oggi. L’Isaf ha spiegato che si è trattato di un tragico errore. L’’obiettivo era in realtà un gruppo di sospetti talebani che avrebbe dovuto viaggiare su un convoglio di tre veicoli a bordo dei quali c’erano invece civili e anche donne e bambini. Il Consiglio dei ministri afghano ha condannato duramente l’incidente, definendolo “ingiustificabile”. “Siamo qui per proteggere gli afghani e uccidere o ferire civili mette a rischio la loro fiducia nella nostra missione” ha dichiarato il comandante delle forze Nato e Usa a Kabul, il generale Stanley McChrystal, che ha continuato dicendo: “raddoppieremo i nostri sforzi per riguadagnare questa fiducia”. L’Osservatore romano denuncia l’ennesimo errore compiuto dalle forze Nato, titolando, nell’edizione di oggi, in prima pagina: ”Afghanistan, la tragedia degli errori”.
Da una settimana le forze americane e britanniche dislocate nell’Afghanistan meridionale conducono un’offensiva contro la roccaforte talebana di Marja. L’operazione si inserisce in una nuova strategia suggerita dal comandante delle forze Nato Stanley McChrystal e ratificata dagli alleati. In estrema sintesi, si tratta di far leva sui rinforzi forniti dagli Usa e in piccola misura dagli europei (gli italiani più di tutti, con 1.000 uomini) per attuare tre fasi successive. Nella prima talebani e qaedisti devono essere battuti militarmente là dove sono più radicati, sperando che i pachistani facciano altrettanto oltre confine. Nella seconda l’Isaf e il governo di Kabul devono tendere la mano a chi volesse scegliere il dialogo. Nella terza le forze straniere sperano di cominciare a ritirarsi e di passare la mano agli afghani entro il 2013.
Ma Il Corriere della Sera sottolinea che, un piano del genere non ha molte probabilità di riuscita perché ai talebani manca quella sensazione di sconfitta imminente che potrebbe spingerli al compromesso, ma ha il merito di essere comunque un piano dopo tanta confusione nella strategia degli occidentali. Piuttosto, è davvero arduo sperare in uno sbocco accettabile del progetto se continuerà ad accadere quel che è accaduto ieri: l’ennesimo bombardamento sbagliato, l’ennesima strage di civili.
Come potranno i militari della Nato tendere la mano all’insieme della popolazione locale (la “fase due”) se continuerà a crescere, come è cresciuto nel 2009, il numero dei civili uccisi in bombardamenti dal grilletto troppo facile? La discussione sul prolungamento della missione in Afghaistan ha provocato una crisi di governo in Olanda, con le dimissioni del premier Balkenende, che voleva che le truppe dei Paesi Bassi restassero a Kabul oltre il limite previsto ad agosto. In Italia il dibattito è scarso alla vigilia del voto in Senato sul decreto che rifinanzia le missioni internazionali. Oggi, in Senato il voto sul rifinanziamento delle missioni all’estero, una questione di cui si è parlato poco, in una fase in cui si privilegiano le questioni giudiziarie relative al premier e alla Protezione Civile. Comunque è quasi scontato l’esito del voto,. Che sarà favorevole al prolungamento del finanziamento.
Così spenderemo 51 milioni di euro al mese e da giugno la spesa sarà ancora maggiore, perchè arriveranno altri mille militari. L’anno scorso il costo era stato di 45 milioni di euro al mese. E questo nonostante la missione, visto quello che succede in Afghanistan, sembra sempre più in contraddizione con l’articolo 11 della Costituzione. Nei giorni scorsi l’onorevole Maurizio Turco (radicale eletto nelle liste del Pd), assieme ad altri cinque deputati radicali che, come lui, alla Camera non votato il rifinanziamento della missione, ha presentato un’interrogazione parlamentare alla Difesa sulla reale natura bellica della nostra missione militare in Afghanistan, denunciandone quindi l’incostituzionalità. “Vivo questo voto con l’animo disgustato da questa classe politica, che definisco di delinquenti politici.
Perché quando una classe politica, la stragrande maggioranza del parlamento, vota contro la Costituzione del proprio paese, delinque contro la propria Costituzione, quindi il termine è appropriato. Oltre questo c’è lo sdegno per chi non vuol vedere la strage di civili che sta avvenendo in questi giorni, proprio in queste ore, dove si stanno compiendo crimini di guerra inauditi. Non solo si massacrano civili ma si impedisce che i feriti vengano evacuati negli ospedali. Di questo, ovviamente, abbiamo numerose testimonianze, da parte dei pochi che sono riusciti a superare i cordoni che le forze di occupazione hanno disposto intorno ai luoghi dei bombardamenti. Chiediamo ancora, con forza, che si apra un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione civile di Marjah”. E’ quanto ha dichiarato oggi a CNR Media.Com Gino Strada,, fondatore e vera anamima di Emergency. In Italia In Italia, Gino Strada ha spesso assunto posizioni critiche nei confronti dei governi guidati da Romano Prodi e da Silvio Berlusconi, entrambi accusati di avere portato l’Italia a partecipare a guerre.
La maggior parte delle lamentele sono relative al supporto italiano all’intervento NATO in Afghanistan contro il precedente governo talebano. Questo supporto è percepito da Gino Strada e dalla sua organizzazione come un atto di guerra contro la popolazione afghana, in aperta violazione della Costituzione della Repubblica Italiana che, nel richiamato articolo 11, recita: “ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ma forse questo sarà uno degli articoli da emendare o modificare nella visione riformista di Berlusconi e dei suoi.
Carlo Di Stanislao
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