Si parla di una cifra fra i 400 milioni e i due miliardi di euro: una truffa colossale che mescola voti della ’ndrangheta e i soldi sporchi delle cosche, per l’elezione del senatore Pdl, nonché avvocato e imprenditore, Nicola Di Girolamo, 49 anni,
eletto nella circoscrizione estera Europa, per il quale la procura di Roma ha chiesto l’arresto. Non solo: dentro il vaso di pandora scoperto in sei anni di lunghe e difficili indagini dagli investigatori dei Ros e da quelli del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, ci sono personaggi in contatti con la banda della Magliana, come tale Gennaro Mokbel, romano, vicino a Di Girolamo e pure ad Antonio D’Inzillo, colui che uccise Enrico De Pedis: il famoso bandito seppellito nella basilica di Sant’Apollinare. Tra le 56 persone per le quali la Dda di Roma ha chiesto l’arresto anche l’ex avvocato dell’immobiliarista Danilo Coppola, anch’egli in rapporti finanziari con quelli della Magliana, come documentato dalle ultime indagini che portarono già a un arresto dello stesso Colosimo e a finire in manette ieri anche un investigatore della Dia, il sottoufficiale dei carabinieri Fabrizio Magi, ritenuto uno dei promotori dell’associazione per delinquere e l’ufficiale della Finanza Luca Berriola, in servizio presso lo stesso nucleo speciale di polizia valutaria che ha condotto le indagini. Il tutto ordito e realizzato attraverso sofisticate operazioni di riciclaggio e truffaldini rimborsi dell’Iva con società off-shore, che vede coinvolti i vertici della società Fastweb (è ricercato l’ex Ad Silvio Scaglia, mentre è indagato, insieme a due dirigenti l’attuale amministratore delegato Stefano Parisi) e quelli di Telecom Sparkle, una partecipata al 100% di Telecom, che si occupa del traffico telefonico internazionale. Silvio Scaglia, raggiunto dal Corriere della Sera, commenta il mandato di arresto nei suoi confronti nell’inchiesta sul riciclaggio di denaro sporco della procura antimafia di Roma, ha così commentato ieri: “È roba da matti. Non capisco cosa sta succedendo”. L’ex amministratore delegato di Fastweb dice di essere a conoscenza del mandato ma di “non sapere perchè. Sono già stato interrogato sulla stessa materia all’inizio dell’inchiesta. Mi sembra davvero roba da matti”. In ogni caso Scaglia, che afferma di non conoscere il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo (“Di Girolamo, e chi è”»), conferma di aver chiesto ai suoi avvocati “di concordare immediatamente il modo più opportuno per essere interrogato dai magistrati”. L’inchiesta ha provocato il crollo, in borsa, dei titoli di Fastweb e Telecom Sparklè, oltre a una vivace fibrillazione nel Pdl, con alcuni già pronti a parlare di “giustizia ad orologeria”, sincrona con precisi impegni elettorali. Intanto, sia Fastweb sia Telecom hanno detto di essere parte lesa in questa truffa galattica, che si è snodata in vari paesi, dentro e fuori dall’Europa con passaggi a Singapore, Dubai e vari paradisi fiscali e di non aver più nulla a che fare con i manager implicati nella vicenda. Per l’ intreccio di operazioni fraudolente, commesse tra il 2003 e il 2006, è stato arrestato anche Luca Berriola, un maggiore della Guardia di Finanza che voleva far rientrare capitali del gruppo Mokbel, utilizzando false fatture dell’imprenditore campano Vito Tommasino. Secondo il gip, non si può non valutare “l’ eccezionale entità del danno arrecato allo Stato, la sistematicità delle condotte, la loro protrazione negli anni e la qualità di primari operatori di borsa e mercato di Fastweb e Telecom Italia Sparale”. L’inchiesta è stata coordinata da Giancarlo Capaldo e seguita dai sostituti Giovanni Bombardieri, Giovanni Di Leo e Francesca Passaniti. Le “anse” di oggi ci parlano di una somma truffata pari a 2 miliardi di Euro e di un totale di 56 arresti, tra Italia, Stati Uniti, Inghilterra e Lussemburgo. Circa il senatore Di Girolamo, eletto nel Pdl nel 2008, è accusato di violazione della legge elettorale, con aggravante mafiosa; addirittura la sua elezione sembra essere servita proprio agli spostamenti all’estero per gestire l’attività criminale senza compromettersi. Un altro “birbantello” a cui il Gran Capo non mancherà di tirare le orecchie. Classe 1960, il senatore Nicola Di Girolamo è stato eletto a Palazzo Madama alle ultime consultazioni politiche del 2008, ma la Giunta delle elezioni del Senato ha chiesto subito la sua decadenza da senatore per via di un certificato di residenza, non proprio cristallino, secondo la Giunta, esibito alla presentazione della candidatura. Il caso è partito da un ricorso di Raffaele Fantetti, italiano residente a Londra, primo dei non eletti nella ripartizione Europa. L’accusa era la mancanza dei requisiti di eleggibilità dettati dalla legge Tremaglia. Nel mirino il cambio “lampo” di residenza del senatore da Roma al comune belga di Etterbeek, effettuato il 14 febbraio 2008. Sul caso Di Girolamo in aula si sono svolte una serie di sedute scandite da schermaglie procedurali, chiuse in aula dal respingimento della richiesta di annullare l’elezione del senatore. Membro della commissione Esteri e del Comitato per le questioni degli italiani all’estero, Di Girolamo nella legislatura ha presentato due ddl: “Disposizioni di attuazione dell’articolo 51, comma secondo, della Costituzione, in materia di parificazione ai cittadini italiani degli italiani non appartenenti alla Repubblica ai fini dell’accesso ai pubblici uffici e alle vicende elettive” e “Disposizioni in materia di riacquisto della cittadinanza italiana da parte degli italiani residenti negli Stati ex comunisti dell’Europa orientale e nella ex Unione delle repubbliche socialiste sovietiche”. È inoltre cofirmatario di altri 37 ddl. Ha presentato poi 11 interrogazioni a risposta scritta. Secondo quanto afferma il gip, la sua elezione nel collegio estero di Stoccarda sarebbe stata favorita da un broglio elettorale realizzato dalla famiglia Arena, della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. La ‘ndrangheta avrebbe acquistato numerose schede elettorali tra gli immigrati calabresi a Stoccarda, apponendo sulle schede il voto per Di Girolamo. La richiesta di arresto nei suoi confronti dovrà adesso essere esaminata dalla Giunta per le elezioni e delle immunità del Senato. Staremo a vedere.
Carlo Di Stanislao
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