Il trionfo della corazzata Bigelow che vola su Pandora

La Famiglia Bigelow-Cameron trionfa alla 82ma edizione dei Premi Oscar, l’annuale Academy Awards di Los Angeles. Ad Hollywood due film di guerra, del presente e del futuro, passano alla storia del cinema. Senza scomodare abuliche immagini storiche, bibliche e familiari, l’ex moglie di James Cameron ha vinto sei statuette dorate tra cui quella per miglior […]

La Famiglia Bigelow-Cameron trionfa alla 82ma edizione dei Premi Oscar, l’annuale Academy Awards di Los Angeles. Ad Hollywood due film di guerra, del presente e del futuro, passano alla storia del cinema. Senza scomodare abuliche immagini storiche, bibliche e familiari, l’ex moglie di James Cameron ha vinto sei statuette dorate tra cui quella per miglior film e migliore regia con “The Hurt Locker”. In piena era Obama, ha trionfato una pellicola, poco vista in Italia, dedicata alla guerra in Irak dei valorosi soldati occidentali per il trionfo della pace e della democrazia. Lo dicevamo che le ex mogli avrebbero fatto la differenza a Los Angeles, domenica 7 marzo 2010. All’Academy Awards, la nuova sfida per riportare gli appassionati di cinema davanti alla tv e per richiamare un pubblico più giovane, ha premiato la Donna. E se c’è tanta amarezza per i mancati premi alle attrici di Avatar (Sigourney Weaver, Zoe Saldana e Michelle Rodriguez) della 20th Century Fox, il “red carpet” californiano, nonostante la crisi economica, ha accolto davvero tutti grazie a Sky News in streaming anche sull’ipod-touch. Lo sapevamo che le ex mogli tra i 5800 giurati dell’Academy avrebbero fatto la differenza con il nuovo sistema di voto, riservando una grossa sorpresa al kolossal di James Cameron. Avatar però non è stato affatto sconfitto perché ha già trionfato ai Golden Globe. Non vorrei esagerare, ma con come si può pensare e scrivere che un capolavoro come Avatar sia stato sconfitto? Da chi, dove e per la gioia di chi? Certo, The Hurt Locker e Avatar avevano entrambi nove nomination. Ma sfido chiunque in Italia a imbarcarsi in un’impresa del genere, magari per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia che speriamo non finisca in una melodrammatica, mielosa e retorica fiction-tv. Sfido chiunque a fare meglio. Ossia a realizzare un kolossal in 3D da quasi 250 milioni di dollari come Avatar, prevedendo un successo al botteghino mondiale senza precedenti, magari di oltre 2 miliardi e mezzo di dollari. Abbiamo spremuto ogni possibile significato da Avatar? Ci consola pensare di aver vinto, grazie al trionfo dell’artigianato cinematografico made in Italy, due premi Oscar: la fotografia di Avatar andata a Mauro Fiore e quella ottenuta da Michael Giacchino con Up. Ma il vero grande sconfitto è sicuramente Quentin Tarantino (non si può ridicolizzare il male assoluto del nazismo, dell’antisemitismo e dell’antisionismo: meglio la fantastoria nella serie Enterprise di Star Trek!) che delle otto nomination per il suo “Bastardi senza gloria” si porta a casa solo un Oscar, per il miglior attore non protagonista Christoph Waltz. Al Kodak Theatre, il film di James Cameron non è arrivato alla notte degli Oscar come favorito. Lo avevamo anticipato: il nuovo sistema di votazione dei giurati dell’Academy ha effettivamente sortito effetti apprezzabili. Detto questo, The Hurt Locker, un film costato poco anche rispetto ai nuovi standard hollywoodiani, la pellicola magistrale di Kathryn Bigelow, ha meritato la statuetta per il miglior film e quello per la miglior regia lasciando al kolossal Avatar i meritatissimi premi “tecnici” come quello per miglior scenografia, miglior fotografia grazie all’italo-americano Mauro Fiore e migliori effetti speciali. Il mondo e la natura di Pandora (su Alpha Centauri) creati da Cameron con straordinari effetti speciali, lasciano incantati, meritano una giostra hi-tech a tema in ogni Luna Park del mondo; meritano, grazie all’iniziativa diretta del Presidente Barack Obama, il rilancio dell’impresa umana nello spazio cosmico con nuove astronavi Venture Star, per superare una crisi economica senza precedenti che altrimenti potrebbe condurci alla Terza Guerra Mondiale. Per questo le implicazioni di Avatar sono notevoli. Lo abbiamo scritto. A The Hurt Locker sono andate sei statuette tra cui quelle per la migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior suono, miglior montaggio del suono. Magistrale è l’Oscar assegnato a Sandra Bullock che nella notte del Kodak Thetare si è portata a casa la statuetta di miglior attrice; e quello come miglior attore a Jeff Bridges. La Bullock aveva ricevuto poche ore prima anche il premio quale peggior attrice nell’ambito dei Golden Raspberry Awards, per la sua interpretazione nel film All About Steve. Ma la strada per l’Academy Award fatta dalla Bigelow è stata lunga: il suo film sbarcato nel 2008 e presentato alla mostra del cinema di Venezia, è uscito come al solito in sordina in Italia, costruendo il proprio riscatto in un momento in cui la guerra in Iraq è un tema tabù per tutte le accademie del cinema del mondo, non solo per Hollywood. The Hurt Locker racconta la storia di una squadra di artificieri impegnata in Iraq e in particolare la “dipendenza” di uno di loro dalla scarica adrenalinica trasmessa dal disinnesco degli ordigni preparati dalla guerriglia irachena. Quelli, per intenderci, che in Afghanistan ci stanno decimando. La Bigelow ha voluto dedicare il suo film “a tutti gli uomini e le donne che portano un’uniforme in ogni parte del mondo. E non soltanto ai soldati ma anche ai vigili del fuoco che sono sempre pronti per noi quando serve”. Ad Avatar di Cameron resta il primato mondiale al botteghino: ha battuto il Titanic di Cameron anche in Italia, primato assoluto, perché resta finora il film che ha incassato di più nella storia del cinema. Gli altri candidati per miglior film erano: The Blind Side; Inglourious Basterds di Quentin Tarantino; il cartone animato della Pixar Up; il fantascientifico sudafricano District 9; l’indipendente An Education; A serious man di Joel and Ethan Coen; Tra le nuvole e, la sorpresa del 2010, il dramma Precious. Premiati anche due artisti di origine italiana ma che hanno fatto fortuna negli States. Mauro Fiore ha ricevuto la statuetta per la fotografia (in Avatar), gridando «Viva l’Italia!» dal palco. Per lui si tratta del primo Oscar. Nato in Calabria, Fiore si è trasferito negli Stati Uniti a sette anni e ha vissuto a lungo a Chicago. I genitori erano poi tornati in Italia, mentre lui decise di restare negli States, dove ha cominciato la sua scalata ad Hollywood nella scuola del celebre Janush Kaminsky. Fiore ha attualmente al suo attivo una ventina di film, tra cui Training Day. Una statuetta è andata anche Michael Giacchino (sue sono le musiche del nuovo Star Trek di J.J. Abrams) per la miglior colonna sonora nel film «Up»; ritirando la statuetta, Giacchino ha detto che “il cinema non è una perdita di tempo” e ha invitato tutti i giovani a non demordere nell’inseguire il sogno del cinema. “Quando ero piccolo – ha ricordato l’italo-americano – i miei genitori mi hanno sempre sostenuto. Tutti intorno mi sostenevano dicendo che quello che sognavo non era una perdita di tempo. Molti ragazzi – ha fatto notare Giacchino – non hanno lo stesso sostegno che ho avuto io. A loro dico: credeteci”. Giacchino è nato nel New Jersey, ma nel 2009 ha ottenuto la cittadinanza italiana. I nonni sono originari dell’Abruzzo e della Sicilia. Nel 2008 ha ottenuto una nomination all’Oscar per la colonna sonora di Ratatouille. Speriamo di poterli incontrare al Premio Internazionale per la Fotografia Cinematografica Gianni di Venanzo. In lizza per l’Oscar 2010 c’era anche un altro italiano, Marco Beltrami per la colonna sonora di The Hurt Locker. L’Academy ha puntato tutto sull’effetto Avatar per riportare davanti agli schermi tv la notte degli Oscar: il primato degli ascolti della cerimonia degli Oscar risale al 1998 quando oltre 55 milioni di persone si radunarono negli Stati Uniti davanti ai teleschermi per applaudire il trionfo di Titanic e per sentire il regista canadese James Cameron esclamare dal palco: “Sono il re del mondo!”. Da allora è stata un’emorragia continua di spettatori per l’Academy. Quest’anno il regista Cameron si è affermato quale nuovo “re del volo interstellare” e gli incassi record del suo rivoluzionario film in 3D hanno rinvigorito la battaglia per gli Oscar resa ancora più stimolante dalla sfida familiare Cameron-Bigelow. “Più la competizione è serrata e più ne trarrà profitto lo show” – ha affermato Tom Sherak, presidente della Academy. Un esempio per tutti, anche per i premi cinematografici nostrani, senza scomodare il vezzo esterofilo, mentre in Italia (patria dei critici cinematografici) film epici come Barbarossa (Italia 2009) di Renzo Martinelli (con Rutger Hauer e Raz Degan) sono limitati alla proiezione in pochissime sale (sic!). I nostri fratelli americani hanno dimostrato come Hollywood possa strapazzare con una certa disinvoltura un kolossal tipo Avatar di Cameron che ha portato una cascata di soldi freschi all’industria del cinema (quindi alle maestranze), facendo giocare la partita a ben tre film di guerra: quelli appunto di Cameron, della Bigelow e quello fanta-storico di Tarantino. In Italia, sarebbe stata una bestemmia! Ma alla fine ha prevalso quello portatore di più polemiche (che in Italia abbiamo finora visto assai poco: perche?) e che racconta la vita tutta adrenalinica dei militari Usa che disinnescano bombe nella guerra al terrore in Iraq. Il film della Bigelow (prima donna a vincere miglior regia e miglior film) è stato definito “una collezione di scene totalmente implausibili” da parte di alcuni veterani della guerra in Iraq che le hanno addirittura fatto causa con un’azione legale contro il film avviata in un tribunale del New Jersey da un sergente dell’esercito americano. Il quale sembra che accusi gli sceneggiatori di avere usato la storia della sua vita per il film adesso vittorioso. E per finire l’Academy ha bandito dalla cerimonia degli Oscar uno dei produttori della pellicola, Nicolas Chartier, responsabile di avere invitato in una serie di messaggi e-mail i membri dell’Academy a votare per The Hurt Locker e non per “un film da 500 milioni di dollari”, chiara allusione al rivale “Avatar”. C’è chi ha parlato di avventura religiosa senza redenzione, anti-cristiana, chi ha tirato in ballo Dorothy e Il mago di Oz, chi infine ha odiato il film di Cameron accusandolo di utilizzare senza vergogna ogni possibile cliché del repertorio hollywoodiano. Una cosa ha messo però tutti d’amore e d’accordo: il mondo e la natura creati da Cameron con straordinari effetti speciali sono il presente e il futuro del cinema e della biosfera Terra prossima al collasso irreversibile. Non altrettanto fortunato dal punto di vista degli incassi, è stato finora The Hurt Locker che in tutto il mondo ha raccolto solo 20 milioni di dollari, quello che Avatar ha guadagnato in una mezza giornata di proiezioni solo negli Stati Uniti. Il film della Bigelow è stato realizzato tuttavia con un budget di appena 15 milioni di dollari, un piccolo film per gli standard di Hollywood. Le sei statuette conquistate il 7 marzo 2010 potrebbero dare nuova linfa vitale con un nuovo giro di incassi in sala post-Oscar, anche in Italia. Quest’anno i film in lizza per la statuetta erano 10 e il nuovo sistema di votazione ha rivoluzionato tutto. Dal 1946 al 2009 era molto facile: i membri dell’Academy ricevevano una scheda e mettevano una crocetta accanto al film preferito. Quello con più voti vinceva. Premi e soldi facili e semplici, anche se questo poteva significare che una grande maggioranza dei giurati-elettori, secondo le stime fino al 79%, poteva anche non averlo votato! Non si sa quante volte questo sia successo in passato, date le scelte spesso controverse effettuate dall’Academy. Con 10 nomination però, proprio per evitare problemi, l’Academy ha inventato un nuovo sistema elettorale. Ai membri, che sono circa 5800, è stato chiesto di classificare le loro preferenze da 1 a 10. Nel caso in cui un film ottenga una maggioranza secca di prime scelte, il conteggio finisce e c’è già un vincitore. Se questo non avviene si procede così: l’ultimo classificato viene eliminato dal conteggio e le seconde scelte di chi lo ha votato vengono distribuite tra i film ancora in lizza. Se ancora non c’è maggioranza, il penultimo viene eliminato, e i voti vengono distribuiti di nuovo. E così via, fino a che non un nominato non supera il 50 per cento. Uno schema del genere potrebbe aver decapitato Avatar. Il film, come il suo regista, per certi versi resta polarizzante. Chi non lo ama lo odia. L’Academy non è voluta tornare (dopo Titanic) a premiare grandi blockbuster, preferendo piccoli film. The Hurt Locker è un film che difficilmente poteva finire in fondo alle liste di preferenze. E il plebiscito su Avatar non c’è stato: un giorno del giudizio a metà. Tra i votanti di Hollywood ci sono molte ex mogli ed una certa solidarietà alla Bigelow, la terza sposa di Cameron, da parte delle donne potrebbe aver avuto il suo peso alla vigilia della Festa Internazionale della Donna, l’8 marzo. La maggior parte dei membri dell’Academy che votano per assegnare i premi sono attori, e come tali guardano con un certo sospetto a film “difficili” come Avatar, dove la recitazione diretta passa in secondo piano rispetto alla tecnologia dell’emotion capture (riversata sui famosi dispositivi video-ludici I-tag, grazie alle action figure di Avatar) dalle infinite potenzialità didattiche e cinematografiche. Un imperdonabile errore di comunicazione ai media ed all’Academy, peraltro come ammesso dagli stessi Joe Letteri e James Cameron. Dunque era scontato che un film, ancora con attori veri in carne ed ossa, come The Hurt Locker avrebbe avuto più speranze di Avatar. Grande deluso sicuramente è Harvey Weinstein, il produttore del film di Tarantino, che nelle ultime settimane ha compiuto uno straordinario sforzo di marketing (a volte non bastano feste, tramezzini, cocktail, inserzioni sui giornali e interviste) per convincere i membri dell’Academy a votare per il film. Allora, che dire? Buona Festa della Donna 2010 a Kathryn Bigelow e sicuramente anche alla grandissima Meryl Streep, giunta alla sedicesima nomination della sua carriera con “Julie&Julia”; a Sandra Bullock, grazie a “The Blind Side”; ma anche ad Anna Kendrick e Vera Farmiga, le due attrici di “Up in the Air” ed alla grande Mo’nique. Quest’anno le speranze degli italiani erano affidate al direttore della fotografia Mauro Fiore (Avatar), allo sceneggiatore Alessandro Camon (The Messenger), ai truccatori Aldo Signoretti e Vittorio Sodano (Il Divo).

Nicola Facciolini

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