Campione d’incassi per due fine settimana di seguito “Alice in Wonderland” di Tim Burton, è piuttosto deludente. Ispirato dai due libri di Lewis Carroll, “Alice nel paese delle meraviglie” e “Attraverso lo specchio” , si tratta di un prodotto ben confezionato, con un uso piuttosto accorto del 3D, fantasia nei “personaggi” e nei costumi, ma privo di sussulti e di vera novità. Conoscendo l’identificazione coi devianti (a vario titolo) di Burton, ci aspettavamo che Carroll divenisse una sorta di archetipo di Ed Wood, il regista evocato da Burton nel film omonimo ed invece “Alice in Wonderland”è un mediocre prodotto dell’ “i”deologia Disney” (casa che lo distribuisce) senza nulla, o quasi, dell’”ideologia Tim-Burton” e, anco meno, dell’”ideologia Johnny-Depp”, alter-ego di Burton, che in Alice in Wonderland interpreta il “cappellaio matto”. Quindi niente a che vedere con Sleepy Hollow, Charlie e la Fabbrica del Cioccolato e Nightmare Before Christmas, ma un prodotto piatto e noiso a cui poco servono le molte interessanti intuizioni visive, le mille piccole raffinatezze di scenografia (praticamente tutta in computer grafica), di costumi e di trucco di fronte ad una parabola disneiana nel senso più deteriore del termine, per la quale l’eroina del caso trova la strada che era stata decisa per lei invece di forgiarne una con le proprie mani o secondo i propri gusti. Di certo non aiutano un 3D realizzato tutto in postproduzione e abbastanza inutile (almeno il 50% del film ne è privo tanto che se guardato senza occhiali non presenta il classico effetto “doppio”) e momenti come la “deliranza” del Cappellaio Matto, che da sola è probabilmente la punta più bassa di tutto il cinema di Tim Burton e di quello di Johnny Depp messi insieme. Dopo un inizio fantastico, che entra di diritto tra le cose migliori che Tim Burton abbia mai girato, il resto del film è una continua delusione; un banale percorso verso il conformismo di un personaggio ritenuto matto che, come in un film fantasy, subisce una profezia che si deve avverare, ha un’armatura, una spada, nemici mitologici e via dicendo. Doveva essere uno dei film migliori del 2010: cupo, visionario e fantastico ed invece è una “meringa” per famiglia, ben confezionata ma dal sapore stuccoso e stantio.
Carlo Di Stanislao
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