Ha ragione Sara Gambèro che sulla news di Libero di oggi scrive: “bastano tre ore di Isola dei Famosi per andare a letto esausti, con un senso di stordimento e l’eco delle litigate furiose ancora nelle orecchie”. Ed il clou dell’estenuante cattivo gusto fatto di parolaccie ed urla sguaiate, si è toccato l’altra sera, con il plateale abbandono di Busi che ora, dopo che i vertici Rai ne hanno deciso, pare, la cancellazione da tutti i programmi, rischia di tramutarsi in un tormentone senza fine. Quello che doveva essere un reality nobilitato dalla cultura, si è concluso nel peggiore dei modi, all’insegna della più sfacciata ipocrisia. Busi ha, lanciando strali contro gli omofobi, il Papa e il governo, guadagnandosi la censura a vita dalla Rai (come aveva fatto Morgan, ma solo per San Remo). La tv generalista ha toccato, così, il suo trash più completo, il fondo dell’abisso più nero e, forse per questo, anche più trandy. Una cosa giusta, infatti, Busi l’ha detta lasciando l’Isola: “Me ne vado perché non c’è più racconto” e, in questo tipo di orrida tv, il racconto è tutto, più dei format, degli autori e dei conduttori. Non solo Busi poteva risparmiarsi un congedo così inopportuno, ma ora Masi, Magnolia e la Ventura potrebbero risparmiarsi le loro ipocrite lezioncine di morale. Nel suo secco comunicato di ieri, Viale Mazzini ha scritto: “Il direttore di Raidue, Massimo Liofredi, sentito il direttore generale della Rai Mauro Masi, ha ravvisato nel comportamento dello stesso palesi e gravi violazioni delle regole e delle disposizioni contrattuali. Pertanto, Aldo Busi verrà escluso dalla partecipazione alle prossime puntate dell‘Isola dei famosi e dalle altre trasmissioni della Rai”. Molto bene e molto bene per le reazioni “dure” dei politici di destra e di sinistra. Ma dove sono costoro quando si tratta di rivedere per intero la programmazione di una televisione ormai in balia di programmi di questo tipo? Nessuno di costoro (dirigenti, politici e conduttori), ha mai avuto il coraggio di dire che orma viviamo un’era televisiva fatta di beceri, inguardabili reality ed anzi, ci sguazzano in questa tv dell’insulto e dell’assenza di qualità, solo perché milioni di imbecilli la guardano. Non è possibile essere politicamente corretti poiché si sta toccando il fondo e la tv italiana segue modelli sbagliati, trasmissioni che non arricchiscono gli spettatori e al contrario ne abbassano la qualità. Il piccolo schermo non rispetta i suoi doveri morali e sociali e sta creando in tutti seri danni. Ma con i dirigenti e gli operatori che abbiamo, non possiamo che sperare che un giorno lo spettatore comprenda la necessità di cambiare canale, poiché basterebbe una sola edizione di un reality a bassi ascolti, per farlo eliminare dal palinsesto. La cosa più grave e preoccupante, infatti, è che la cosiddetta tv-spazzatura ha un vantaggio non indifferente per chi la “produce”: rende molto in termini di ascolti. Il discorso è controverso, se lo analizziamo illogico, eppure tutti criticano i reality-show, ma tutti, vuoi per piacere vuoi per curiosità, li guardano. E questo accade anche per tanti altri varietà o programmi di ipotetico intrattenimento, talk show e quant’altro. Un tempo si diceva, o meglio si credeva, che la televisione fosse strumento utile, che educasse quel popolo di ascoltatori che ne diveniva fruitore. Oggi, chiaramente, non è più così o meglio lo è, ma in chiave diseducativa. Il focolare-tv continua, anche nel terzo millennio, ad educare i suoi spettatori e, quindi, ad occupare uno spazio nettamente significativo, ma lo fa con messaggi negativi che sortiscono disastrosi effetti su quanti la guardano. Se si chiede a molte adolescenti qual è il loro sogno nel cassetto, gran parte di queste, così come hanno fatto in seguito a sondaggi o interviste varie, rispondono che sognano di diventare veline. La sfacciataggine è oggi intesa nei termini di bravura e furbizia, la stupidità è sinonimo di divertimento; mentre la serietà diventa noiosa e la professionalità risaputa. Come ha scritto Ada Fiche su “Teatro Naturale”, nel numero di aprile 2004: “nell’epoca dell’apparire, che diviene dunque, per chi della televisione ne è protagonista, sinonimo di reale esistenza, dove i suoi spettatori, soprattutto se piccoli, si tramutano in spugne esposte ad assorbire quanto passa per il teleschermo, già una semplice riflessione critica e problematica, da parte di noi che osserviamo, su quanto entra quotidianamente nelle nostre vite, basterebbe a segnare l’inizio di una consapevolezza e di un’attenzione non solo a ciò che va in onda, ma anche, ed in particolar modo, al nostro più o meno immediato futuro” . Nelle credenze popolari di Haiti, alcuni sacerdoti detti bokor sarebbero in grado di catturare una parte dell’anima di una persona detta piccolo angelo guardiano, producendo uno stato di letargia che rende come morto un essere vivente, e che anche anni dopo la sua sepoltura, essi siano in grado di riesumare il corpo rendendolo loro schiavo. E’ del tutto evidente che i bokor gestiscono oggi las scatola parlante e visiva che chiamiamo tv e che i più di noi sono morti viventi schiavizzati dal piccolo schermo.
Carlo Di Stanislao
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