In Italia ci sono isole dei famosi ed altre dei diseredati, le prime con collegamenti ad alta tecnologia e Tv in prima serata con Simona Ventura e le seconde che vivono di web e sostegno attraverso Facebook. Insomma nell’Italia dei contrasti abbiamo l’Asinara ed i Carabi, i “famosi” costretti a pane ed acqua ed i cassintegrati che per un tozzo di pane ed un posto di lavoro vivono in un ex carcere di massima sicurezza. Dal 24 febbraio un gruppo di dipendenti della Vynils, ex Enichem, industria chimica di Porto Torres, si è autoesiliato all’isola dell’Asinara: una provocazione per avere un minimo di visibilità, una parodia della televisione per uno dei tanti problemi di conservazione del posto di lavoro, in un’Italia fatta più d’aspettative che di speranze. L’isola dei Cassintegrati è un reality “reale” dove nessuno è famoso, ma tutti sono senza lavoro, né prospettive. Trincerati in un’isola simbolo della più grande Sardegna, ormai in crisi profonda, alloggiati in celle non peggiori delle sbarre che governo, regione ed Eni hanno messo loro davanti. Nessuno yacht, billionaire e soubrette su quell’isola, solo la cruda verità di una politica che non dà risposte, e di una società a controllo statale – l’ENI – che persegue i propri scopi aziendali, passando sulle vite di centinaia di famiglie. Da quattro settimane sono su un’isola deserta per dare voce alla lotta operaia, chiusi in celle che furono di assassini, accuditi dal capo delle guardie che sorvegliavano Totò Riina. Accolgono i non molti giornalisti (di Rai 3, La7, Repubblica e la Nuova Sardegna) che li vanno a trovare e raccontano la loro rabbia e la loro tristezza. Sopravvivono grazie al buon cuore del parroco di San Gavino, che spedisce i viveri e del fornaio che manda due sacchi di pane al giorno ed attendono una risposta da un Governo sinora latitante. La vertenza Vynils è complessa, l’ultima tappa della storia di quarant’anni di petrolchimico a Porto Torres. I sindacati, il ministero dello Sviluppo economico, l’Eni e gli arabi della Ramco (probabili nuovi acquirenti), stanno cercando dal 20 marzo un accordo per rimettere in moto gli impianti già da aprile. La società è in amministrazione straordinaria da agosto e i centri di produzione del Pvc (polivinilcloruro) a Porto Torres, Porto Marghera e Ravenna, sono fermi da allora. “È in gioco il futuro della chimica in Italia”, ha sentenziato giorni fa il segretario generale della Cgil-Filcem Salvatore Corveddu, ex dipendente del petrolchimico. Se il ciclo del cloro si interrompesse a Porto Torres, 3 mila posti di lavoro sarebbero a rischio. Il coraggio dei cassintegrati è un mix tra la saggezza degli anziani e la spregiudicatezza dei giovani, un mix che ha creato un reality che fa concorrenza al programma di Simona Ventura, alimentatodal tam tam di Facebook, con 65.000 sostenitori in pochi giorni. Il 24 marzo scorso “l’isola dei cassintegrati”, certamente più interessante dello show della Venturi, è stata ospite della trasmissione Tetris di Luca Telese, dove il gruppo degli autoesiliati è stato giustamente presentato come riferimento di tutti i disoccupati d’Italia. I volti commossi degli operai che abbracciano i loro figli toccano senz’altro il cuore di tutti. Ma vedere la forza, il coraggio e la determinazione di Tino Tellini, Emanuele Manca e Andrea Spanu, protagonisti involontari di uno spettacolo dove l’audience non è l’obiettivo da raggiungere, sta risvegliando gli animi di tutti. E anche se Tremonti e Sacconi commentano positivamente i dati Istat 2009, sottolineando come la situazione italiana sul fronte occupazionale sia comunque migliore di quella dell’Eurozona con un tasso di disoccupazione al 7,8% a fronte del 9,4% medio dei paesi dell’area euro; di fatto abbiamo perso lo scorso anno 380mila posti di lavori, di cui 25.000 (lò dato peggiore) nel solo Abruzzo. Oltre la metà dei posti persi si concentra nel Mezzogiorno, con 194.000 unità in meno (-3% a fronte del -1,6% su base nazionale) mentre il Nord perde 161.000 unità (-1,3%) e il Centro appena 25.000 (-0,5%). Le persone in cerca di occupazione nel Sud aumentano di appena 12.000 unità soprattutto a causa dell’effetto scoraggiamento sulla possibilità di trovare un lavoro dell’aumento dell’inattività. Il settore che ha subito la maggiore contrazione è l’industria in senso stretto (-4,3 pari a 214.000 posti) seguita dall’agricoltura (-2,3% pari a 21.000 posti) e dalle costruzioni (-1,3% pari a 26.000 unità). I servizi segnano una flessione dello 0,8% (-119.000 unità). Sono i precari, i collaboratori e i cosiddetti “indipendenti” i lavoratori più colpiti : su 380.000 posti persi infatti 211.000 sono posizioni lavorative indipendenti (collaboratori, piccoli imprenditori ecc) mentre 169.000 sono dipendenti (171.000 in meno gli occupati a termine a fronte di un lievissimo aumento tra i rapporti a tempo indeterminato). Ed allora non resta che inventarsi un reality per sopravvivere, in un’Italia che ormai crede solo alla finzione del piccolo schermo e alle rassicurazioni (vedi anche Termini Imprese) di un Governo che risolve i problemi dicendo che non esistono.
Carlo Di Stanislao
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