Interventi a supporto dei bambini e degli adolescenti ma anche dei genitori e degli insegnanti, in questa delicata fase di adattamento a mutate condizioni di vita. Nuovi spazi e opportunità di aggregazione per ricostruire amicizie, relazioni e un tessuto sociale che si è disgregato con i crolli e le chiusure dei centri cittadini e la nascita delle “new town”. Sono questi i principali bisogni che emergono dalle testimonianze dei bambini, adolescenti e adulti dell’aquilano e dintorni, raccolte da Save the Children nel rapporto “Abruzzo: un anno dopo il terremoto” e diffuso oggi, primo anniversario del sisma.
L’organizzazione internazionale è intervenuta all’Aquila e nell’area limitrofa sin dalle ore immediatamente successive alla forte scossa ed è tutt’ora attiva a fianco di molti minori, con attività nelle scuole dell’aquilano e dei comuni della costa e il supporto a strutture aggregative sorte sul territorio, per un totale di circa 1.700 bambini e adolescenti seguiti finora, grazie al generoso sostegno di singoli individui e di importanti aziende come per esempio Sisal e Ikea.
Sono stati 12.530 i minori colpiti dal terremoto secondo le stime ufficiali. La totalità di essi è potuta tornare in classe, nelle 72 scuole di nuovo operative dall’inizio dell’anno scolastico. Una parte è rientrata anche nelle proprie abitazioni, o comunque in una casa – sia che si tratti delle nuove C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili) o dei MAP (Moduli abitativi provvisori) o di appartamenti in affitto. Alcuni minori invece sono tutt’ora in alberghi.
“Save the Children ha deciso di restare a fianco di questi bambini e adolescenti anche dopo la chiusura delle tendopoli e la fine della prima emergenza ”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Sono i bambini stessi in un certo senso che ce lo hanno chiesto attraverso i focus group e gli incontri di valutazione che abbiamo organizzato. La chiusura delle tende, l’ingresso magari in nuove case ubicate in posti a loro non familiari, le scosse che continuano ad esserci costituiscono altrettante sfide. A ciò si aggiungono i sentimenti spesso non positivi degli adulti che pressati dai problemi della casa, del lavoro, possono trasmettere insicurezza, ansia e negatività ai bambini e ai ragazzi”.
“Adesso mi sento abbastanza bene. Però della paura ancora ce l’ho soprattutto quando ci sono delle scosse che in queste casette si sentono molto di più… La scuola non ci aiuta per niente perché non si parla mai di quello che è successo, giusto all’inizio ci è stato chiesto di come abbiamo passato i mesi scorsi”, racconta a Save the Children Jacopo, 17 anni.
“Andrea e Marco sono tornati a scuola, e intendo in edifici preesistenti…lì hanno ritrovato i loro amici, le loro insegnanti, il loro ambiente, quindi una pseudo-normalità. Però ci sarebbe bisogno per questi ragazzi di scambiare le loro emozioni, paure e condividerle”, è l’opinione di Stefania, mamma di Andrea (9 anni) e Marco (5 anni). Insieme al marito e ai figli Stefania adesso vive nel garage di casa, in attesa di ristrutturare lo stabile.
Le attività di Save the Children nelle scuole
Sono circa 1.200 gli alunni di 30 scuole di ogni ordine e grado e 30 i docenti coinvolti nel progetto di Save the Children finanziato da Ikea e partito in concomitanza con il nuovo anno scolastico e la riapertura delle scuole danneggiate dal sisma.
“Attraverso laboratori per gli studenti e percorsi formativi per gli insegnanti, il progetto offre strumenti e occasioni di rielaborazione e di narrazione di quanto vissuto durante e dopo il terremoto in un’ottica di continuità con le attività realizzate da Save the Children negli Spazi a misura di bambino allestiti nelle tendopoli ”, spiega ancora Valerio Neri.
La radio online “Good morning l’Aquila”, un cortometraggio, laboratori creativi, gemellaggi con scuole di Roma e Milano, sono tra le attività svolte nelle classi o tuttora in corso.
“La scuola, in tutte le situazioni di emergenza e post emergenza, ha un ruolo cruciale nel restituire ai bambini un senso di normalità. Per questo abbiamo voluto lavorare con le scuole e nelle scuole, sperando davvero di stimolare tanti bambini e bambine e volgere in positivo la dura esperienza del sisma”.
Bisogno di incontrarsi e nostalgia del centro storico
“Adesso ci hanno sistemato nelle case dove stiamo meglio, però non abbiamo più un posto dove incontrarci con gli amici”, confida Daniele, 16 anni. “C’è un bar in centro, che stava sulle scale di S. Bernardino. Andiamo là a volte il pomeriggio”.
Ancora Jacopo. “Il terremoto ci ha tolto tutto, perché all’Aquila già prima c’era poco da fare, adesso non c’è proprio più niente”. Lorenzo, 15 anni, descrive la città che vorrebbe. “Nella mia Paganica ideale ci dovrebbe essere un bel campo dove riunirci tutti i giorni per giocare e sentirci tutti vicini”.
Esmeralda, 20 anni. “Io vivo ancora in albergo e la mia situazione resta complicata…abbiamo bisogno di un posto dove ritrovarci tutti insieme sia per studiare, sia per passare il tempo”.
“La chiusura e distruzione dei centri storici e la conseguente perdita di punti di incontro e di riferimento fondamentali per le loro vite emerge dalla gran parte delle testimonianze e dei pensieri resi dai ragazzi nel corso di incontri e focus group”, continua il Direttore Generale di Save the Children. “Per questo ci è sembrato essenziale che i bambini e adolescenti dell’Aquila e dintorni – a partire da quelli che hanno frequentato gli Spazi a Misura di Bambino – potessero avere un posto altrettanto ospitale e friendly una volta smantellate le tendopoli”.
Da qui il sostegno di Save the Children alla creazione dei 2 Centri Aggregativi “La Ri.scossa” a Paganica e “Peter Pan” a Pizzoli e all’Associazione “Il Cantastorie” che li gestisce attraverso operatori locali: “si tratta degli operatori che già lavoravano nelle tendopoli. In linea con quanto facciamo anche nelle emergenze internazionali”, precisa il Direttore Generale dell’organizzazione, “Save the Children ha voluto valorizzare e incoraggiare delle risorse locali, così da permettere un prosieguo delle attività avviate in emergenza e offrire al contempo un’opportunità lavorativa a persone del posto”.
Laboratori di fiabe, decoupage, cineforum, bricolage, teatro, è quanto i centri aggregativi offrono a bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni.
“A 1 anno dal terremoto che ha sconvolto la vita di decine di migliaia di bambini e adulti Save the Children ha scelto di restare a L’Aquila a testimonianza del suo impegno a favore dell’infanzia e dell’adolescenza”, conclude Valerio Neri. “Le iniziative educative e ludiche che stiamo realizzando e sostenendo possono permettere ai bambini e ai ragazzi di ritrovare una “normalità”, fornendo strumenti ed occasioni per riacquistare autostima, senso di fiducia e promuovere la partecipazione ed espressione dei bambini e degli adolescenti aquilani, a scuola ed in contesti extrascolastici”.
Una tenda a Collemaggio, a Roma e a Milano il 6 aprile
Per simboleggiare il lavoro fatto e in corso Save the Children ha installato una tenda difronte alla Basilica di Collemaggio (dalle 11.00 alle 13.00): bambini e ragazzi hanno la possibilità di disegnare e lasciare un proprio messaggio a commento della giornata.
E due tende sono state allestite anche a Roma (Piazza San Giovanni, dalle ore 10.00 alle 17.00) e a Milano (Piazza Cairoli, angolo Via Dante: dalle ore 10.00 alle 17.00) dove è possibile vedere una mostra fotografica sull’emergenza del terremoto e le attività di aiuto di Save the Children in Abruzzo e in altri paesi colpiti da disastri naturali ed emergenze umanitarie.
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