Riportiamo il testo integrale dell’Omelia che l’Arcivescovo Metropolita dell’Aquila Mons. Giseppe Molinari ha pronunciato questa sera nella Chiesa delle Anime Sante durante un consiglio regionale commemorativo per le vittime del sisma, presenti il presidente Chiodi, il presidente della provincia Del Corvo, il prefetto Gabrielli.Un caro saluto a tutti. E un grazie di cuore.
Aver desiderato che proprio in questo giorno (anniversario della più grande tragedia che ha colpito L’Aquila in questi ultimi tre secoli) e in questa Chiesa, divenuta ormai simbolo della nostra città, si celebrasse questa Eucarestia, è una scelta che vi fa onore. E’ una scelta per la quale la Chiesa di L’Aquila e, penso, tutta la comunità aquilana vi ringrazia immensamente.
- In questa Santa Eucarestia pregheremo, innanzitutto, per tutte le vittime del terremoto.
I volti di questi nostri fratelli e sorelle ci sono sempre presenti. Le loro vite spezzate così tragicamente ci sono sempre presenti. Anche se continueremo a chiederci ogni giorno: perché Signore?
E forse ancora una volta ci risuonerà all’orecchio il rimprovero di Gesù Risorto, che ai discepoli di Emmaus ricordava le Scritture e le profezie della Passione di Cristo.
Soprattutto ci ritornerà alla mente l’immagine che usa Gesù nel Vangelo: “Se il chicco di grano cade a terra e muore produce molto frutto”.
Ma rimarrà sempre un grande mistero per noi scoprire la fecondità della croce e del dolore. Solo la fede può aiutarci a vincere questa oscurità. Solo la fede può aiutarci ad accettare e a sperare e a guardare oltre.
Chiediamo, allora al Signore, che doni a questi nostri fratelli e sorelle la vita vera e la gioia senza fine.
E chiediamo al Signore che doni ai parenti delle vittime tanta forza, tanta speranza e tantissimo conforto.
- Ma in questa Eucarestia, io vorrei pregare tantissimo, insieme con voi, per il futuro di questa nostra città. Il pianto, la solidarietà, la condivisione del dolore sono già doni grandi. Ma penso che in questo momento e nei giorni che verranno la nostra città e tutti gli Aquilani avranno bisogno non di belle parole, di promesse che non costano nulla, ma di gesti di solidarietà e di aiuto di estrema concretezza.
- E in questa prospettiva permettete che mi soffermi, insieme a voi, a meditare almeno un po’ sulla bellezza della vostra vocazione ad essere appassionati cercatori del bene comune (perchè questo è la politica vera!)
Si sente spesso parlare male della politica. Purtroppo, come in tutti i settori della vita sociale,non mancano anche tra voi delle ombre. E queste “ombre” spesso vengono sottolineate e pubblicizzate più che per altre categorie. Forse perché siete persone non solo con un ruolo importante ma anche con maggiore visibilità del vostro operato, che è continuamente sotto gli occhi di tutti.
Ma è un male per tutta la società vedere il ruolo degli Amministratori e dei Politici spesso così disprezzato e quasi privato di ogni valore per quel che concerne il bene di tutta la comunità civile.
Io vi auguro, invece, di prendere sempre più coscienza dell’importanza e della bellezza della vostra vocazione.
Mi viene qui spontaneo citare ( come ho fatto altre volte, in molte occasioni) il pensiero di un grande Papa, Pio XI. Il 18 dicembre 1927, Pio XI incontrò i dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica e così si rivolse loro: “I giovani si chiedono talvolta se, da cattolici, non devono dedicarsi ad una certa politica. E, dopo aver approfondito studi su tale argomento, giungono a stabilire da sé le basi della vera, della buona, della grande politica, quella che tende al maggior bene, il bene comune, quello della “polis”, della “civitas” e intorno al quale gravitano tutte le attività sociali.
Facendo ciò, i cattolici, comprendono e adempiono uno dei più grandi doveri cristiani, perché più è vasto e importante il campo nel quale si può lavorare, più importante è l’obbligo. E tale è il compito della politica che riguarda gli interessi dell’intera società e che, sotto questo profilo, è il campo della più vasta carità, della carità politica, del quale si può dire che nessun altro gli è superiore, eccetto quello della religione. In questo spirito i cattolici e la Chiesa devono considerare la politica”.
- Ci sono affermazioni analoghe anche di altri tra gli ultimi Pontefici.
Mi piace ricordare Paolo VI che presenta la politica come un atto d’amore, “una maniera esigente – ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri…..un servizio efficace e disinteressato agli uomini” (Ocotogesima adveniens, 1971, n. 6).
E sempre lo stesso Paolo VI innesterà, in modo profetico, questo concetto nella grande visione della “Civiltà dell’amore” tracciata nel Natale del 1975.
Paolo VI in quell’occasione usò un linguaggio entusiastico e quasi ardito, affermando che il segno dei tempi è l’amore del prossimo e dichiarando che “la sapienza dell’amore fraterno….esploderà con novella fecondità, con vittoriosa felicità, con rigenerante socialità”.
Ma Paolo VI vuole rassicurare tutti che la “civiltà dell’amore” non è “un’innocente ma fatua ingenuità”, né un “irenismo illusorio”, ma “una volontà cosciente della sorte destinata a chi fa dell’amore sociale, della carità, il proprio impegno prioritario” (25 dicembre 1975).
E mi piace citare anche Giovanni Paolo II che alla cittadinanza di Crema, riunita davanti al Santuario di S. Maria della Croce, così diceva: “Fate della politica un modo privilegiato di vivere la carità” (Cfr. L’Osservatore Romano, 21 giugno 1992).
- Carissimi fratelli e sorelle, impegnati nell’Amministrazione Pubblica e nella Politica, qualcuno di voi si sarà chiesto: ma perché l’Arcivescovo ci parla della vocazione alla politica, invece del terremoto?
Per il motivo che ho già accennato prima.
L’Aquila dopo il sisma è diventata più povera e più vulnerabile. Soprattutto per quanto riguarda il lavoro e lo sviluppo economico.
Io vorrei supplicarvi davanti ai nostri 308 morti: non abbandonate questa città! Non permettete che muoia.
Ho davanti agli occhi lo spettacolo (che ogni volta mi turba profondamente!) di uomini e donne di tutte le età (ma soprattutto di giovani) che cercano disperatamente un lavoro.
Spesso rifiutano altri tipi di aiuto ( e lo fanno con fermezza e tanta dignità!).
Soprattutto se sono giovani e pensano al loro futuro sognano un lavoro stabile, dignitoso, che li faccia uscire da una situazione di precarietà.
- Carissimi Amici e nostri Amministratori, io non vi chiedo dei miracoli. Nessuno vi chiede miracoli o meglio cose impossibili. Ma voi avete delle precise responsabilità!
Spesso, anche nel nostro Abruzzo e nella nostra città dell’Aquila, la politica si è ridotta a dei litigi, conflitti, beghe assurde, corruzioni, dilapidazione dei soldi destinanti ai cittadini, soprattutto ai più deboli e indifesi.
Perché non ci è concesso di poter sognare che la nostra Città e la nostra Regione possano diventare un giorno (presto!) un grande laboratorio di un nuovo modo di fare politica e di amministrare?
Il terremoto è stata una tragedia immensa. Ma se ci avrà insegnato a mettere da parte tutte le polemiche sterili, le ideologie che dividono, gli interessi privati, che spesso tentano di avere il sopravvento sulla ricerca del bene comune, potremo dire che la tragedia non ha portato solo distruzione, dolore e morte.
Se il terremoto avrà insegnato a valutare con altri criteri la nostra vita e le nostre scelte, se ci avrà insegnato che può esistere una società dove democraticamente e pacificamente si può convivere, pur avendo convinzioni diverse, ma tutti uniti dalla passione per il bene comune, dal rispetto della vita, della persona, della famiglia, della libertà di ognuno, allora perfino da una tragedia così immensa può nascere una stagione nuova per la nostra città.
- Carissimi Amici, impegnati nella politica, non dite che questa è un’utopia. O che è impossibile. Se sarete uniti dalla vocazione alla vera politica e dall’unica passione per il bene comune, tutto ciò sarà possibile.
Ma se non si avvererà questo sogno ci ritroveremo davanti una realtà ancor più triste e insopportabile.
Aumenterà la schiera dei poveri, dei disoccupati, dei senza speranza.
L’economia della nostra città sarà sempre più in crisi.
La ricostruzione apparirà sempre più difficile e lontana.
E apparirà sempre più inarrestabile l’agonia di questa città.
Coraggio! Voi potete impedire questa agonia. E ridare speranza a tutti. Soprattutto ai giovani.
Questa sera siamo qui per ricordare chi non c’è più. Ma siamo anche qui per pensare al futuro. Al nostro futuro. Al futuro delle nuove generazioni dell’Aquila.
Il vostro ruolo è decisivo. Non mancate a questo grande appuntamento con la storia della nostra città. Possano gli aquilani di oggi e di domani benedirvi per tutto quello che farete per il bene di questa città.
Grazie! Il Signore della vita e della storia renda illuminate, sapienti, lungimiranti, coraggiose ed efficaci le vostre scelte. E il Signore vi benedica oggi e sempre.
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