Il leader dei Rokes, accento inglese e leggendaria chitarra a freccia , con “E la pioggia che va” o “Ma che colpa abbiamo noi”, ha dato un sottofondo musicale ai sogni della più inquieta gioventù italiana, ancora ignara di suoni internazionali. Ora è un signore di 67 anni, elegantemente freakettone, mechès grigie e aitante magrezza da ragazzino. Shel Shapiro è uomo dalle mille vite. Tre anni presentava a Rubiera, “Sarà una bella società”, un monologo scritto con Edmondo Berselli, diventato in breve un piccolo evento. E ora ci riprova con “Io sono immortale” (Mondadori): uno dei migliori libri scritti da un musicista. Parla di lui, del suo arrivo in Italia a metà Sessanta, degli inizi con Rita Pavone e poi del successo, le groupies, la cena con Jimi Hendrix. Ma è la seconda parte quella più sificativa, quando parla del suicidio della compagna Mariolina nel ’92, della separazione dalla seconda moglie Cristina nel ’97 e, l’anno dopo, della sua terribile depressione “raso moquette”. Poi, la rinascita, prima e dopo una vita da testimone diretto di creazioni artistiche. Parla di Mia Martini, Tenco, Bastisti, Cementano, ma anche di Ligabue, Biagio Antonacci e Tiziano Ferro. Parla anche dell’incontro causuale, in treno, con Moni Ovaia e della esperienza teatrale di “Shylock Il Mercante di Venezia, sulla terribile eguaglianza degli esseri umani. ”Infine parla dell’Italia, tratteggiata come “un paese che ha bisogno d’un uomo forte che decida le cose”, “una società arretrata di trecento anni rispetto alle democrazie più evolute”. Berlusconi ha una personalità che “deborda, trascende, diventa quasi ridicola. Ma in qualche modo è proprio quella la sua forza. Oddio, questa forza l’aveva anche Hitler”.
Carlo Di Stanislao
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