Stamane Corradino Mineo ha intervistato Conchita Sannino, la giornalista di Repubblica che, un anno fa, fece esplodere lo scandalo Noemi. La stessa ha appena pubblicato, su quello ed altri fatti, un libro dal titolo emblematico: “La bolgia” (Ed. Feltrinelli), richiamandosi al senso dantesco del termine, cioè luogo o fossa chiassosa, in cui regna una estrema confusione. Un libro che ci porta in un’Italia di “genti dolorose”, ridotta ad inferno dantesco, con cerchi concentrici e che sprofondano, sempre più abissali, in un orrido fatto di vizi, arroganza, strapotere, conflitti d’interesse e quant’altro. Dalla periferia desolata di Napoli, tra montagne di rifiuti in fiamme, dopo una festa di compleanno in un anonimo ristorante di Casoria che ha per protagonisti Silvio Berlusconi e la diciottenne Noemi Letizia, parte un racconto che punta al cuore malato del potere. Un’indagine avvincente come un romanzo, ma ancorata alla nuda verità dei fatti. L’immagine, elaborata con scrupolo di cronista e capacità d’analisi, di una città e di un paese negli anni cruciali del berlusconismo. Il mistero di Noemi e della sua famiglia, le menzogne del Cavaliere, l’effetto del “Casoriagate” sul voto delle Europee. Dalle feste di Villa Certosa e le tensioni con la Chiesa fino al caso Boffo, la crisi della spazzatura e l’aggressione al premier a Milano. Sullo sfondo, la folla di aspiranti “pupille” sorrette da madri partecipi, che inseguono i capricci del Principe in cambio di una carriera televisiva o parlamentare. Resoconti frettolosamente archiviati come “cronaca rosa” consegnano l’affresco di un’Italia al bivio. Dove il destino personale di un leader incrocia le storie di gente comune. E la politica diventa bolgia, sempre più caotica e infernale, dopo la “frattura” fra Fini e Berlusconi, con crepe vistose profonde nei muri portanti del Pdl. E il silenzio di queste ore, nella vociante bolgia della politica attuale, non promette nulla di buono e, anzi, evoca la quiete che precede le grandi tempeste. Ieri, i coordinatori del Pdl Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi, in una nota congiunta diffusa al termine di un incontro con Berlusconi, scrivono che: “l’atteggiamento di Fini provoca amarezza ed è “sempre più incomprensibile” e dicono il vero, poiché nella fossa infernale dell’Italia di oggi, chi si richiama a principi morali, di ascolto, attenzione sociale e condivisione nelle riforme, è lui la voce fuori dal coro. Con sottile malizia annota oggi Repubblica, che l’eventuale costituzione di gruppi parlamentari ‘finiani’ potrebbe sconvolgere la mappa politica e dare un volto completamente nuovo alla maggioranza, se non addirittura metterla in affanno numerico. Gli ex di An presenti nel gruppo del Popolo della libertà alla Camera (270 deputati) sono una novantina e tra questi i cosiddetti finiani ‘doc’ sarebbero una trentina. Al Senato su 47 senatori ex An (il gruppo Pdl è composto di 144) i finiani sarebbero 10-12. Attualmente alla Camera la maggioranza di centrodestra può contare su 270 voti Pdl, 60 della Lega, 2 repubblicani e popolari del gruppo misto e 9 tra Mpa rimasti fedeli a Lombardo ed ‘ex’, vicini al sottosegretario agli Esteri, Enzo Scotti. Al Senato il gruppo Pdl è di 144 unità e i leghisti sono 26, più alcuni senatori Mpa o ‘ex’. In realtà, basterebbero una trentina di deputati e meno di 15 senatori per mettere in seria difficoltà il governo già nel prossimo esame di provvedimenti come la giustizia o le eventuali riforme. Ma il vero problema è un altro è ben espresso da Conchita Sannino: basterà la costituzione di questi gruppi o un ravvedimento unitario della sinistra a trasformare il vociare di bolgia in attenzione reale verso il Paese?
Carlo Di Stanislao
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