Nel cortile di Montecitorio i deputati che fanno riferimento alla terza carica dello Stato e che si preparano alla riunione di oggi 20 aprile, discutendo tra loro e con i cronisti, mostrano un’atmosfera tesa, soprattutto nei confronti di chi tra gli uomini vicini a Fini, viene accusato di aver “lavorato per arrivare allo strappo”. Ieri il ministro della Difesa Ignazio La Russa, aveva annunciato che non sarebbe andato alla riunione dei finiani per discutere di una eventuale scissione dei gruppi parlamentari. Lo ha detto parlando a Milano a margine del “Tavolo per la Lombardia” al Pirellone. “Fini ha invitato alcuni parlamentari di An a parlare con lui e mi pare il minimo che potesse fare. Non è una riunione di ex An e neppure di finiani – ha detto – ma è un incontro informale di alcune persone che Fini ha invitato e fra queste per esempio non c’è Alemanno e nemmeno Matteoli e nemmeno io ci sarò, anche se ho parlato a lungo con Fini. Non c’è nessuna ipotesi di scissione – ha continuato – e sanno tutti quale è la mia posizione. Io sono un uomo del Pdl e penso che questa strada una volta imboccata vada portata avanti. Bisogna evitare di rompere il Pdl perchè questo percorso va rafforzato e integrato e reso più adatto a interpretare la volontà della stragrande maggioranza degli italiani”. Sul congresso La Russa ha dichiarato che: “Non è una necessità perchè è previsto”. Il sottosegretario all’ambiente, Roberto Menia se la prende con Italo Bocchino: “Ho detto senza peli sulla lingua a Bocchino di smetterla – dice – perche’ gia’ ha fatto abbastanza danni, e l’ultimo caso e’ stata la rissa in tv cui tutto il mondo ha assistito. Sono stufo delle sue inziative e delle sue uscite e non mi sento rappresentato da queste persone. Io sono leale a Fini ma anche a Berlusconi, sono al governo grazie al loro. Quindi l’ipotesi di creare gruppi separati, addirittura scissioni o uscite dal Pdl e’ un’assoluta sciocchezza. Io non sono ne’ per i ricatti ne’ per i doppi giochi. Voglio stare nel Pdl e dire liberamente come la penso: per esempio voglio avere la liberta’ di dire che la legge sulla cittadinanza breve io non la condivido affatto”. Sulla stessa linea Amedeo Laboccetta, che si avvicina al capannello e sottoscrive le parole di Menia: “Io la penso come lui , anzi, di piu’. Sono pronto a dimettermi da parlamentare se Gianfranco Fini desse ascolto a chi lo consiglia di fare questa follia di dare vita a gruppi autonomi. Io sono contrario a gruppi autonomi, gruppi di pressione o componenti organizzate. Per una vita ho fatto il consigliere comunale e ho sempre contestato l’atteggiamento dei peones della maggioranza. Non voglio trasformarmi, a 62 anni, in un peone della maggioranza.” Di parere opposto Fabio Granata, Maria Ida Germontani, Enzo Raisi e un altro gruppetto che si prepara all’incontro, persuasi che l’unica sia quella di fare dei gruppi autonomi e se necessario anche una scissione, ripartendo dal marchio riconosciuto di Alleanza Nazionale. Il vice presidente dei deputati del Pdl, Carmelo Briguglio, sul sito di Generazione Italia, non vede come un “dramma” una divisione: “Al posto del partito unico, due partiti di centrodestra, con profilo diseguale e proprie specificità, legati da un rapporto di coalizione, dall’alleanza di governo, dal programma comune votato dagli elettori”. Una scissione “morbida” che le parole di Maurizio Gasparri, un tempo fedelissimo di Fini e ormai in rotta di collisione, spazzano via: “Gli italiani ci chiedono di governare, non di scatenare risse. Se si rompe il patto con gli elettori si va di nuovo a votare.La gente chiede il bipolarismo e non la frammentazione, il nuovo partito è un errore”. Un no alla scissione viene anche dal governatore del Lazio, Renata Polverini: “Credo che il Pdl sia stato una grande intuizione di Berlusconi e Fini che insieme devono continuare in questo grande progetto. La sintesi è possibile e tutti stiamo lavorando in questa direzione”. Categorico il primo cittadino di Roma Gianni Alemanno: “La scissione è un tema tramontato”. Anche Bossi, intanto, fa sentire la sua voce: “”Noi della Lega abbiamo un sacco di voti. Senza di noi, sono deboli. Fini sa fare i conti e quindi sa che ha bisogno della Lega. Sa che fuori dalla coalizione di governo non ha alcun posto”. E proprio al leader del carroccio Berlusconi dedica un pensiero, ultimo passaggio dell’intervista dedicato al rapporto con la lega.: “Bossi è l’unico alleato che abbiamo e ha sempre dimostrato saggezza, acutezza politica e assoluta lealtà; che Dio ce lo conservi e sono sicuro che ce lo conserverà”. Non sappiamo se dai finaniani nasceranno scissoni, gruppi autonomi o quant’altro, ma è certo che ormai in questa area è nata una “tregua armata” nei confronti di Berlusconi e del Pdl. Ma il vero problema lo ha presentato ieri, dalle pagine de La Stampa, , Luca Ricolfi, che sosteneva che “con il trionfo della Lega alle Regionali di marzo, tutto è cambiato, non solo nei rapporti interni al centro-destra, ma nella struttura profonda del sistema politico italiano”. Secondo Ricolfi le spinte “scissioniste” pervadono sia il centro destra sia il centro sinistra. La ragione vera è che Pd e Pdl, per quanto appena nati, sono già due partiti vecchi. Credono di rappresentare la sinistra e la destra, in un momento in cui il conflitto centrale non è fra eguaglianza e libertà, ma molto più prosaicamente fra interessi dei territori produttivi (non tutti nel Nord) e interessi dei territori assistiti (non tutti nel Sud). Se Fini e Chiamparino facessero il grande passo (di separarsi dalla “casa madre), quello cui potremmo assistere è un pericoloso conflitto fra uno schieramento nordista, formato da Lega, Pd del Nord e Pdl (senza i finiani), e uno schieramento sudista, formato dalla resuscitata Alleanza nazionale, dall’Udc e dal Pd nazionale (privato della costola del Nord). E questo pericolo è sottolineato anche oggi da Alessandra Mieli su L’Opinione.
Carlo Di Stanislao
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