“Il governo non ha intenzione di presentare proposte emendative al ddl sulla riforma forense”. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervenendo questa mattina in Aula Senato al dibattito parlamentare sul disegno di legge Modifiche al regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, in materia di riforma dell’accesso alla professione forense e raccordo con l’istruzione universitaria, all’esame dell’Assemblea dal 15 aprile scorso.
Obiettivo delle nuove norme è “assicurare indipendenza e competenza agli avvocati italiani, attrarre investitori e capitali e, allo stesso tempo, difendere i diritti dei cittadini”. Il guardasigilli ha spiegato inoltre che la riforma forense si inserisce in un più ampio progetto di riordino delle libere professioni. “Deve costituire il punto di equilibrio tra quattro obiettivi: la tutela del cittadino consumatore, la tutela della dignità dei professionisti, la garanzia di un futuro dignitoso ai giovani meritevoli e il rispetto degli impegni comunitari”.
Ritengo scandaloso oltre che incostituzionale, prevedere una norma che stabilisca la cancellazione dall’Albo degli Avvocati di coloro che non raggiungono un certo limite di reddito e/o un certo numero di nuove cause all’anno: ognuno ha diritto di lavorare quanto vuole, e di applicare nei limiti di legge le tariffe che ritiene opportune. Si tratta di una norma volta a cancellare dall’Albo un numero cospicuo di avvocati a favore degli Studi legali grossi ed affermati al fine di creare una casta di far guadagnare sempre di più quelli che già ora guadagnano tanto e di impedire la libera concorrenza.
Alessandro.