“Chi crede non si imbatterà mai in un miracolo. Di giorno non si vedono stelle”, scrive Franz Kafka nel Terzo quaderno de “Gli otto quaderni in ottavo”. Ma noi crediamo che la ricostruzione della Città di L’Aquila, la cui storia gloriosa è al centro del libro “Templari – Dov’è il Tesoro?” (Mondadori, Rai Eri) di Roberto Giacobbo, debba procedere spedita, prima della prossima emergenza (inter-)nazionale. Il catastrofico terremoto di magnitudo 6.9 avvenuto in Cina, nella zona del Qinghai meridionale alle ore 1:49 italiane del 14 aprile 2010, ha lasciato sul campo oltre duemila morti e 13 mila feriti, confermando lo scenario della distruzione sismica dei centri abitati costruiti dove non si dovrebbe, privi non solo dei più elementari criteri di messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati, ma anche di una protezione civile in grado di prevenire simili scenari con strategie d’intervento sicuramente alla portata del Celeste Impero, prima potenza economica e finanziaria mondiale. E in Italia le nostre case sono sicure? Se l’edificio non è sicuro si può intervenire? Per valutare il grado di sicurezza e la stabilità dell’edificio, è necessario chiedere l’intervento di un tecnico abilitato (ingegnere, architetto) che provvederà a verificarne la staticità puntuale e globale. La valutazione consiste nella raccolta di tutta la documentazione tecnica necessaria per risalire all’anno di costruzione dell’immobile e per verificare se è stato progettato o meno con criteri antisismici. In presenza di danni che non siano tali da renderne necessaria la demolizione (lesioni, avvallamenti dei solai) il tecnico effettuerà una serie di indagini (sulla qualità del calcestruzzo, sulla muratura portante, sulla quantità e qualità del ferro presente) per valutare gli eventuali interventi di adeguamento. Se l’edificio non è sicuro si può intervenire, migliorando la resistenza statica globale dell’intero immobile eseguendo interventi di consolidamento ed adeguamento sismico. Tali interventi consistono nel rinforzare gli elementi strutturali del fabbricato quali pilastri, travi, solai, scale, fondazioni e murature portanti secondo quanto previsto dalla normativa antisismica vigente. Questa è la prima linea di difesa contro i terremoti. E in caso di eruzioni vulcaniche? Prima diamo un’occhiata alla mappa delle sorgenti sismogenetiche redatta dai ricercatori del DISS Working Group, per renderci conto di cosa abbiamo sotto i piedi. Secondo Luca Valensise dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) “si tratta di sorgenti sismogenetiche per una precisa scelta operativa. Le mappe di pericolosità, gli scenari deterministici e tante altre cose, richiedono una rappresentazione semplificata della sorgente sismogenetica nel suo complesso, non un’analisi di dettaglio delle numerose faglie di superficie che l’accompagnano: il terremoto di L’Aquila del 6 aprile 2009 è un ottimo esempio di questa circostanza”. In secondo luogo “si tratta di sorgenti sismogenetiche capaci di terremoti di M 5.5 e superiori, motivo per cui ad esempio non c’è nulla in Toscana centrale (dove i terremoti di solito non arrivano a quel valore di magnitudo, ma ci sono eccome). Anche questa soglia risponde ad una precisa scelta operativa condivisa in molte aree del globo. In altre aree a sismicità ancora più aggressiva ci si accontenta di partire da magnitudo 6.0 o addirittura 6.5”. La completezza della mappa “è un problema scientifico nuovissimo e del tutto aperto. I ricercatori del DISS Working Group, del quale faccio parte e a cui si deve l’immagine – fa notare Valensise – si sono posti forse per primi nel mondo il problema della completezza delle faglie”. Che si declina così: data la regione sismica X, conosciamo tutte le sorgenti sismogenetiche che cadono al suo interno e che sono in grado di dare un terremoto di Magnitudo 5.5 o superiore? “Rispondere a questa domanda è complesso e richiede che i dati di geologia e tettonica vengano integrati da dati storici, da dati sismologici e da dati di deformazione (Gps). Si possono elaborare dei test che confrontano il potenziale sismogenetico previsto dalle sorgenti contenute nel database DISS con il potenziale che si evince dai cataloghi storici, ad esempio, e valutare così quanto ci si sta avvicinando alla completezza, fermo restando che anche il catalogo storico può essere incompleto o sovracompleto a causa di sovrastime di terremoti storici”. Alcuni ricercatori criticano questo approccio in modo aprioristico e senza veramente sapere di cosa si sta parlando? “Succede nell’ambito scientifico anche perché noi stiamo creando un ponte ardito tra discipline abbastanza distanti come la sismologia strumentale e la geologia, ma alla fine contano i fatti”. E i fatti confermano che lo schema proposto dal DISS Working Group (descritto in modo esauriente in un lavoro pubblicato è stato dapprima selezionato come base per l’armonizzazione della pericolosità sismica a scala europea , poi è diventato uno dei sistemi di riferimento per l’iniziativa globale GEM. A che profondità sono collocate le sorgenti sismogenetiche illustrate nella mappa? “Le profondità variano da pochi km a 25-30, senza contare la zona di subduzione dell’arco calabro. E’ possibile collegarsi con il sito e guardare le profondità indicate. La Terra è fatta a strati. Uno dei contributi più importanti della moderna sismologia consiste nell’utilizzare le onde, prodotte dai terremoti che attraversano il cuore della Terra, come una sorta di “Tac” per stabilire la profondità e la natura fisica dei vari strati di “cipolla”. E’ quanto hanno studiato Nicola Piana Agostinetti e Alessandro Amato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con un lavoro in cui vengono effettuate delle stime molto accurate della profondità dello strato chiamato Moho (dal nome dello scienziato Mohorovicic), quello che segna la transizione fra la crosta più rigida della Terra e il più plastico strato sottostante chiamato mantello. La profondità della discontinuità di Moho nella penisola italiana varia da zona a zona. Per esempio nell’area tirrenica si trova a circa 20-25 km, nella zona adriatica da 30 a 35 km, nella fascia appenninica sprofonda fino a 50 km. Questo lavoro recentemente è stato pubblicato sul Journal of Geophysical Research. Stabilire con tale accuratezza i limiti della discontinuità di Moho, può essere utile a capire meglio la dinamica delle placche? “La conoscenza della struttura della crosta e del mantello – fa notare Alessandro Amato – è importante per comprendere l’evoluzione geologica di una regione. Nel caso dell’Italia e del Mediterraneo permette di ricostruire i processi di subduzione e collisione che hanno portato alla nascita delle catene montuose, come ad esempio gli Appennini, e di capire meglio la sismicità italiana”. Non solo. “Queste informazioni sono utili per studiare la propagazione delle onde sismiche e prevedere il moto del suolo in occasione di forti terremoti. Con questo lavoro gli studi dei ricercatori dell’Ingv si collocano nella tradizione degli studi dell’Istituto che ha cominciato a svolgere ricerche di questo tipo fin dalla sua costituzione”. Il primo lavoro pubblicato risale al 1938 ed è dovuto al geofisico Pietro Caloi che determinò la profondità della Moho dell’Italia Nord Orientale collocandola a 40 km. “Questa ricerca, come molte altre in corso sulla struttura profonda della nostra regione, è stata possibile grazie al forte miglioramento che ha avuto la Rete Sismica Nazionale dell’Ingv negli ultimi anni. Lo studio è stato fatto con i dati dei terremoti che avvengono ogni giorno nel mondo e che la nostra rete registra accuratamente. La densità e qualità dei dati oggi disponibili permette delle ricostruzioni più dettagliate rispetto al passato”. Dunque, non sono necessarie altre manifestazioni “tettoniche” di natura femminile, per stabilire un collegamento diretto tra terremoti di superficie e di profondità! Occhio, piuttosto, alle sorgenti vulcaniche note e ignote nel Mediterraneo, capaci di proiettarci all’era della pietra in pochi istanti. Saggia scelta quella di allargare la zona rossa del Vesuvio che “resta il problema più grosso che abbiamo’ anche se il vulcano che potenzialmente ha il colpo in canna è Ischia”. Parole del capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso. La situazione sui vulcani italiani e il lavoro della Protezione Civile nazionale per le attività di pianificazione e monitoraggio del rischio, sono al centro dell’impegno diretto di un uomo già nella Storia d’Abruzzo. Bertolaso spiega che “ci sono alcuni vulcani attivi che stanno riposando come l’Etna, lo Stromboli, Vulcano, Campi Flegrei, il Vesuvio, Ischia e Pantelleria. ‘L’ultima eruzione di Ischia risale all’Anno Domini 1300 ma il monte Epomeo è cresciuto in altezza di 300 metri. Si sta caricando la camera magmatica che potrebbe in un futuro lontano provocare un’eruzione”. Quanto al Vesuvio Bertolaso sottolinea che “è necessario allargare la zona rossa che comprende 18 comuni, per una popolazione di circa 600mila abitanti, a un milione di persone, tra cui molti abitanti di Napoli. Sulla base di nuove verifiche entro fine anno adegueremo il piano di evacuazione, che dovrebbe avvenire in 3-4 giorni”. Anche l’Abruzzo è pronto a fare la sua parte. Ma sono i vulcani sommersi i più insidiosi. In Italia partirà a breve uno studio, coordinato dalla Protezione Civile, su dodici vulcani sommersi che caratterizzano il Mar Tirreno e il canale di Sicilia. Il Premier Silvio Berlusconi ha firmato l’ordinanza di Protezione civile con cui si darà il via a una serie di ispezioni subacque e di valutazione dei rischi e dei pericoli portati dai dodici crateri magmatici italici.
La firma dell’ordinanza è stata annunciata dal Capo Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso. “Si tratta di un’attività che non ha precedenti nel mondo – fa notare Bertolaso – infatti dobbiamo alzare il velo su questi vulcani sommersi che non vediamo e cominciare a localizzarli esattamente, per prevenire i rischi di possibili tsunami”. Tra questi il Vavilov e il Marsili uno dei vulcani con la superficie sommersa tra i più grandi al mondo. Lo Stromboli, alto quanto l’Etna (per due terzi è sommerso), “oggi è uno dei vulcani più sorvegliati al mondo”, dopo il fenomeno del 30 dicembre 2002 quando il distacco di una considerevole massa in mare (a una profondità di 2000 metri), provocò uno tsunami che causò onde molto alte ma che, complice la stagione invernale, causò solo un ferito lieve. “Se lo stesso evento si fosse verificato in piena estate – sottolinea Bertolaso – il bilancio sarebbe stato sicuramente ben più pesante”. Ma è altrettanto urgente la creazione di un sistema condiviso di prevenzione e di controllo dei cieli d’Europa, per evitare che possano ripetersi episodi come il blocco totale della circolazione aerea a seguito dell’emissione di gas e ceneri di un vulcano come quello islandese del ghiacciaio Eyjafjallajokull. Guido Bertolaso sostiene che “se l’Europa fosse stata capace di realizzare una rete per rilevazione della cenere avremmo potuto impedire il blocco totale”. Le eruzioni vulcaniche su scala planetaria, certamente, possono essere un efficace banco di prova della Protezione civile. Senza dimenticare i ben più catastrofici scenari da impatto cosmico di un asteroide o di una cometa che potrebbero paralizzare l’economia e i soccorsi dell’intero pianeta per anni. Immaginate la gigantesca nuvola di cenere e gas prodotta dall’eruzione islandese e moltiplicatela per un numero a vostra scelta! La cenere vulcanica è composta da particelle di roccia vitrea con un diametro inferiore ai 2 millimetri. Quando un aereo ci finisce dentro alla sua velocità di crociera, il vetro della cabina di pilotaggio si insabbia. La polvere entra nei motori e nella camera di combustione si fonde formando dei grumi in grado di bloccare le turbine…Nel caso di impatto cosmico non a carattere estintivo (la migliore delle ipotesi più favorevoli) le nostre strategie di difesa sarebbero semplicemente inutili e gli effetti sul clima terrestre inimmaginabili. Per questo occorre sempre ascoltare la voce della comunità scientifica internazionale, onde evitare inutili e ben peggiori allarmismi: il blocco del traffico aereo europeo è stato certamente un buon banco di prova sull’assunzione di responsabilità. Una proposta: perché non utilizzare le cosiddette “Domeniche Ecologiche” per le esercitazioni di Protezione civile territoriale, nei più svariati scenari, alla presenza di scienziati e ricercatori? E torniamo ai Templari di Giacobbo. “Conoscere i Templari non cambia la vita, non conoscerli rende più difficile cambiare vita. La storia, spesso, nasconde un doppiofondo. E la storia dei Templari in particolare suggerisce ipotesi capaci di stravolgere la nostra visione del mondo. Non è un caso che questo mitico Ordine cavalleresco, che conquistò in poco tempo un enorme potere dopo la Prima crociata per poi venire soppresso con la forza nel 1314, conti ancora tanti appassionati ed eserciti tanto fascino. Il sacro Graal, la Sindone, l’Arca dell’alleanza: sono solo alcuni, i più noti, fra i misteri che aleggiano attorno alla fantastica avventura dei Templari”. In questo libro Roberto Giacobbo ci accompagna in una vera e propria caccia al tesoro, il leggendario tesoro dei Templari. E a ogni indizio lasciato dai Templari nel loro lungo viaggio, si aprono scenari inauditi sul passato che abbiamo dato finora per scontato. Le crociate, l’elezione di papa Celestino V, la fondazione della Città di Aquila, la nascita del santuario di Loreto, la scoperta dell’America, la rivoluzione francese, Mozart, Goethe, Dante Alighieri…Come se la vicenda dei Templari fosse il più grande giallo architettato dalla Storia e la soluzione fosse proprio a un passo dall’essere scoperta. Noi crediamo che il più grande tesoro ereditato dai nostri antenati, sia la ragione, l’umiltà, la fede e la passione per la verità. Ottimo viatico per il futuro. Una lezione che la Politica italiana ancora non ha imparato. I Templari hanno ancora molto da insegnare in tema di organizzazione, leadership e lavoro per obiettivi.
Occhio alle sorgenti sismo genetiche nel Mediterraneo
“Chi crede non si imbatterà mai in un miracolo. Di giorno non si vedono stelle”, scrive Franz Kafka nel Terzo quaderno de “Gli otto quaderni in ottavo”. Ma noi crediamo che la ricostruzione della Città di L’Aquila, la cui storia gloriosa è al centro del libro “Templari – Dov’è il Tesoro?” (Mondadori, Rai Eri) di […]
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