E’ così, mi ci sono “logorata” il cervello per capirle.( In specie le occidentali che abiurano passando all’Islam e così rendendosi disponibili ad essere la seconda o terza o quarta moglie di un uomo). E qui già anticipo la mia conclusione deduttiva, cioè ritengo che per le musulmane la poligamia possa sembrare il male minore ben conoscendo le rigide e spesso crudeli regole ambientali o, forse ancora di più, che possa essere la condizione più vantaggiosa essendo la poligamia accessibile soltanto agli uomini economicamente solidi. Per le donne che passano dal Cristianesimo all’Islam mi pare un problema (nel problema) troppo delicato e particolare per essere accorpato a quello delle sorelle di nascita musulmana, per cui preferisco se del caso parlarne a parte.
E’ abbastanza noto dunque che nell’Islam è tassativo per legge tramandata dal Profeta che l’uomo abbia sì il diritto di avere fino a quattro mogli ma che deve essere in grado di trattarle allo stesso identico modo. Cioè a ciascuna e relativi figli l’alloggio il mantenimento, il benessere.
Qui non è il caso di esaminare la veridicità dell’effettiva pratica di questo assunto, preferisco fare riferimento alle molteplici differenze tra le tante anime musulmane (non dovunque è praticata la poligamia) e non al modo di eludere la legge coranica che pare anch’esso assai diffuso ( vedasi i matrimoni della durata di tre o più mesi visto che il musulmano non dovrebbe poter “conoscere” una donna senza sposarla).
Ma anche tentare dei distinguo tra le diversità e le inosservanze dei dettami coranici non è agevole e non proporzionato alle dimensioni di un pulviscolo. Mi limito quindi a sommari paragoni che ritengo giusto esporre freddamente, cioè non facendo sconti né ai costumi islamici né ai nostri costumi.
Prima di mettere a fuoco le ragioni delle mie conclusioni sgombero la questione dalla banale argomentazione islamica contro il nostro rigetto etico della poligamia che accusa gli uomini occidentali compresi quelli che rivendicano radici cristiane di vivere secondo un regime di totale ipocrisia poiché si concedono è vero una sola moglie ma anche un certo numero di amanti a turno o simultanee, le avventure fuggevoli e il sesso a pagamento. E’ vero, risponde a una nostra realtà assai diffusa ma ribatto che si tratta di un “costume”non legalizzato, non solo, ma che oggi nulla vieta che ciò avvenga anche in senso contrario e che sia la donna ad avere un marito un amante e avventure varie e che, ma più difficilmente perché troppo costoso, attinga anche al sesso a pagamento, senza essere lapidata o impiccata o frustata o vetrioleggiata.
Perché ho detto di non voler essere tenera né verso l’Islam né verso l’Occidente? Perché a me pare che certi comportamenti apparentemente tanto differenti rispondono ad uno stesso presupposto: quello economico. Ho il sospetto che la poligamia in chiave occidentale ma senza le clausole imposte dall’Islam sull’equo trattamento delle mogli, (ma a dire il vero non solo occidentale), non sarebbe solo un “privilegio dei ricchi”, ma di tutti, in quanto in Occidente (e quindi non solo in Occidente) temo che il poligamo forse non raramente avvierebbe alla prostituzione le sue quattro mogli.
E’ ovvio fatti salvi i ricchi che non ne avrebbero assolutamente ragione.
Se invece s’introducesse anche in Occidente la regola dell’equo trattamento, la poligamia non sarebbe assolutamente praticata. In fondo in genere come nell’Islam.
Questo quadro comparativo appare alquanto tetro. Tetro perché scompare del tutto il connotato dell’amore. Mi sono infatti chiesta se sia proprio l’amore forse il discrimine tra i diversi costumi riguardanti la coppia. Ebbene una esercitata riflessione mi fa rispondere affermativamente. Ma è questione molto complessa.
Complessa perché i quesiti sono tanti anche se quello che spicca in cima alla lista è appunto di chiedersi che cosa sia l’amore per una donna musulmana e che cosa esso sia per una donna occidentale.
Per essere stringata vado alla prova del nove, cioè a quanto implicitamente dimostrano certi accadimenti estremi, o in qualche forma più attenuata ma sempre grave assai diffusi, iniziando dalla donna occidentale che ovviamente conosco meglio anche se relativamente, apparendomi le donne monadi, nel profondo assolutamente indecifrabili per non essere titolari della loro identità. Identità del tutto subalterna al costume, costume in genere al servizio dei connotati maschili.
Per la occidentale l”amore” ancora conta molto stando a quel che accade con troppa frequenza quando la donna se ne vede privata per la comparsa di un’altra donna. Non ho raccolto una documentazione statistica ma molto osservando e ascoltando in ambienti specializzati nelle “patologie da perdita” risulta che veramente molte sono le donne abbandonate che cadono irrimediabilmente in una delle peggiori forme di depressione, che in non pochi casi porta a una sorta di perdita totale della partecipazione alla vita se non al suicidio o all’uccisione dei figli.
La domanda è: succede questo a una donna islamica al subentro della seconda o terza o quarta moglie del marito?
Non ne sono informata, ma suppongo di no.
Se questo paragone è calzante non resta da concludere che il concetto d’amore nell’Islam femminile è diverso da quello occidentale. Non solo ma che nell’Islam la donna si sposa in regime di poligamia per un preciso calcolo commisurato al costume locale, quello di scegliere la situazione più a lei conveniente, per le sue esigenze sessuali per soddisfare il suo istinto di maternità, essere protetta e con lei i suoi figli e vivere nel benessere, senza dover affrontare da donna sola una società decisamente maschilista.. L’uomo quindi a ben guardare quale soggetto o oggetto? a disposizione per le varie funzioni in società con altre tre donne. In sostanza alla donna musulmana è probabile che non importi molto o affatto che il marito consumi le sue incontenibili istanze sessuali con altre donne, anzi forse potrebbe maturare in lei un senso di sollievo o per subentrata indifferenza a una sessualità alla lunga obbligata e condizionata o per graduale ripulsa verso un uomo non più giovane sempre meno dotato sotto molti punti di vista, fino a sentirsi intimamente grata alle successive mogli per averla liberata in tutto o (forse purtroppo) in parte da debiti coniugali che oramai avverte del tutto estranei..
Ma tutto questo ai nostri occhi parla dell’inesistenza nell’Islam dell’amore qual è concepito soprattutto nel mondo Cristiano e cioè una comunione totale di cui l’unione corporea sia sì il remedium concupiscentiae ma soprattutto il veicolo di una totale reciproca dedizione e di una fusione esistenziale al punto che ciascuno dei coniugi è al contempo anche l’altro.
Questo secondo tale ipotesi spiegherebbe perché una frattura coniugale può portare alla distruzione della personalità di non poche donne (e qualche volta anche degli uomini) nel mondo occidentale, e perché non avviene di solito in quello musulmano. Almeno che noi si sappia, meglio, di cui sia possibile avere notizia.
Chiudo la riflessione osservando che in Occidente sono moltissime ancora oggi le donne che credono nell’amore e che per amore riescono a essere mogli madri e attive contribuenti all’economia familiare.
Moltissime altre però non ci credono più e si comportano cercando di trarre dalla loro forza attrattiva più vantaggi possibile.
Che cosa premia chi, è riflessione a parte.
Gloria Capuano
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