Provocazione dell’intelligenza, specchio del Vangelo e immagine del silenzio, della sofferenza umana, dell’amore di Dio e del peccato dell’uomo, dell’impotenza della morte”. Il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, in preghiera dinanzi alla Sindone nel 1998, non ebbe timore ad affermare che non compete alla Chiesa pronunciarsi sul rapporto tra il sacro Lino e la vicenda storica di Gesù di Nazareth. La Chiesa, infatti, affida agli scienziati il compito di indagare per trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo misterioso Lenzuolo che, secondo la tradizione, sarebbe stato acquistato da Giuseppe di Arimatea e avrebbe avvolto il corpo di Gesù quando fu deposto nel sepolcro. Per la Chiesa, la scienza non deve rimanere muta dinanzi alla Sindone. Anzi. Ciò che conta per il credente è che il sacro Lino è lo specchio del Vangelo. Lo abbiamo realmente compreso? La Chiesa universale ci aiuta a capirlo. La festa con migliaia di giovani in piazza San Carlo a Torino, domenica 2 maggio 2010, passerà alla Storia. Non solo del Piemonte ma dell’Italia cattolica e giovanile intera che con fede attende il ritorno del Signore Risorto sulla Terra. Papa Benedetto XVI si è recato in Duomo per venerare il Sacro Lino, accompagnato dai cardinali Severino Poletto, Tarcisio Bertone, Angelo Sodano, Francesco Marchisano, e da mons. Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione diocesana per la Sindone. Dopo la preghiera di fronte al Santissimo, Benedetto XVI si è inginocchiato davanti alla Sacra Sindone. Nella cattedrale di Torino, ad attenderlo i canonici del Duomo, decine di volontari, le suore di clausura dei monasteri piemontesi e i membri del Comitato per l’Ostensione. Il Papa si è rivolto ai fedeli con queste parole:“In un’altra occasione mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona”. Il Pontefice ha iniziato la meditazione incentrata sul “mistero” del Sabato Santo. “Si può dire – afferma il Santo Padre – che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – “Passio Christi. Passio hominis” – promana una solenne maestà, una signoria paradossale. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo”. La Meditazione del Santo Padre Benedetto XVI, quale Successore di Pietro, “è stata suggerita dal sottotitolo di questa solenne Ostensione:“Il mistero del Sabato Santo”. La Sindone è “l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo”. Essa “è un telo sepolcrale che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù, il quale, crocifisso verso mezzogiorno, spirò verso le tre del pomeriggio. Venuta la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato solenne di Pasqua, Giuseppe d’Arimatea, un ricco e autorevole membro del Sinedrio, chiese coraggiosamente a Ponzio Pilato di poter seppellire Gesù nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia a poca distanza dal Golgota. Ottenuto il permesso, comprò un lenzuolo e, deposto il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con quel lenzuolo e lo mise in quella tomba (Marco 15,42-46). Così riferisce il Vangelo di san Marco, e con lui concordano gli altri Evangelisti. Da quel momento, Gesù rimase nel sepolcro fino all’alba del giorno dopo il sabato, e la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato”. Cos’è il Sabato Santo? “Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia:“Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme…Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”. Il mondo oggi comprende davvero il Mistero della Sindone? “Nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità”. Qual è la nostra speranza? “E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: “Passio Christi. Passio hominis”. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale. In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? “Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio”. Cos’è successo? “E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”. Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione”. Cosa percepisce il Papa davanti alla Sindone? “Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore”. Qual è il potere della Sindone? “Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – “Passio Christi. Passio hominis” -, da questo volto promana una solenne maestà, una signoria paradossale. Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio. Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo. Cari amici, lodiamo sempre il Signore per il suo amore fedele e misericordioso. Partendo da questo luogo santo, portiamo negli occhi l’immagine della Sindone, portiamo nel cuore questa parola d’amore, e lodiamo Dio con una vita piena di fede, di speranza e di carità. Grazie”.
E’ uscito in edicola un numero speciale di MicroMega dove sono pubblicati articoli contro l’autenticità della Sindone. Uno di questi è dedicato al “sacro business”, un’altro al “Medioevo televisivo della sacra sindone”. Come ci ricorda il giornalista Andrea Tornielli, pare che la rivista se la prenda con conduttori e programmi Tv, “rei di dare poco spazio al dissenso” che sarebbe in grado di smontare in pochi minuti tutte le tesi dei poveretti (non importa se scienziati, papi e teologi) che invece propendono per l’autenticità del Telo. A proposito di “sacro business”, Tornielli rivela un piccolo particolare:“partecipando di recente a una delle trasmissione televisive dedicate alla Sindone, mi è stato confidato che l’unico ospite a pretendere un adeguato cachet in denaro, era proprio colui che doveva dimostrare la falsità della Sindone. Forse, se gli oppositori si abbassassero a partecipare gratis, come fanno gli altri, riceverebbero qualche invito di più. Ma almeno non abbiano la faccia tosta di parlare di sacro business”. Scriveva Alfred North Whitehead (La scienza e il mondo moderno): “La scienza ebbe origine in Europa a causa della diffusa fede nelle sue possibilità, essa è un derivato della teologia medievale. Non può provenire che dalla concezione medioevale, la quale insisteva sulla razionalità di Dio”. Abbiamo capito il messaggio la Sindone, mistero dell’Universo? E del business della disinformazione anticlericale?
Nicola Facciolini
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