Secondo il Centro di oggi, fu Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl a fare il nome di Gianni Letta ai magistrati di Firenze, già nelle dichiarazioni rese nel febbraio scorso. Questa nuova rivelazione, quelle relative a Bertolaso e le dimissioni di Scajola, secondo La Repubblica, stanno rievocando nel premier lo spettro del ’94, con il timore di essere disarcionato in corsa, stretto in una tenaglia composta da “magistrati politicizzati” e poteri forti “internazionali”. Una manovra che potrebbe aprire la strada a quello che Pier Ferdinando Casini chiama “governo di garanzia” e che più semplicemente viene definito esecutivo tecnico o istituzionale. La possibilità, insomma, che l’inchiesta G8 possa toccare un altro paio di ministri, è entrata a fare parte nel novero delle ipotesi valutate dagli uomini del premier. Un’analisi che adesso sta gettando lo scompiglio nella base dei parlamentari di maggioranza e che sta esasperando i vertici. Uno scompiglio avvalorato da un’ansa di poche ore fa, che informa che, per motivi di agenda, è slittato a domani l’incontro fra Verdini, Fini e Letta, con una nota circa la possibilità di partecipazione al vertice di Niccolò Ghedini, legale di Silvio Berlusconi. Alla cena organizzata da Renata Polverini con gli assessori e i consiglieri eletti nel Lazio, a quanto riferito dai presenti, il premier aveva affermato: io con Fini, sono pronto a metterci una pietra sopra, a mettere da parte i problemi interni e ad andare oltre, anche in ragione della difficile situazione internazionale e delle sfide che il governo si trova ad affrontare. Ma dopo la marcia indietro del presidente della Camera, che ieri aveva fatto sapere di escludere, ”per oggi e nei prossimi giorni”, incontri con Denis Verdini, nel Pdl è tornata aria di burrasca. A Palazzo Grazioli si è tenuto un breve vertice del Pdl con il premier Berlusconi, i capigruppo di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, il ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli e i tre coordinatori nazionali del partito Denis Verdini, Sandro Bondi e Ignazio La Russa. Secondo Ugo Magri de La Stampa, Il Cavaliere nega in pubblico di aver mai ipotizzato “congiure”, segnala che la parola nemmeno fa parte del suo lessico. “Tutto va avanti come sempre”, assicura, “con alcuni magistrati politicizzati e basta”. In privato, però, teme l’emulazione tra procure: siccome quella ha avuto gloria con Scajola, l’altra per non sembrare da meno tira fuori Verdini e l’altra ancora chissà quali carte ha in mano, un’escalation micidiale. Se la pioggia diventasse grandine, per il Cavaliere sarebbe vitale una maggioranza coesa e per questo prova a riappacificarsi con Fni, inviandogli due ambasciatori (il soave Letta ed il Burbero Verdini), più un avvocato di fiducia. Il Cavaliere, insomma, sarebbe tanto interessato a ricompattarsi con Fini, che, l’altra sera, ha convocato un gruppetto di finiani moderati, promotori di una “zona franca” dove discutere dentro il partito, denominata Spazio aperto. Vi aderirebbe anche un gruppo di senatori e deputati ex Forza Italia, i quali hanno chiesto al premier il suo benestare. Berlusconi è tentato di concederlo, sarebbe un modo per stemperare la tensione. Ne ha parlato di persona coi titolari dell’idea, che sono Augello, Viespoli e Moffa, generando inviperite proteste da parte degli ex-colonnelli di An, ora passati con lui e con Alemanno che, a questo punto, propone di trattare direttamente con Fini. Sempre il sindaco di Roma, poche ore fa, ha sorpreso un po’ tutti dichiarando, inoltre, che “Roma è stata teatro di molti interventi di Protezione civile e d’emergenza. Chiediamo alla magistratura di passare al setaccio tutti gli interventi dove possono esserci state scorrettezze e altre cose che noi non conosciamo. Vogliamo sapere se la nostra città ha pagato un prezzo a causa di scorrettezze riguardo interventi di lavori pubblici”. Parole che hanno immediatamente convinto il capo della Protezione civile, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Guido Bertolaso, coinvolto nell’inchiesta sui grandi appalti, a rispondere con una lettera, dove esprime stupore per le espressioni del sindaco che “hanno associato scorrettezze nelle procedure di aggiudicazione degli appalti all’effettuazione di interventi emergenziali e di Protezione civile a Roma. Tale affermazione, oltre a contrastare con la realtà dei fatti, suggerisce un’attenta riflessione sull’opportunità di mantenere la vigenza degli stati d’emergenza che interessano attualmente il territorio della Capitale considerata la sfiducia da Ella (manifestata in merito alle procedure attuate dai Commissari Delegati”. Ed è anche andato oltre, aggiungendo nella missiva inviata al sindaco che “anche Ella riveste attualmente l’incarico di Commissario delegato per l’emergenza traffico nel Comune di Roma e che Ella stessa ha richiesto la proroga dello stato di emergenza per tutto l’anno in corso, anche al fine di mantenere in vigore i numerosi contratti di lavoro a tempo determinato riguardanti il corpo di Polizia municipale e i collaboratori della struttura commissariale, superando le perplessità pur manifestate dallo scrivente Dipartimento». A questo punto non è mancato un ulteriore intervento del sindaco, che ha voluto subito confermare la fiducia nei confronti del sottosegretario Bertolaso”. Parole forti e forse evitabili, come quelle della battutaccia su “Monica” durante la conferenza stampa di alcuni giorni fa a Palazzo Chigi, quando il sottosegretario ha detto: “Quando ho visto Clinton a fine marzo volevo fargli una battuta: io e lei abbiamo in comune un problema che si chiama Monica… Poi ho desistito perché io con Monica non ho avuto problemi reali, lui probabilmente qualche problemuccio lo ha avuto”; costringendo, ancora una volta come nei fatti di Haiti, il ministro degli Esteri Franco Frattini, ha dichiarare che il governo si dissocia. Certo, a tutt’oggi, nulla è stato provato sull’inchiesta G8, ma i pm non demordono e chiedono misure cautelari nei confronti del commercialista Stefano Gazzani e dell’ex commissario per i Mondiali di nuoto a Roma, Claudio Rinaldi e rafforzano il fumus accusatorio, valutando le posizioni degli indagati in altre vicende. Di certo, questi sono fatti, gli edili di Bertolaso (come li chiama Corrado Zumino su La Repubblica di Roma dell’8 maggio), Anemone in testa con le sue Cosport, Tecnocos e Redim, hanno lavorato molto con il pubblico grazie al rapporto di ferro saldato con l’ex provveditore del Lazio Angelo Balducci. Si sono presi ospedali come lo Spallanzani, all’interno del quale hanno edificato l’ambizioso progetto Anti-Sars (una partita da 80 milioni). Poi dépendance del Senato, con undici appartamenti da ristrutturare in largo Toniolo affidati all’architetto Angelo Zampolini, progettista vero, utilizzato in surplus da Diego Anemone come riciclatore delle tangenti del gruppo. I costruttori privilegiati si sono lanciati, poi, su piccoli lavori nelle scuole di provincia: i funzionari Maria Pia Forleo ed Enrico Bentivoglio, fidati di Balducci, alla vigilia dell’ultimo capodanno hanno assegnato a Diego Anemone (Anemone costruzioni srl) e al padre (Tecno Edil srl) l’edificazione della nuova scuola di Zagarolo: un appaltino da 2,8 milioni di euro, assegnato senza attendere i termini di legge minimi per eventuali ricorsi. La Italwork consorzio, seconda alla gara, si è già presentata al Tar. Per offrire il miglior ribasso gli architetti di Anemone avevano stornato dall’offerta fogne, porte di sicurezza, rilevazioni dei fumi, calcoli strutturali del cemento armato. Il Polo di Ostia, poi, è stato a lungo al centro di una guerra tra il costruttore Marziali e il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli. Come merce di scambio l’imprenditore, tutt’oggi creditore di 8 milioni, ha ottenuto dal commissario per “Roma 2009” Claudio Rinaldi la ristrutturazione del vicino Palafjilkam: un risarcimento da 5,7 milioni. Inoltre e per concludere, interessante è anche la storia della Pinacoteca Propaganda Fide, allocata in piazza di Spagna, considerata “zona vaticana”. Monsignor Crescenzio Sepe ottenne dal gentiluomo del Papa, Angelo Balducci, l’avvio di una profonda ristrutturazione con regole da Protezione civile. La direzione della pinacoteca, era deciso, sarebbe stata affidata alla moglie del ministro Scajola, Maria Teresa Verda. La grande fabbrica, però, non ha mai aperto. Insomma, un vero e proprio disastro politico e giudiziario è partito dagli uffici della Procura di Firenze, un disastro che investe non solo le imprese responsabili delle irregolarità ma anche e soprattutto gli uomini-chiave della gestione delle operazioni di preparazione ed innovazione delle strutture per il summit ed anche un procuratore aggiunto della Repubblica di Roma, Achille Toro, già noto alle cronache per essere stato indagato nel 2006 per la fuga di notizie nel caso Unipol-Bnl. Siamo persuasi che molti degli indagati, Bertolaso per primo, usciranno a testa alta e con la coscienza (e non solo) immacolata. Tuttavia siamo persuasi che occorre da un lato una moralizzazione della politica, dall’altro un freno al delirio di onnipotenza in dispregio del denaro pubblico, delle funzioni istituzionali della Protezione civile e delle vere emergenze.
Carlo Di Stanislao
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