Il presidente della regione Veneto Luca Zaia, è molto amareggiato per il pronunciamento del Coni che ha scelto, come candidata italiana per le prossime Olimpidi del 2020 Roma, invece di Venezia. “Prendiamo atto del voto del Coni – ha commentato – che riteniamo insoddisfacente sia nel merito che nel metodo. Siamo assolutamente convinti che la proposta di Venezia non sia stata tenuta nella giusta considerazione e che, invece, avrebbe potuto rappresentare una novità seria per la qualità che esprime. Siamo certi che Venezia, capitale universale della bellezza, sia il miglior ambasciatore di tutto il nostro Paese nel mondo”. “Sia chiaro – ha aggiunto Zaia – che ora non escludiamo un intervento formale in altre sedi. Garantisco inoltre che da oggi spulcerò personalmente l’intera documentazione voce per voce, sviscerando numeri, conti e promesse che sono alla base di una scelta che ritenere sbagliata è un eufemismo. Un nord penalizzato così fortemente di certo non servirà alla causa che ci si vuole prefiggere”. E furibondi soni i parlamentari del Carroccio, con il senatore Piergiorgio Stiffoni ce invita, senza mezzi termini, il Comitato olimpico internazionale a rivolgere altrove le sue attenzioni, nel timore che l’eventuale investitura di Roma “avrà come conseguenza che ci verrà imposta, forse per qualche decennio, una tassa straordinaria per tappare i buchi romani”. Stiffoni ricorda come “recenti esperienze, vedi i mondiali di nuoto del 2009, ne sono chiaro esempio”. Sulla scelta di Roma, Stiffoni è convinto che abbiano influito le pressioni “al di quà e al di là del Tevere”. Il fatto è che in base all’analisi del Comitato Ristretto che ha dovuto valutare le due candidature, la Giunta ha attribuito il punteggio di 20,1 su 35 al dossier di Venezia che, dunque, non ha raggiunto il punteggio minimo di 21, richiesto per poter approdare al Consiglio Nazionale. E mentre sia Alemanno che Veltroni si dicono sddisfati e richimano tuti per lavorare assieme per suntarla, nel 2016 ed averelaCapitale come teatro dei Giochi targati 2020; non la pnsa così un altro senatore Leghista Giuseppe Leoni, presidente dell’Aero Club d’Italia, ce diciare che da qui al 2020 il Paese sara’ profondamente cambiato; l’Italia sara’ diversa col federalismo e allora magari anche la Padania avra’ il suo Comitato Olimpico e le sue Olimpiadi”. Intanto, in attesa dei cambiamenti auspicati da Leoni, l’avvertimento per la capitale e’ uno solo: ”Adesso Roma ladrona deve stare attenta a tenere giu’ le mani dal Gran Premio d’Italia di Formula 1. Monza non si tocca, altrimenti ci impegneremo a far tagliare i finanziamenti per le Olimpiadi del 2020”. Più pacato il ledaer Umberto Bossi ce ha dichiarato in serata (mentre gongolava per l’avvio dela riforma federale con appoggio di Di Pietro: “Ora è necessario che Zaia tratti con il sindaco di Roma, per vedere se Venezia può ottenere almeno i giochi acquatici” . E’ per la mediazione ora il senatùr, adesso che la Commissione Bicamerale presieduta da Enrico La Loggia ha dato il via libra al federalismo demaniale, il primo passo per l’attuazione concreta della riforma federale del fisco. Diecimila terreni, novemila fabbricati, cinquemila chilometri di spiagge, 234 corsi idrici, 69 laghi per un’estensione di 550 chilometri quadrati: valgono più di una candidatura, anche se olimpica. Sono i 17.400 beni, che ora appartengono allo Statoche entro il 21 maggio passeranno alla gestione di Regioni, Province, Comuni e alle future città metropolitane ed occorre lavorare senz cedimenti distrazioni di sorta, trovandosi gli aleati he si può (in uesta fase anche l’IDV di Di Pietro), perché la legge legge si deve fare entro il 21 maggio, data entro la quale ci sarà il secondo e definitivo passaggio a Palazzo Chigi e poi, entro 21 agosto, tutte le amministrazioni pubbliche centrali dovranno dire quali immobili e terreni vogliono tenere per sè e motivare la loro decisione, mentre a settembre l’Agenzia del demanio pubblicherà l’elenco dei beni disponibili, fino ad un ammntare di 3,5 miliardi di euro. Unaoperazione già comlicata ma che è solo il primo passo verso l’agognato “federalismo fiscale”, ce si propone di mettere ordine, attraverso la definizione delle entrate per ogni livello: comunale, provinciale, di città metropolitana, regionale, statale, chi-fa-cosa; sulla base di un principio ispiratore, che è poi la lettera dell’articolo 119 della Costituzione: ogni ente deve avere autonomia di entrata e di spesa, superando quanto più possibile il sistema di finanza “derivata” (per il quale le entrate di regioni, province e comuni derivano in gran parte da trasferimenti statali). Bossi sa che deve concentrarsi sule spese, sulle contromosse della opposizione e misurarsi con il Sud ed una serie di garanzie per evitare i temuti scollamenti sociali e l’Italia a più velocità. Oltro che candidatrure olimpiche; sono da scgliere e in breve, i nodi relativi alle conseguenze sulla finanza pubblica, al riassetto istituzionale ed amministrativo (non è stato ancora varato il codice delle autonomie locali, né definite le funzioni fondamentali di comuni, province, città metropolitane), all’esercizio della delega da parte del governo, che ha promesso partecipazione di enti e Parlamento, ma che va atteso alla prova dei fatti, ai tempi di attuazione, che si misurano in anni. Questioni che hanno motivato l’astensione del Partito democratico (era stato il centro-sinistra nel 2001 a varare la riforma regionalista che è alla base della nuova legge) e il voto contrario dell’Udc, mentre l’Italia dei Valori, come già deto, ha votato a favore.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento