Silvio Berlusconi ci ripensa e fa “macchine indietro”, seguito dal suo consigliere giuridico Niccolò Ghedini, dal ministro della Giustizia Angelino Alfano dal relatore del ddl intercettazioni Roberto Centaro, che aveva proposto un emendamento per raddoppiare sia i giorni di arresto che l’ammontare dell’ammenda per i giornalisti che publiccassero,prima del dovuto,atti giudiziari. A questo passo indietro potrebbero seguirne altri, fra cui, già preannunciato dal presidente della commissione Filippo Berselli, quello riguardante le maximulte agli editori, per la pubblicazione degli atti di indagine, sui quali il ddl fa cadere un silenzio tombale. Dal Giornale apprendiamo che, comunque, la giornata, o meglio la nottata, decisiva sarà quella di lunedì prossimo e che vi sono segnali di “ammorbidimento” dal centrodestra, chelavora a ritmo serrata, ma che non piace, nelle sue risoluzioni in materia, a nessuno dell’opposizione. Per Anna Finocchiaro, del Pd, il testo rimane “inaccettabile” e durissimo, come al solito, Antonio Di Pietro, che ha dichiarato: “È l’ennesimo tentativo di mercanteggiamento del venditore ambulante Silvio Berlusconi”. Anche l’Udc, parla di un “buon passo indietro” e, soprattutto, la Lega resta defilata mentre critici si sono dichiarati vari figiani come Bocchino e Granata. Com’è noto, anche oggi l’intercettazione è possibile solo in presenza di gravi indizi di reato. Finora, però, quello è stato l’unico requisito per ottenere l’autorizzazione al controllo delle utenze di un indagato. La nuova legge aggiunge altri limiti: accanto ai «gravi indizi», infatti, il pm dovrà avere “specifici atti d’indagine”, cioè altri elementi concreti che provino le responsabilità di chi finisce sotto controllo. E’ questa una delle norme più contestate dai magistrati, che parlano di ostacoli insormontabili alle indagini più delicate. Interessante, fra le altre, la cosiddetta norma D’Addazio, in base alla quale, “sono vietate registrazioni e riprese senza l’autorizzazione preventiva dell’interessao, un chiaro riferimento al nome della escort che ha registrato gli imbarazzanti colloqui con il presidente del Consiglio, finiti sulle pagine dei giornali. Grazie, poi, ad un emendamento dell’opposizione, i giornalisti sono stati “salvati” dai rigori di tale norma. Per loro cade il divieto di “scippare” interviste e immagini. L’eccezione è finalizzata a garantire ai professionisti il diritto all’informazione sancito dall’articolo 21 della Costituzione. L’unica condizione posta, naturalmente, è che le riprese vengano utilizzate davvero a fini di cronaca. In generale, comunque, circa il ddl, anche ammorbidito, Sky vuole ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per violazione del diritto all’informazione e chiede un intervento a tutte le autorità internazionali competenti. Molti direttori delle principali testate, da Riotta del Sole 24 ore a Tarquinio di Avvenire e Sechi del Tempo, criticano il dd e si impegnano per una battaglia trasversale, dall’ Unità al Secolo.
Carlo Di Stanislao
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