Erin Bronchovich è scesa in campo il 22 maggio, incitando, con il piglio di sempre, residenti e operatori economici a fare causa alla compagnia petrolifera Bp. L’ex reginetta di bellezza, oggi ambientalista resa famosa dall’omonimo film che fruttò a Julia Roberts un Premio Oscar, aveva preannunciato all’inizio di maggio che si sarebbe impegnata in una nuova battaglia e sabato è giunta in Florida dalla sua California , gridando ai residenti: “Affrontate la Bp e dite, non accettiamo più la vostra merda”. Diciannove anni dopo la battaglia legale contro la Pacific Gas and Electric per l’inquinamento di falde acquifere con Cromo 6 e la condanna, per la compagnia, a pagare risarcimenti per 333 milioni di dollari, la Bronchovich è più decisa che mai e, con la sponsorizzazione di due studi legali, uno locale e uno di New York, ha tutta l’intenzione di convincere pescatori, operatori turistici o semplici cittadini, a servirsi dei loro avvocati per fare causa alla Bp. Nel frattempo, mentre scatta la stretta di Obama sulle nuove trivellazioni, la società petrolifera norvegese Statoil ha dovuto parzialmente evacuare una delle sue piattaforme nel Mare del Nord, a causa di una variazione di pressione nel pozzo che ha determinato il malfunziomento di uno dei due meccanismi di sicurezza. E si è appreso che i solventi usati dalla Bp non contengono, né dissolvono il greggio, ma semplicemente l’atomizzano e per di più sono molto tossici. Negli USA, l’amministrazione Obama aumenta la sua pressione sulla Bp e il ministro degli Interni, Ken Salazar, ha affermato che se la società petrolifera non riparerà al danno fatto, potrebbe essere cacciata via. Salazar ha aggiunto di non essere “del tutto convinto” che la Bp sappia quello che sta facendo. “Se ci rendiamo conto che non stanno agendo come dovrebbero agire, li cacceremo come si deve”, ha aggiunto. Il 22 scorso, il presidente Usa ha annunciato la creazione di una commissione d’inchiesta, che sarà guidata dall’ex-senatore democratico Bob Graham e dall’ex-capo dell’agenzia federale per la protezione dell’ambiente William Reilly, per indagare sulle cause del disastro e per proporre misure di sicurezza per evitare che un incidente del genere possa ripetersi. La marea nera sta diventando un crescente imbarazzo politico per Obama. Il presidente Usa ha puntato il dito non solo contro le compagnie petrolifere coinvolte nel disastro ma anche contro i rapporti ambigui esistenti a Washington “tra le compagnie petrolifere e le agenzie federali chiamate a regolare la loro attività”.Oggi la British Petroleum ha riconosciuto di avere difficoltà nel bloccare la fuoriuscita di greggio dal pozzo sottomarino e i tecnici hanno ammesso che il tubo inserito nel pozzo sta pescando meno greggio dei giorni precedenti. Un portavoce della Bp, John Curry, ha detto che, da ieri, il quantitativo di greggio pescato dal tubo inserito nel pozzo sottomarino sta diminuendo in modo significativo. Il sifone sarebbe riuscito a succhiare nelle ultime 24 ore circa 216mila litri di petrolio. Il disastro è di proporzioni già ciclopiche e rischia di trasformare l’intero Golfo del Messico in un vero e proprio cimitero marino, coinvolgendo Florida, Lousiana e Mississipi. Dopo l’allarme circa la minaccia orai prossima alla Florida, lanciato il 18 scorso dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA, ), l’Ase ha comunicato da Parigi che uno dei suoi satelliti è stato in grado di rilevare con esattezza l’andamento della marea fotografando dall’alto la situazione nel golfo del Messico. Dalle immagini, scattate dal satellite Envisat, appare evidente che a sud-est del punto in cui è affondata la piattaforma Deepwater Horizon, una frangia della marea nera è stata ‘risucchiata’ dalla corrente circolare. Quelle acque, seguendo l’andamento naturale della “Loop Current”, potrebbero metterci circa una settimana per arrivare alle isole Key West, quindi proseguiranno oltre la punta meridionale della Florida, per risalire lungo le coste esterne americane. Ciò significa che la macchia nera non solo potrebbe raggiungere l’arcipelago delle Key West, ma toccare anche le coste nordoccidentali di Cuba, lambire le coste meridionali della Florida e risalire fino a Miami. Ma secondo la NOAA non è escluso che, sempre per effetto della corrente, il petrolio possa entrare in una sorta di vortice costante rimanendo al centro del Golfo del Messico. Fra i molti negativi, un dato positivo è che la situazione di emergenza ha innescato contatti inediti tra Cuba e Stati Uniti. L’allarme è tale che i due Paesi hanno il reciproco interesse ad avere un confronto “a livello operativo” per cercare di affrontarlo insieme. Tanto più che la marea di petrolio rischia di andare presto del tutto fuori controllo.
Carlo Di Stanislao
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