Ci sono importanti novità nella ricerca di forme di vita al di fuori della Terra. “Sono state recentemente scoperte tracce di elementi organici primordiali in alcuni meteoriti caduti sul nostro pianeta. La cosa più sorprendente è che è stata esclusa la contaminazione da parte di eventuali microorganismi terrestri”, rivela Giovanni Vladilo, astronomo associato presso l’Osservatorio Astronomico INAF di Trieste e tra gli organizzatori del terzo workshop della Società Italiana di Astrobiologia intitolato “When Darwin meets Copernicus”, in corso nel castello di Duino a Trieste. È un tema che suscita sempre vivo interesse quello dell’astrobiologia, la scienza che studia l’origine, l’evoluzione e la distribuzione della vita nell’Universo. Una disciplina “trasversale”, nella quale confluiscono biologi, geologi, chimici e astrofisici. Proprio dall’incontro tra le scienze della vita e quelle astronomiche si sono aperti negli ultimi anni affascinanti e avanzatissimi filoni di ricerca che vanno dallo studio dell’origine della vita sulla Terra alla ricerca di attività biologica – presente o passata – nel Sistema Solare, ma anche indagini sulla presenza di organismi viventi in uno tra gli oltre 400 pianeti extrasolari finora scoperti. Con l’obiettivo, ambizioso, di rispondere alla domanda delle domande: siamo soli nell’Universo?.
Oggi abbiamo importanti conferme della presenza di materiale organico vagante nel nostro Sistema Solare. Per esempio, nei grani di polvere della cometa Wild-2 sono state rilevate tracce di amminoacidi, i “mattoni” della vita. Questo grazie alla missione Stardust, che ha raccolto con uno speciale “racchettone” quelle particelle che poi sono state rispedite a Terra e analizzate da un team di ricercatori tra cui alcuni italiani e dell’INAF.
Ma i ricercatori spingono i loro interessi ben oltre la Terra e i pianeti che costituiscono il nostro “vicinato cosmico”. L’attenzione e nuovi programmi di ricerca sono sempre più orientati allo studio delle atmosfere dei pianeti extrasolari. Un campo di ricerca estremo. “Viste le distanze e le caratteristiche dei corpi celesti che dobbiamo osservare, dovremo utilizzare tutta la strumentazione di cui disponiamo al limite delle sue capacità”, prosegue Vladilo. La speranza è quella di riuscire a determinare le proprietà di pianeti che sono dotati di un’atmosfera, per identificare quelli che potrebbero avere le caratteristiche fisiche e chimiche compatibili con la presenza di vita. “Ad esempio, se scoprissimo nell’atmosfera di un esopianeta un eccesso di molecole di ossigeno, potremmo avere un importante indizio che lì possano esserci organismi viventi simili a quelli terrestri”.
La caccia alla vita extraterrestre sta dunque entrando nel vivo.
INAF
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