Il Washington Post, nell’edizione di oggi, lo ha definito “l’aggiusta-tutto” (Mr Fix It) della amministrazione Obama” e continuato, nel catenaccio, che mentre l’inesperto Barack, nello studio ovale, non sa ancora bene come si usa il potere, lui, lontano ormai dalla Casa Bianca, come lo si usa lo sa benissimo. Sicchè., Bill Clinton, torna ad imbarazzare on la sua capacità visibilità l’attuale gverno USA. Quando l’amministrazione Obama esordì, a gennaio 2009, molti si chiedevano come il presidente – e soprattutto il suo segretario di Stato – avrebbero potuto convivere con la figura di Bill Clinton.Ora l’ex presidente e’ diventato la risorsa numero uno della Casa Bianca, ce viene usato, per lo più con successo, per aiutare Obama e i democratici ad uscire dalle situazioni più intricate, come la raccolta di fondi negli Stati del Sud in cui Obama e’ meno popolare o anche fare il gioco sporco per la Casa Bianca, come quando ha offerto lui al deputato Joe Sestak un incarico per non farlo candidare al Senato al posto di Arlan Specter, amico di Obama. Nel secondo caso l’operazione non è riuscita e anzi, venendo a galla, ha gettato una cattiva luce sulla presidenza che, con una nota, ha negato ogni illegalità, ma di fatto ha ammesso che un’offerta e’ stata fatta tramite l’ex presidente Bill. Sestak ignorò la presunta offerta della Casa Bianca e si presentò alle primarie della settimana scorsa, vincendo sul rivale Specter, 80 anni e repubblicano fino ad un anno fa. Secondo le fonti, fu Rahm Emanuel, capo dello staff della Casa Bianca, a contattare Bill Clinton e il suo consigliere, l’avvocato Doug Band, per fare da intermediario offrendo a Sestak un posto di rilevo non retribuito all’interno dell’amministrazione. Imbarazzo per lo staff del Presidente, ma giudizi positivi per la “forza” che l’inesauribile Clinton sa ancora esprimere. E l’imbarazzo di Obama non è solo questo. Da ieri è in Louisiana, per costatare di persona il disastro della Bp e rispondere alle accuse di un governo troppo permissivo nei confronti della compagnia petrolifera ed inetto circa le misure per arginare il disastro ecologico. A Grand Isle, davanti a una delle spiagge dello Stato al momento maggiormente colpito dalla fuoriuscita di petrolio, ha detto: “Sono il presidente e la responsabilità finale è mia”, dimostrando coraggio ma, ancora, inesperta ed eccessiva generosità. Poi, rivolgendosi alle popolazioni ha detto: “Non verrete abbandonati, non vi lasceremo soli”. L’intento del presidente è chiaro: volendo dare prova di leadership di fronte al peggior disastro petrolifero della storia americana, ma on una esposizione a rischio in caso di altri tentativi inutili o fallimentari. Obama deve fare il possibile per allontanare ogni paragone con la gestione dell’uragano Katrina da parte del suo predecessore George W. Bush, poiché, nei giorni scorsi, i media statunitensi non hanno mancato, con insistenza, di far ricorso al paragone, ma con posizioni meno spericolate e più prudenti. L’altro ieri aveva tenuto una conferenza stampa alla Casa Bianca dove si era detto “arrabbiato e frustrato” per il prolungarsi della situazione, ma aveva difeso l’operato del governo nella gestione della crisi, rifiutando le accuse alla sua amministrazione di aver lasciato il controllo delle operazioni di emergenza nelle mani di Bp e dicendo che ogni mossa della società viene approvata dalla Casa Bianca in anticipo. Ora gli americani pensano che ogni ora di ritardo ed ogni tentativo fallito, sia colpa sua. Tornando al prestigio che ancora gode Bill Clinton, sono in molti a ritenere che se il principio di superamento del “don’t ask, don’t tell”, la linea adottata dal Pentagono sin’ora circa gli omosessuali nell’esercito, sarà presto superato, ciò è principalmente merito suo non di Obama, mentre è suo il parere favorevole a un compromesso raggiunto con il dipartimento della Difesa che va verso l’abolizione del divieto per i militari omosessuali dichiarati di portare la divisa, accordo che il segretario alla Difesa, Robert Gates, è pronto ad “accettare” e che dovrebbe entrare in vigore dopo il completamento di uno studio o sull’eventuale impatto sui militari di queste modifiche che il Pentagono si è impegnato a consegnare al Congresso il primo dicembre. In una lettera ai deputati – riferisce il Washington Post, il consigliere della Casa Bianca, Peter Orszag, ha scritto che l’amministrazione Obama sostiene la legge, che dovrà però essere sottoposta al parere dei “militari e delle loro famiglie”, cui sarà data l’opportunità di “informare e modellare il processo di attuazione attraverso una approfondita analisi delle loro preoccupazioni, suggerimenti, vedute”. Le organizzazioni per la difesa dei diritti degli omosessuali parlano di una “svolta epica”, anche se è ancora incerto se si riuscirà ad ottenere i voti sufficienti per passare l’esame in entrambe le aule del Congresso. Ma c’è già chi mormora che se non vi riuscisse Obama dall’”ufficio ovale” vi riuscirà Clinton, che l’ufficio lo porta scritto in fronte.
Carlo Di Stanislao
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