Le scuole sempre più spesso sotto attacco nei conflitti armati

Le scuole con i loro studenti-bambini e gli insegnanti sono sempre più spesso bersaglio di attacchi, nelle guerre in corso. Guerre e conflitti armati che, anziché diminuire, aumentano: 32 nel 2007, sono saliti a 39 nel 2008. E’ quanto emerge dal rapporto di Save the Children “Il futuro è adesso”, diffuso a conclusione della Campagna […]

Le scuole con i loro studenti-bambini e gli insegnanti sono sempre più spesso bersaglio di attacchi, nelle guerre in corso. Guerre e conflitti armati che, anziché diminuire, aumentano: 32 nel 2007, sono saliti a 39 nel 2008. E’ quanto emerge dal rapporto di Save the Children “Il futuro è adesso”, diffuso a conclusione della Campagna “Riscriviamo il Futuro”, lanciata dall’organizzazione internazionale nel 2006, per garantire istruzione ai bambini in paesi in conflitto o post conflitto. Secondo il nuovo rapporto, azioni violente nei confronti di alunni ed edifici scolastici in aree colpite da conflitti armati sono in aumento perché le scuole sono sempre più spesso viste da eserciti e gruppi combattenti come bersagli semplici e allo stesso tempo di alto valore simbolico. Inoltre per un numero ancora importante di minori, la scuola è un diritto negato poiché le guerre costringono milioni di bambini a lasciare le proprie case e villaggi e a vivere da profughi e sfollati.

Si stima che i civili costituiscano il 90% delle vittime dei conflitti mondiali: la metà di essi sono bambini. Inoltre sono 18.5 milioni i minori costretti a scappare dalle proprie abitazioni o comunità anche causa delle guerre e che – si calcola – vivranno da profughi o sfollati almeno per 17 anni.

Bombardamenti frequenti, minacce o violenze sugli insegnanti, pesanti restrizioni all’aiuto e all’assistenza degli operatori umanitari: così si manifesta l’aggressività – spinta fino a procurare la morte – dei gruppi armati e delle parti in conflitto sui bambini e sul sistema scolastico.

A tuttoggi sono 39 milioni i minori esclusi dall’istruzione in aree afflitte da guerre o che ne sono appena uscite: 1 bambino su 3, in queste regioni, non va a scuola.

• Tra i paesi più pericolosi l’Afghanistan dove tra il 2006 e il 2008 ci sono stati 2.450 attacchi a scuole. 235 fra alunni, insegnanti e altro personale scolastico sono stati uccisi, 222 feriti. Di recente, 50 alunne nel Nord del paese sono state vittime di un attacco con il gas ad opera dei talebani. Nelle province di Helmand e Badges l’80% dei bambini non va a scuola. In Afghanistan il 50% delle classi ancora si tengono sono tende o all’aperto.
• Il 3 febbraio del 2010 un mezzo che trasportava bambini in occasione della riapertura di una scuola della Provincia di confine del Nord Est in Pakistan è stato bombardato: 4 bambine sono state uccise, oltre a 3 soldati Usa in abiti civili e ad un soldato pachistano; la scuola è stata distrutta.
5.517 sono i casi di violenza sessuale verso minori in età scolare attestati in Ituri, Nord e Sud Kivu fra il 2007 e il 2008, nella Repubblica Democratica del Congo. A Bunia, nell’Est dell’RDC, il Lord’s Resistance Army ha rapito 50 bambini di scuola elementare e 40 di scuola secondaria nel settembre 2008.
300 asili, scuole e edifici universitari sono stati danneggiati durante i 22 giorni di bombardamento di Gaza da parte di Israele fra la fine del 2008 e l’inizio del 2009.
• In Liberia il 73% dei bambini in età scolare non va a scuola.
• In Somalia, 81% di bambini in età scolare non ha accesso all’istruzione.
• In Angola e Sud Sudan più della metà delle lezioni avviene non in strutture chiuse e sicure ma sotto gli alberi o in strutture fatiscenti.

Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children per l’Italia commenta: “E’ inaccettabile che alunni e insegnanti siano sempre più di frequente esposti ad attacchi o a varie forme di violenza. In Nepal dove questo accadeva, Save the Children, in accordo con le parti in conflitto, ha trasformato le scuole in “zone di pace”, con il conseguente aumento della frequenza scolastica da parte dei bambini”.

“I bambini che vivono in aree in conflitto non dovrebbero rinunciare ad avere un’istruzione”, prosegue Neri. “Che possano andare a scuola è fondamentale non solo per la loro formazione e il loro benessere ma anche per la pace e la stabilizzazione futura della comunità. E’ ormai appurato che per ogni anno in più di istruzione, il rischio che un ragazzo sia coinvolto in un conflitto armato diminuisce del 20%”.

Il rapporto “Il futuro è adesso” analizza anche i flussi di aiuto verso le nazioni in conflitto, sottolineando come esse avrebbero bisogno del 60% degli stanziamenti erogati per l’istruzione dai donatori internazionali ma che, ad oggi, solo 1/10 delle risorse è stato promesso e assicurato dai paesi “ricchi”.

E “l’Italia, purtroppo si segnala come una delle nazioni meno generose nella classifica dei 22 paesi che fanno parte del Comitato Aiuto allo Sviluppo dell’OCSE”, commenta ancora Valerio Neri. “In media il nostro paese fra il 2006 e il 2007 ha destinato all’educazione solo il 2% di tutto l’aiuto pubblico italiano allo sviluppo, meno di un terzo della media degli aiuti all’educazione stanziati dai paesi del G8. E’ necessario che i Paesi donatori, a cominciare dal nostro”, conclude il Direttore Generale di Save the Children per l’Italia, “destinino all’istruzione una percentuale maggiore del proprio aiuto pubblico allo sviluppo, aumentino l’aiuto all’istruzione nelle nazioni cosiddette CAFS e assicurino una distribuzione più equa degli aiuti, basata sulle necessità. Inoltre chiediamo all’Italia che si impegni per una riforma profonda del principale meccanismo di finanziamento all’educazione, cioè l’Education for All – Fast Track Initiative, affinché venga adeguatamente finanziato e ne siano migliorate l’efficacia e la trasparenza”.

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