Ora che lo ha consacrato anche la critica, ora che i segni della vecchiaia cominciano ad apparire sul suo volto e sul suo corpo rendendolo più fragile ma non meno determinato, piace vederlo ancora al lavoro per un pubblico che non ha smesso di aspettare il suo prossimo film, che negli Usa uscirà il 22 ottobre. Con il coraggio di cambiare che lo ha sempre contraddistinto, Eastwood ha pagato il suo tributo a tanti generi cinematografici: dal carcerario (“Fuga da Alcatraz”), al road movie (“Filo da torcere” e “Honkytonk man”), persino alla commedia romantica: nello struggente “I Ponti di Madison Count”» (1995) era un fotografo giramondo innamorato di una casalinga che non si era mai mossa dallo Wyomig, interpretata da Meryl Streep. Ma ci sono due generi che ha sempre prediletto: il western e il poliziesco, nei quali ha potuto recitare la parte che gli riesce meglio, quella del duro.
Il western è stato il primo amore e gli ha dato la grande notorietà, ma dopo il personaggio col poncho (una sua trovata), il cappello e il sigaro in bocca della trilogia di Sergio Leone («Per un pugno di dollari», «Per qualche dollaro in più», «Il buono, il brutto e il cattivo») Clint ha continuato a cavalcare nelle praterie e non si è più fermato. Ted Post lo ha diretto in «Impiccalo più in alto», Don Siegel in «L’uomo dalla cravatta di cuoio» (western contemporaneo) e in “La notte brava del soldato Jonathan”. Poi comincia a dirigersi da solo e arrivano “Lo straniero senza nome”, “Il texano dagli occhi di ghiaccio”, “Bronco Billy”, “Il cavaliere pallido”, “Gli spietati” (premiato con quattro Oscar). Ha compiuto ieri 80, perfettamente portati, con una creatività che non conosce né pause, né cadute. Ha detto recentemente: “Guardo a Sidney Lumet, che ha più di 80 anni. E penso: sono un bambino. Ho ancora molto da dare”. E così, dopo “Hereafter”, già pensa al suo prossimo progetto: un film con Leonardo Di Caprio, “Hoover”, che interpreterà la parte del fondatore dell’FBI, J. Edgar Hoover. Clint Eastwood, perfetta incarnazione dell’uomo di poche parole e molti fatti del middlewest, ha vinto, come produttore e regista, 4 Oscar, segnando il cinema mondiale dell’ultimo quarantennio, davanti e dietro la macchina da presa. Negli anni 80 provò anche l’esperienza politica come funzionario statale a Carmel, in California, dove ancora oggi vive, lontano da Hollywood, come padre di sette figli, avuti da cinque mogli differenti. I suoi 80 anni sono stati festeggiati su Sky da Mgm, che ha mandato il 31 maggio un piccolo capolavoro dell’allora trentenne Michael Cimino, che con questo film nel 1974 esordì nella regia, ‘Una calibro 20 per lo specialista’: un movimentato poliziesco che non rinuncia ad approfondire i risvolti psicologici sull’amicizia dei due protagonisti.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento