Tutto il mondo in un paese, mai slogan fu tanto fortunato come nel caso del Sud Africa. In verità questo motto era ispirato sopratutto agli aspetti naturalistici del paese, il Sud Africa è infatti l’unico luogo al mondo in cui si possono vedere nel loro habitat naturale balene e pinguini a pochi chilometri dai grandi felini della savana. Tra poche ore tutto il mondo sarà davvero presente in questo paese, cioè da quando il suono di un fischietto di un arbitro decreterà l’inizio del primo mondiale di calcio per nazioni mai giocato in Africa.Si stima che oltre un miliardo di spettatori guarderà per un mese in tv i mondiali nel paese di Mandela, oltre alle migliaia di turisti e tifosi che si riverseranno direttamente sul posto per un giro di affari da capogiro.
Tuttavia il Sud Africa è anche il paese con il più altro numero di sieropositivi al mondo (circa 6 milioni su una popolazione di 50 milioni di abitanti), con alcune delle township più grandi e malmesse del continente e con un divario molto forte tra la popolazione in termini di reddito.
Medici Senza Frontiere lavora qui da undici anni e cura i pazienti affetti da HIV/AIDS somministrando farmaci antiretrovirali (ARV) a Khayelitsha, baraccopoli di mezzo milione di abitanti, poco distante dall’aeroporto di Città del Capo da dove arriveranno calciatori con giornalisti e tifosi al seguito per il grande evento.
MSF ha in cura 11 mila pazienti solo in questo progetto, dove è stato sviluppato un modello di collaborazione con le autorità sanitarie locali poi esportato anche in altre parti del paese. MSF gestisce anche progetti di assistenza medica agli immigrati (a Musina e Johannesburg) che sempre più numerosi cercano di entrare in Sud Africa dalle nazioni confinanti, in particolare dallo Zimbabwe, nella speranza di una vita migliore che poi spesso si traduce in una realtà fatta di emarginazione, povertà estrema ed esclusione socio sanitaria.
Nel 1999 la situazione era però molto diversa: la giovane Repubblica sudafricana usciva dal regime della segregazione imposta dai bianchi discendenti dei coloni inglesi e boeri, l’allora presidente Thabo Mbeki negava, o quantomeno sminuiva fortemente, il legame tra HIV e AIDS e soprattutto contestava l’efficacia dei trattamenti ARV, considerati un raggiro degli occidentali a danno degli africani, favorendo di contro i rimedi tradizionali per combattere l’AIDS. In questo clima, MSF aveva aperto e sviluppato un progetto rivolto ai malati di AIDS, portando avanti una forte azione di lobbying verso le autorità sanitarie del paese inizialmente scettiche sull’utilizzo degli ARV e verso l’approccio medico propugnato dalla comunità scientifica internazionale.
Proprio Mandela diede una grande mano a MSF quando visitò il progetto di Khayelitsha in questo clima e quando indossò, davanti alla folla e alle telecamere che lo seguivano, la maglietta pensata per la campagna di sensibilizzazione e di lotta allo stigma dell’AIDS, recante la scritta “HIV Positive”. Con questo semplice gesto il vecchio Madiba aveva ribadito davanti a tutto il mondo che l’AIDS esisteva, andava combattuto e lo si doveva fare con le cure ARV.
A undici anni di distanza la situazione è cambiata ma lo stesso non si può dire per i bisogni: si stima che il 18% della popolazione sia sieropositivo, e che la coinfezione tubercolosi TBC-HIV, sia la prima causa di mortalità tra i pazienti affetti. Oltre un milione di persone non ha accesso alle cure antiretrovirali. Per accendere un riflettore su questo tema, MSF durante i mondiali, ha organizzato una partita di calcio del tutto speciale. Il 2 luglio nel Newton Park di Johannesburg, si sfideranno pazienti affetti da HIV contro gli operatori umanitari di MSF. L’evento sarà l’occasione per parlare di questi temi e per dimostrare che i malati di AIDS possono condurre una vita dignitosa, a patto che il mondo ricco non si dimentichi di loro.
Lascia un commento