Morire bambini in Afghanistan

La notizia è di ieri ed ha fatto, in poche ore, il giro del mondo. Un gruppo di presunti talebani hanno giustiziato, nel Sud dell’Afganista, un bambino di soli sette anni, accusato di essere una spia. L’esecuzione è stata resa nota da fonti interne all’amministrazione locale. Il bambino sarebbe stato catturato dai miliziani nel distretto […]

La notizia è di ieri ed ha fatto, in poche ore, il giro del mondo. Un gruppo di presunti talebani hanno giustiziato, nel Sud dell’Afganista, un bambino di soli sette anni, accusato di essere una spia. L’esecuzione è stata resa nota da fonti interne all’amministrazione locale. Il bambino sarebbe stato catturato dai miliziani nel distretto meridionale di Sangin, nella provincia di Helmand. Nonostante le numerose esecuzioni da parte dei talebani di cittadini sospettati di spionaggio, si tratterebbe della prima esecuzione pubblica di un bambino. Gran parte della zona in cui è avvenuta l’esecuzione è ancora completamente sotto il controllo degli uomini armati vicini ai talebani. Un appello contro le difficili condizioni dell’infanzia in Afganistan è stato promosso da Adnkronos e già ricevuto migliaia di adesioni. Fra i primi firmatari il capitano della Roma Francesco Totti. All’appello di Aki si è associata anche l’Unicef. L’anno scorso, secondo dati dell’Afghanistan Rights Monitor, 1.050 bambini sono morti in attentati ed esplosioni. Sono 850 quelli che muoiono ogni giorno per malattie come polmonite e diarrea o per malnutrizione. Nel paese che è al secondo posto al mondo per mortalità infantile, riuscire a raggiungere la maggiore età è una sfida quasi impossibile. E per le bambine le sfide sono ancora maggiori. Il 43 per cento delle donne del paese, infatti, viene dato in moglie in minore età a uomini in genere sconosciuti e molto più anziani. Anche “Save the Children aderisce con forza all’appello di Aki-Adnkronos International, volto a sensibilizzare la comunità internazionale ad un’azione congiunta e concreta per apportare miglioramenti significativi e duraturi alle condizioni di vita dei bambini afghani”. Lo ha detto Valerio Neri, direttore generale per l’Italia di Save the Children. “La prima leva è l’istruzione, perché solo attraverso di essa si potrà aumentare la consapevolezza e migliorare a cascata le condizioni di salute, la prevenzione da ogni tipo di abuso e la parità di genere”, aggiunge Neri. Save The Children, ricorda, “è presente in Afghanistan da molti anni e cerca di dare ai bambini gli strumenti per uscire da una condizione di degrado e povertà e assicurare un futuro a sé stessi, ma contestualmente anche alla loro comunità e al loro Paese”. L’organizzazione si dice “indignata per quanto appreso dai media sull’esecuzione del bambino afghano”. Più in generale, “guarda con preoccupazione alla situazione dei bambini nel paese, che secondo gli ultimi dati è al secondo posto per tasso di mortalità infantile (con 257 bambini con meno di cinque anni morti su ogni mille nati), dove in due anni ci sono stati 2.450 attacchi a scuole, 235 tra alunni e insegnanti uccisi e altri 222 sono stati feriti. Intanto, a 4 mesi dall’inizio dell’offensiva a Marjah, nel sud dell’Afghanistan, i talebani non sono andati via. Questo, scrive il Washington Post, ha gia’ fatto slittare di almeno due mesi l’offensiva a Kandahar ma ha fatto comprendere ai comandanti sul campo che non potranno rispettare la scadenza del ritiro entro luglio 2011 fissata da Barack Obama e, sempre ieri, quaranta persone, tra cui 14 minori, sono morte in un attentato-kamikaze durante una festa di nozze nella localita’ di Nangahaan, nella provincia di Kandahar, una delle roccaforti talebane e in cui le truppe della Nato stanno per sferrare una massiccia campagna militare prevista per i prossimi mesi.

Carlo Di Stanislao

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