Protagonista del più grande disastro ecologico della storia americana, la British Petroleum (BP) sembra interessata a ripulire più la propria immagine che la marea nera provocata dal pozzo nel Golfo del Messico. La multinazionale petrolifera ha infatti acquistato su Google e Yahoo! diverse parole chiave per influenzare le ricerche degli utenti relative alla catastrofe ambientale. In particolare, gli sforzi profusi dalla BP (a suon di dollari) sui motori di ricerca hanno l’obiettivo di “dirottare” i navigatori su una pagina del proprio sito internet che tenta di fornire un’immagine positiva e responsabile del colosso degli idrocarburi.
Del resto, escludendo i risultati a pagamento, il 95% dei risultati delle ricerche fornisce notizie decisamente negative sulla BP; ad esempio, ricercando la frase “BP oil spill” su Google si ottiene una lunga lista di link a pagine web che sottolineano il cinismo della società, fra cui alcuni filmati su YouTube sull’impatto della marea nera sull’ambiente e l’ecosistema.
La preoccupazione dei vertici della compagnia pertrolifera riguardo ai motori di ricerca è giustificata dal fatto che sono moltissimi i navigatori che, colpiti dalle dimensioni del disastro, cercano costantemente sul web notizie in tempo reale, report e filmati sulle dimensioni della marea nera e sui tentativi di contenerla. Ovviamente, gli utenti non sono obbligati a cliccare sui risultati a pagamento, opportunamente evidenziati da Google e Yahoo!, tuttavia sono in molti a pensare che BP stia cercando in tutti i modi di “dirottare” altrove l’attenzione di quanti cercano informazioni sulla tragedia del Golfo del Messico.
D’altra parte, l’acquisto di chiavi di ricerca è una degli investimenti di marketing in grado di generare i ritorni più veloci: logico, quindi, che BP abbia scelto questa strada per cercare di arginare i danni alla propria immagine in piena emergenza
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