Anche se alla fine Brancher ha gettato spugna e “scudo”, la sua è stata una scelta tardiva, che ha aperto una larga crepa nei rapporti tra Pdl e Lega e allargato ancor di più quella interna al partito del premier con l’ala finiana. Silvio aveva parlato con i triumviri e coi capigruppo, del “legittimo impedimento” cui il neo-ministro ora dice di voler rinunciare, a quanto pare su “moral suasion” del sommo leader e del capogruppo Cicchitto; cosicché lo sconcerto monta proprio tra i centurioni più fedeli, tra le fila della guardia imperiale: “Per la prima volta provo bruttissime sensazioni”, si confida un veterano di mille campagne, “Berlusconi è caduto vittima della Triade composta da Brancher, Calderoli e Tremonti, anche Bossi ci è cascato però lui è stato più svelto a sfilarsi, ora con che faccia andremo a batterci per il Lodo dio solo lo sa, questa vicenda sputtana quindici anni di battaglie garantiste, un conto è morire per Danzica, altra cosa soccombere per Brancher”. Non c’è traccia di sorriso nel volto del Cavaliere intervistato al summit di Toronto e la cosa curiosa è che questo stesso atteggiamento scostante il premier l’ha tenuto anche coi fedelissimi. Solo Gianni Letta ha avuto l’onore di colloquiare col Capo, tutti gli altri niet perché “adesso ha un incontro col canadese Harper”, “si è chiuso in stanza con il britannico Cameron”, “c’è il pranzo ufficiale con Obama e Medvedev”. Oggi G20 a Toronto sotto l’assedio della piazza, domani balzo a San Paolo per una rimpatriata col presidente Lula, quindi puntata a Panama, dove Impregilo partecipa al raddoppio del Canale. Pare salti invece la vacanzetta ad Antigua, perché deve rientrare, prima e poi, e risolvere diverse , delicate questioni. La decisione di Brancher di rinunciare al legittimo impedimento certamente aiuta a gettare acqua sul fuoco, ma allo stesso tempo segna anche la vittoria dei finiani, che ieri con Italo Bocchino avevano chiesto proprio la rinuncia al legittimo impedimento, “unica soluzione per evitare una lunga e complessa serie di problemi che potrebbe costare cara al governo in termini di fiducia, consenso e agibilità parlamentare e politica”. Un avvertimento che va ben oltre il caso Brancher. Il Pdl è scosso. “Bossi e soprattutto Calderoli non solo sapevano ma hanno condiviso e sponsorizzato quella nomina, tant’è che Calderoli era presente al giuramento al Quirinale”, sostiene un senatore (ex Fi) che frequenta abitualmente Palazzo Grazioli. Inoltre, dopo l’attacco sferrato venerdì al presidente del Senato Renato Schifani, definito da Bocchino un capo corrente, ieri in un’intervista al Giornale”, Sandro Bondi ha posto una sorta di ultimatum. Se il confronto all’interno del Pdl diventa “una provocazione continua, un distinguo permanente”, allora inevitabilmente si arriverà alla divisione correntizia. Se invece, ha aggiunto, sarà uno scambio “equilibrato e paziente” il risultato non potrà che essere positivo. “Fini deve scegliere”, è l’aut aut di Bondi, che però non ce l’ha solo con la pattuglia dei parlamentari fedeli al presidente della Camera. Insomma troppi grattacapi e pensieri per Antigua, nonostante la professionale premura della nuova bionda e giovane assistente, quella Federica Gagliardi, ex candidata dipietrista nel 2008, che il Cavaliere ha portato con sé perfino al welcome dinner del G8, dove si è fatta fotografare trionfante insieme con Silvio, Sarkozy e Obama. In questo momento ha altro a cui pensare, il Cavaliere, che medita sul significato recondito della presa di distanza del “fedele” Carroccio, letta come un colpo a tradimento, nonostante anche nel Pdl non siano stati pochi i malumori scatenati dalla nomina dell’ex sottosegretario. Il “fuoco amico” esploso da Bossi è un campanello d’allarme. Sullo sfondo incombe la legge sulle intercettazioni, definita ancora ieri dal premier “indispensabile”, in un messaggio ai promotori della libertà, ma sulla quale sia il leader del Carroccio che Fini non sono intenzionati a fare forzature e men che meno a provocare tensioni istituzionali con il Quirinale. Antigua dovrà aspettare e la bella Federica occuparsi di altro che di fotografie.
Carlo Di Stanislao
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