Le immagini del satellite Goce (acronimo in inglese di Gravity field and Steady State Ocean Explorer), che da più di un anno – il suo lancio è avvenuto nel marzo 2009 – tiene sotto osservazione la Terra da 250 chilometri di altezza, rivelano che la crosta del nostro pianete è bitorzoluta ed irregolare, tanto che, il nostro globo, più che una sfera sembra una zucchina o una patata.
Su questi rilievi si è discusso ampiamente, ieri, a Bergen, in Norvegia, nel corso del primo convegno sul programma “Living Planet” dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Due sono stati gli ostacoli incontrati da Goce: il primo era riuscire a farlo volare a bassa quota, in modo che potesse misurare la forza di gravità non sempre uguale in tutti i punti e dipendente dalla concentrazione delle masse interne, evitando però di farlo frenare dalle particelle atmosferiche che si trovano a bassa quota. Questo è stato possibile perché munito di un avanzatissimo motore ionico, che con piccoli ma continui impulsi ha neutralizzato la resistenza all’avanzamento, garantendogli la bassa quota di volo a circa 254,9 chilometri. Il secondo problema da risolvere era tentare di costruire un macchinario talmente sensibile da cogliere anche le minime variazioni di quella forza che ci tiene ancorati alla terra. Fiori all’occhiello della costruzione sia dello strumento che dell’intero satellite sono state le camere bianche di Thales Alenia Space di Torino. “Questo risultato è molto prezioso – spiega il professor Reiner Rummel dell’Università di Monaco di Baviera che guida gli scienziati impegnati nella ricognizione – perché finalmente abbiamo una descrizione precisa di grandi aeree del nostro pianeta riguardanti il Sudamerica, l’Africa, Himalaya, il Sud Est dell’Asia e l’Antartide. Di queste zone si possedevano in alcuni casi povere descrizioni”. Che la Terra non fosse perfettamente sferica, già si sapeva da qualche decennio e a rivelare per primo le irregolarità del mappamondo fu il satellite Lageos, già negli anni Ottanta. Se così fosse, il peso di un corpo sarebbe lo stesso in qualsiasi punto della superficie. In realtà, lungo un parallelo il peso corporeo subisce piccole variazioni a seconda della quota sul livello del mare, della presenza o meno di caverne sotterranee, di bacini idrici o in base al surriscaldamento del materiale al di sotto della crosta terrestre. La forma del geoide dipende proprio dalle variazioni del campo gravitazionale in base a questi fattori. I dati inviati da Goce, consentiranno presto di capire tutti quei fenomeni legati alle spinte gravitazionali, come la circolazione delle correnti oceaniche che scaldano il pianeta o l’assottigliamento dei ghiacci e i mutamenti climatici in generale. Non solo. I dati potranno essere utilizzati in molti altri campi, come la sismologia o la vulcanologia. Gli spostamenti delle placche che danno origine ai terremoti, ad esempio, sono collegati proprio alle discontinuità e alle anomalie del campo gravitazionale terrestre a cavallo delle faglie.
Carlo Di Stanislao
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