In ordine di tempo, Fini parla dopo Napolitano. Ma non conosce il pensiero del presidente perché solo a fine dibattito, quando risale in macchina, il portavoce Alfano gli porta le agenzie. Eppure Berlusconi non ci crede. Troppa è la sintonia tra i due. In cui vede un asse potente consolidarsi progressivamente contro di lui. Ne teme le conseguenze. E già s’immagina detronizzato. È furioso con entrambi,. Ma, forse, dovrebbe temere tranelli “verdi” da al tre direzioni. Intanto il Cavaliere, rientrato affannosamente dall’estero, è amareggiato. “Io lavoro per il mio Paese e in Italia non faccio altro che ricevere attacchi, soprattutto da chi dovrebbe fare il presidente della Camera e non il leader di un partito”. L’amarezza corre di nuovo verso Napoletano e Fini, che gli sbarrano la strada sulle intercettazioni e pretendono di dettare pure l’agenda parlamentare. Il suo sfogo è radicale. E lo si può riassumere così: qui ormai il governo non ha più poteri reali, decide tutto il capo dello Stato, che può stoppare qualsiasi legge sulla base di un semplice cavillo. E teme un asse forte Quirinale-Presidenza della Camera. Mentre l’ufficio di presidenza della commissione Giustizia alla Camera ha fissato l’iter del provvedimento, con esame che inizierà giovedì prossimo, la tensione dentro il Pdl resta altissima, e le parole del Cavaliere non contribuiscono a stemperare i toni. La frenata arrivata ieri dal presidente della Camera, Gianfranco Fini (“non c’è fretta, meglio cercare un testo condiviso”), non ha fatto altro che riaccendere le fibrillazioni mai sopite tra Berlusconi e figiani e ha fatto perdere la pazienza a Bondi e ai più fedeli del Cavaliere, che parla di “un controcanto finiano” ormai giornaliero ed insopportabile. Per scongiurare possibili passi falsi, il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha scritto una lettera ai deputati del Pdl per invitarli a una “costante presenza” in aula a causa “dell’importanza e della delicatezza dei provvedimenti all’esame della Camera da oggi alla conclusione della sessione estiva che potrebbe prorogarsi sino alla prima settimana di agosto”; ma la vera preoccupazione riguarda l’atteggiamento irritato e fermo di Napoletano. Secondo il Corriere le parole, perfino inusuali nella loro durezza, dette ieri da Giorgio Napolitano sulla legge contro le intercettazioni, non sono soltanto una bocciatura dell’accelerazione del governo ed un invito a cambiare il provvedimento per evitare che il Quirinale lo respinga, ma vi si avverte anche l’allarme per la confusione che trasuda dalle mosse della maggioranza. Il Colle è ormai convinto che nel recinto della coalizione berlusconiana che le cose non funzionano e teme che il centrodestra finisca per scaricare sul Paese i suoi contrasti interni. Il centrodestra può pure minimizzare, ma, notano i giornalisti politici de La Stampa, il Sole 24 ore e il Corriere, la mancanza vistosa di una strategia e la proliferazione di correnti allo stato embrionale, certifica l’affanno della leadership berlusconiana: rispettata ed eternizzata nella forma, messa in mora nei fatti. Dietro lo schermo della lealtà nei confronti del presidente del Consiglio, si indovinano prove e ambizioni più o meno sotterranee di scenari alternativi. Né va sottovalutato lo scricchiolio, subito esorcizzato, che si registra nel monolite della Lega. Quando perfino nel Carroccio vincente e sornione si invoca la collegialità in polemica con Umberto Bossi, bisogna chiedersi che cosa sta succedendo. Il sospetto è che il governo abbia sottovalutato l’impatto della legge sulle intercettazioni non solo nel Paese ma al proprio interno; le resistenze alle riduzioni di spesa chieste dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti; e un’istintiva diffidenza per la nebulosità del federalismo e dei suoi costi. Si è tornati allo stato di “alta tensione” del 22 aprile scorso e Berlusconi è davvero in forte ambascia. Ora sono, nel centro-destra, tutti contro tutti e a forte rischio di confusa implosione. L’altroieri, i finiani, con Italo Bocchino avevano chiesto proprio la rinuncia al legittimo impedimento, “unica soluzione per evitare una lunga e complessa serie di problemi che potrebbe costare cara al governo in termini di fiducia, consenso e agibilità parlamentare e politica”. Un avvertimento che va ben oltre il caso Brancher. Il Pdl è scosso. “Bossi e soprattutto Calderoli non solo sapevano ma hanno condiviso e sponsorizzato quella nomina, tant’è che Calderoli era presente al giuramento al Quirinale”, sostiene un senatore (ex Fi) che frequenta abitualmente Palazzo Grazioli. La Lega conferma la linea già tracciata da Bossi, che ieri però è anche tornato ad attaccare Fini (“si è ucciso da solo”). Sandro Bondi ha posto una sorta di ultimatum. Se il confronto all’interno del Pdl diventa «una provocazione continua, un distinguo permanente», allora inevitabilmente si arriverà alla divisione correntizia ed oggi gli fa eco il leader maximum che dice basta alle inutili provocazioni quotidiane allo lo stillicidio di polemiche continue. “Il mio obiettivo”, ha spiegato Berlusconi, “e’ porre fine a un sistema di abusi che in tanti anni ha di fatto cancellato il nostro diritto alla privacy. Questa situazione e’ purtroppo il portato di una cultura giustizialista che accomuna una piccola lobby di pm politicizzati e la lobby dei giornalisti che invece di fare le inchieste sul campo preferiscono fare del ‘copia e incolla’ sui fascicoli delle procure che contengono le intercettazioni, anche quelle dove emergono solo fatti privati”. Sul rischio di fare un regalo ai criminali o proteggere la Casta, Berlusconi ha detto: “Tutto questo non ha nulla a che vedere ne’ con la cosiddetta Casta ne’ con le indagini serie contro i delinquenti o la criminalita’ organizzata. Le regole sulle intercettazioni contro la mafia e tutte le altre organizzazioni del crimine organizzato (‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita e cosi’ via) resteranno infatti in vigore come prima. La legge che il Parlamento sta discutendo contiene un giusto equilibrio fra le esigenze della tutela della privacy e quelle della lotta contro il crimine e la tutela della legalita’”. Berlusconi vuole raggiungere ad ogni costo questi obbiettivi e, poveretto, essendo solo, va aiutato, secondo una “infelice” dichiarazioni di Bossi di queste ore. Intanto pende come una lama sulla testa del ddl la dichiarazione di Napolitano: “I punti critici della legge sulle intercettazioni nel testo approvata dal Senato risultano chiaramente”; il quale ha anche sottolineato che da lui aiuti non se ne avranno: “Il Quirinale non ha il compito di formulare modifiche e che si riserva una valutazione finale nell’ambito delle prerogative proprie del capo dello Stato.” “Troveremo la mediazione” fra le esigenze della gente di non essere intercettata e quelle della magistratura di indagare, ha promesso Umberto Bossi, ministro delle Riforme e leader della Lega Nord, ma, forse, la soluzione sta in un rimaneggiamento dei vertici del Governo.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento