A causa dei cambiamenti climatici, però, le minacce per questo ecosistema marino sono in continuo aumento. Temperature in crescita, cambiamenti nelle correnti oceaniche e acidificazione degli oceani stanno causando impatti profondi sulle zone artiche finora incontaminate. Allo stesso tempo, il ritirarsi dei ghiacci polari permette alle flotte industriali di pescherecci a strascico – come alle esplorazioni petrolifere offshore – di spingersi in aree prima inaccessibili. Per proteggere la vita dei fondali di questi oceani – finora preservata dai ghiacci – Greenpeace chiede una moratoria internazionale per ogni attività industriale, inclusa la pesca a strascico, nell’Oceano Artico. «Chiediamo l’immediata protezione di queste acque – afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia – e il blocco di qualsiasi attività industriale fino a quando la comunità scientifica non avrà studiato questo ecosistema in modo adeguato, chiarendo gli impatti dei cambiamenti climatici su di esso».
Negli Stati Uniti, l’amministrazione Obama ha imposto un divieto di pesca assoluto nella acque a nord dello Stretto di Bering. «Questo è uno di quei rari casi – continua Monti – in cui gli Stati Uniti si stanno comportando da veri leader nella protezione dell’ambiente. L’Italia e tutta la comunità internazionale dovrebbero seguire Obama, chiedendo un divieto per la pesca a strascico a nord degli 80 gradi di latitudine».
Fermare la pesca a strascico nel nord dell’Oceano Artico non causerà impatti economici significavi all’industria della pesca, mentre anche una sola stagione di pesca a strascico potrebbe completamente devastare ampie aree, distruggendo popolamenti i cui tempi di crescita sono così lenti che ci vorrebbero anni per un completo recupero.
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