“Avevo sempre sottovalutato la minaccia della violenza. Andavo abitualmente alle latrine, salvo quando si era fatto troppo tardi. Questo, fino a due mesi fa quando ho rischiato di essere stuprata.”
Amina, 19 anni, abita nell’insediamento abitativo precario di Mathare a Nairobi, in Kenya. Questa ragazza rientra nei due milioni di persone – metà degli abitanti della capitale africana – che a Nairobi vivono nei numerosi insediamenti, stipati sull’un per cento dei terreni su cui si estende la città.
In queste aree manca l’acqua potabile, non ci sono servizi igienici e fognari, non si può andare a scuola né rivolgersi a un ospedale per farsi curare. Gli abitanti subiscono discriminazione, sono esposti al rischio costante di sgomberi forzati e costretti a convivere con un elevato livello di insicurezza.
Qui la vita di donne e ragazze è molto difficile.
Come Amina, tante altre donne e ragazze per fare una doccia o utilizzare servizi igienici devono attraversare le strette strade degli insediamenti, prima di arrivare al bagno pubblico. In questi vicoli, che non sono illuminati, non esiste polizia e la possibilità di essere aggredite e stuprate è molto alta.
A queste donne non resta altra scelta che chiudersi in casa durante la notte e talvolta anche prima del tramonto.
Prigioniere nelle loro case, si vedono negare quotidianamente il loro diritto ad accedere ai servizi igienico-sanitari, sono esposte maggiormente al rischio di contrarre malattie e vivono nella costante paura di subire violenza.
Sicurezza e dignità negate, donne prigioniere nelle loro case
“Avevo sempre sottovalutato la minaccia della violenza. Andavo abitualmente alle latrine, salvo quando si era fatto troppo tardi. Questo, fino a due mesi fa quando ho rischiato di essere stuprata.” Amina, 19 anni, abita nell’insediamento abitativo precario di Mathare a Nairobi, in Kenya. Questa ragazza rientra nei due milioni di persone – metà degli abitanti […]
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