Mentre il Presidente del Consiglio dei Ministri incontra, in pompa magna e per la seconda volta, fra Milano e Arcore, il Presidente-amico russo Dmitri Medvedev, in visita ufficiale (non si è ben capito perché), con week-end finale ricreativo sulle Dolomiti; mentre, con perizia chirurgica, scegliendo toni e parole, Napolitano richiama lo stesso Primo Ministro ai suoi doveri in un’Italia preda di “squallide consorterie”; mentre sempre più Fini si erge a paladino della residua moralità di destra e Vendola, nei guai in casa sua, si mette in gioco a sinistra per sparigliare (come se ve ne fosse bisogno); l’Italia della gente comune trema alla notizia che i consumi decrescono su base sia mensile che annua, la disoccupazione galoppa (come la corruzione di politica e magistratura) e aumenta sino a misure abissali il gap fra ricchi e poveri, Nord e Sud; con la ripresa, definita “timida”, che risulta in verità assente. E in tutto questo cade l’annuncio, non si sa se più per shock o ricatto, di Marchionne, di voler spostare (lui dice in modo più moderno ed eufonico”de localizzare”), la costruzione della monovolume FIAT in Serbia, affermando che è costretto a farlo, per via dei sindacati. Subito Sacconi, riprendendo una tradizione attuale fatta solo di apparenze, convoca un tavolo, persuaso che basti questo per assolvere al suo dovere e Berlusconi, dice, che la Fiat è libera in un libero mercato, aggiungendo anodino che però ciò “non deve nuocere al sistema Italia”, pur essendo conscio che già nel 2009 e ufficialmente, ai rappresentanti della ex Repubblica Jugoslava aveva espresso il suo placet per l’operazione. Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, dopo aver parlato con Marchionne al telefono, dichiara che vi sono segni di “ampia disponibilità” a discutere e che c’è quindi uno spiraglio; ma noi crediamo, con Massimo Giannini, che di fatti sociali ed economici ne mastica, che l’unico spiraglio sia quello di accettare il ricatto del colosso guidato da Marchionne, come è già accaduto a Termini Imerese e a Pomigliano, con tanti auguri da parte del governo. Oggi il sindacato dei metalmeccanici serbi ha diramato un comunicato in cui gli operai di quella Nazione non aderiranno ad iniziative che possano in alcun modo nuocere ai colleghi italiani. Ma anche loro, come gli iscritti ai nostri sindacati, contano ormai come il due di picche e ciò che conta è che il governo Serbo (grande amico del Cavaliere), ha già plaudito all’accordo e giustificato Marchionne, costretto ad emigrare perché in Italia si lavora poco e si fanno troppe assenze e scioperi. Il segretario della Cisl, Raffale Bonanni, è convinto che il sindacato troverà una soluzione alla vertenza nata con Fiat, ma speriamo non sia la stessa della schiavizzazione di Pomigliano. Di fatto, ciò che si vede, è che la metamorfosi del gruppo torinese, da quando Marchionne lo giuda, è tutto nella direzione di vantaggi per gli azionisti e svantaggi progressivi per l’Italia e gli italiani. Dice, chi difende Marchionne, che l’Italia è un mercato ormai tossico, che costa troppo e non garantisce guadagni. Ciò che costoro non dicono è che mentre il nostro governo prende atto del problema Fiat con un ritardo di almeno due anni, quello Serbo mette a disposizione, su un investimento di un miliardo di euro, 650 milioni, un’esenzione fiscale di dieci anni e un contributo di 10 mila euro per ogni nuovo assunto, la cui paga base sarà di circa 400 euro. E così, “l’oracolo dell’auto”, come è stato definito da Financial Times, non ha dubbi e sceglie: meglio Kragujevac che Mirafiori e tanti saluti a tutti. D’altra parte lui deve garantire utili e dividenti e non certo restare simpatico agli italiani, anche perché Marchionne è svizzero-canadese, ormai vive più a Auburn Hills che al Lingotto e l’unica cosa che gli interessa, lo ha detto più volte, è il posizionamento del gruppo nella sfida globale. Insomma, cari miei, è palese che Marchionne non è Adriano Olivetti e per lui, guru della moderna economia, ciò che conta, secondo il gergo della modernità, è “creare valore” per gli azionisti. Bene. Ma allora perché il Cavaliere non risolve assieme un doppio problema nominandolo al contempo ministero dello Sviluppo Economico e suo delfino? Che tristezza, davvero: il massimo che Berlusconi ha “inventato” in questi anni, sulla Fiat, sono state le battute imbarazzanti su Gianni Agnelli a Melfi (“è un mio mito, tengo la sua fotografia sul comodino”) e le spacconate umilianti con Fresco e Galateri ad Arcore (“Datela a me, saprei io come risanare la Fiat”). Per contro, il massimo che i suoi ministri hanno inventato in queste settimane, su Pomigliano, è stata la celebrazione ideologica e irresponsabile di un “trionfo misero”, consumato attraverso il regolamento di conti con la Cgil. Negli Stati Uniti dei destini di Gm, Ford e Chrysler si è occupato Obama in persona alla Casa Bianca. In Italia del destino della Fiat si occuperà Sacconi alla Regione Piemonte, non certo il premier perso fra divisioni, imbrogli, perdita di popolarità, ritardo sui decreti che gli interessano, ecc. Sono così amareggiato che trovo ormai più educativo seguire vicende da cronaca nera, dove poveri disgraziati, che la vita la debbono strappare a morsi, passano da un guaio all’altro, senza avere un minuto di pace: metafora di un universo feroce in cui ciascuno gioca per se e contro tutti e, dagli spalti, i potenti gozzovigliano e si dividono privilegi. Ieri mattina, leggo sul Tempo, si è presentato a in un’aula di giustizia per essere processato per direttissima. Pino Pelosi, condannato per la morte di Pier Paolo Pasolini ed arrestato di nuovo lunedì dagli agenti della Polizia di Stato, dopo aver provocato un incidente stradale sulla Roma-Fiumicino, nel quale è rimasto gravemente ferito un suo amico, Olimpio Marocchi, di 38 anni, morto ieri pomeriggio dopo 24 ore di agonia. Questa vicenda è più istruttiva della P3, della legge bavaglio e della Fiat in Slovenia, più esemplare e tragicamente rappresentativa di questi tempi. Pino “la Rana” è l’esempio di ciò che sottocultura ed abitudine alla frode e alla violenza ci hanno fatto diventare: uomini belluini e feroci, non migliori di chi li governa e, soprattutto, incapaci di un vero riscatto. Pino Pelosi è uno di noi, una fra i milioni di italiani ormai disposti a calpestare chiunque, ad utilizzare l’insulto e la calunnia, a strumentalizzare qualsiasi situazione, fosse anche la morte di un innocente, per tutelare se stessi. Certo, l’emozione e l’amarezza sono grandi e anche l’indignazione per la consapevolezza di vivere in “un paese orribilmente sporco”; un paese con persone che si sentono di scrivere che Pasolini “se l’era cercata” e che i lavoratori Fiat “se la sono voluta” (come anche gli incontentabili terremotati de l’Aquila, oggetto di un vero miracolo berluscionano). Ma se scrivo ancora è perché credo che sia è possibile attuare un impegno che nasca prima di tutto da una presa di coscienza della gravità della situazione, per passare dal disgusto ad una fase successiva di riscatto, in primo luogo morale e culturale.
Carlo Di Stanislao
Siamo ormai “alla frutta (marcia)”
Speriamo solo di non fare la fine dell’Argentina di Peron.
E’ inammissibile che le leggi del “libero mercato” valgano sono in senzo unico per Fiat. Anni fà l’Alfa Romeo fu regalata dallo Stato Italiano a Fiat anche se c’era un’offerta e un piano industriale miglior da parte di Ford. Un paio di anni dopo Telettra (maggiore azienda di ricerca in telecomunicazioni di Fiat, fu venduta ai francesi dell’Alcatel in nome del “libero mercato” sancendo la fine delle telecomicazioni italiane… evidentemente ritenute non strategiche il Paese…)
Prodi allora, Berlusconi oggi la repubblica delle banane è sempre supina di fronte alle decisioni dei potenti.
Non dimentichiamoci che ci sono moltissimi Italiani in Auburn Hills per lavoro, sono anche su facebook http://www.facebook.com/group.php?gid=142118435816246