Fermati in Svizzera, assieme alla figlia rapita, Massimiliano Camparini e Gilda Fontana, i due genitori cui il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva sospeso la potestà genitoriale ai genitori il 7 agosto 2008, che avevano prelevato la bambina, di cinque ani appena compiuti, dalla casa vacanze nella quale la si trovava, a Marina di Massa. Già il 5 marzo scorso, durante un incontro protetto con la figlioletta a Reggio Emilia, i genitori avevano distratto un’assistente sociale e avevano preso la piccola, fuggendo verso la Slovenia. Quattro giorni dopo, grazie anche ad una lunga trattativa con la nonna paterna, la Squadra Mobile reggiana aveva rintracciato i fuggitivi e li aveva raggiunti a Rabuiese (Trieste). Ma la vicenda non era conclusa. Il 5 aprile il padre e la madre della bimba si erano incatenati davanti al Colosseo, a Roma, raccontando poi la loro storia alle telecamere della trasmissione di Raitre ‘Chi l’ha visto?’. Appena ieri pomeriggio il legale dei genitori di Giulia aveva diffuso una loro dichiarazione: “Continueremo a stare dove stiamo”, avevano fatto sapere padre e madre, aggiungendo che la “superficialità degli interventi” del sottosegretario Carlo Giovanardi, del presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna Maurizio Millo (che si erano detti disponibili a valutare la vicenda ma solo dopo la ‘liberazione della bimba), della tutrice Sabrina Tagliati, dei familiari, dei politici e avvocati che non hanno nulla a che fare con la loro vicenda”, li aveva convinti sempre di più “di aver scelto la strada migliore e di continuare a stare lontano da questa giustizia”. Proprio di “malagiustizia” ha parlato più volte l’avvocato Miraglia, loro legale, sostenendo tra l’altro che non erano vecchi problemi di tossicodipendenza dei genitori, in particolare del padre, ad aver allontanato la bimba dai genitori, ma presunte “condizioni fatiscenti” del loro alloggio. Appena due giorni fa, lunedì, si è svolta davanti al Tribunale per i minori di Bologna, nella centrale via del Pratello, una manifestazione promossa da alcune associazioni di genitori che vivono situazioni analoghe a quelle dei Camparini. In questi due anni, tra l’altro, più volte la nonna materna, Liana Cartinazzi, aveva chiesto di poter avere la custodia di Anna Giulia (la donna aveva già cresciuto il primo figlio di Gilda, oggi maggiorenne), ma i servizi sociali reggiani hanno dato una risposta negativa. La notizia del ritrovamento in Svizzera – anticipata da Tgcom.it – è stata confermata dalle Guardie di confine e dalla Polizia cantonale. Giulia, visitata dal medico del 144 (il pronto intervento svizzero), sta bene, ma ha avuto una comprensibile, brutta reazione quando è stata nuovamente separata dai genitori. Nel corso della notte è stata affidata dalla polizia cantonale alle cure della tutrice, con la quale è rientrata in Italia, dove hanno fatto rientro pure i genitori. Già il 19 luglio, sulla complessa, dolorosa vicenda, si era pronunciato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani (Ami), affermando: “Non c’è nessuna norma o legge che sanciscano la proprietà esclusiva dei figli da parte dei loro genitori biologici. I minori sono, innanzitutto e soprattutto, sotto la tutela dello Stato e dell’intera comunità. La potestà genitoriale altro non è che una sorta di assunzione di responsabilità che lo Stato concede in prestito ai genitori”. E’ evidente che c’è una grande confusione tra gli italiani ed anche tra alcuni famosi giuristi sul complesso argomento e, in questo come in altri non infrequenti consimili consimili casi, credo che la soluzione, nel rispetto del dolore dei genitori, vada cercata nella volontà di questi ultimi di offrire garanzie concrete per poter esercitare il diritto-dovere genitoriale. Sono 5mila i bimbi che, in Italia e ogni anno, vengono tolti ai genitori e affidati alle case famiglia. L’elemento di criticità, tuttavia, può essere individuato in una carenza di strutture adeguate e di preparazione e sensibilità di alcuni operatori che dovrebbero lavorare nella direzione di un concreto recupero dei rapporti tra i genitori ed i loro figli affidati a terzi. Inoltre i tempi lunghi delle procedure minorili finiscono con l’aggravare situazioni e rapporti molto difficili. L’avvocato Nicolò Marcello, esperto di diritto di famiglia, ha recentemente ricordato ch, a seguito della riforma del Diritto di famiglia del 1975, il codice civile ha fissato il principio generale ed inderogabile in materia di esercizio della potestà genitoriale, in base al quale il figlio, fino al compimento della maggiore età, è soggetto alla potestà di entrambi i genitori (art. 316 del codice civile). Su questi ultimi ricade, con pari diritti e doveri, l’obbligo di provvedere alla crescita, al mantenimento e alla tutela dei proprio figli, potendo infatti anche compiere “provvedimenti urgenti ed indifferibili” al fine di evitar loro qualsiasi “grave pregiudizio”. La valutazione del “se” e del “quando” si possa presumere sussistente un grave pregiudizio è rimessa al giudizio anche del singolo genitore, quand’anche lo stesso art. 316 c.c. prescriva che “se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili”. Come sempre, in caso di grave disaccordo l’interesse dei figli è rimesso nelle mani del Giudice. E’ per questo motivo che si ritiene che il genitore non solo abbia il diritto, bensì l’obbligo di agire prima di tutto a tutela del figlio. Circa poi i criteri per la valutazione psicosociale della capacità genitoriale riguardano, dunque, parametri individuali e relazionali relativi ai concetti di parenting e di funzione genitoriale, trattati ampiamente nella letteratura italiana e internazionale, che comprendono lo studio delle abilità cognitive, emotive e relazionali del ruolo e delle funzioni genitoriali. Uno dei maggiori esperti italiani ( (G. Vicentini, Definizione e funzioni della genitorialità, 2003, in www.genitorialità.it, 2003), in una metanalisi della letteratura scientifica, individua otto funzioni genitoriali:
a) la funzione protettiva;
b) la funzione affettiva;
c) la funzione regolativa genitoriale;
d) la funzione normativa;
e) la funzione predittiva;
f) la funzione significante;
g) la funzione rappresentativa e comunicativa;
h) la funzione triadica.
La valutazione psicosociale generale della capacità genitoriale si specifica poi in relazione a alcune prospettive più particolari che ne dipendono: la condizione di pregiudizio in cui può venirsi a trovare un minore; il suo stato di benessere o disagio, fino all’abbandono; la maggiore idoneità dell’uno o dell’altro genitore separati a prendere con sé stabilmente il figlio. Uno dei modelli più recenti che si occupa dei criteri di valutazione della genitorialità che possono indicare una situazione di rischio per il bambino è il modello process-oriented adattato da Di Blasio (P. Di Blasio: , Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze parentali, Unicopoli, Milano, 2005). Questo modello valorizza innanzitutto i fattori individuali (biologici, genetici, psicologici), i fattori familiari e sociali (coppia, bambino, fratria, amici, lavoro, famiglia estesa), i fattori della società e dell’ambiente (ambiente fisico e salute, servizi e risorse della comunità, condizioni economiche e familiari, supporti del governo) e le reciproche interazioni tra questi, come livelli che influenzano il funzionamento genitoriale. Attualmente, poi, gli esperti suggeriscono che la valutazione delle capacità genitoriali debba essere completata ed integrata da altre due osservazioni complementari.
A) Valutazione del funzionamento psicologico e relazionale del genitore e del funzionamento familiare:
1. capacità riflessive (capacità di attribuire intenzioni e finalità ai comportamenti degli altri ed in particolare dei figli, identificandosi nei loro bisogni; capacità di riflettere sul significato delle proprie azioni e delle proprie reazioni emotive);
2. presenza di patologie psichiatriche;
3. livello di integrazione familiare (funzionamento della coppia genitoriale in
relazione agli indici di collaborazione/coesione interna);
B) Valutazione del funzionamento psicologico e relazionale del figlio:
1. qualità del funzionamento psicologico;
2. qualità del pattern di attaccamento;
3. orientamento e desiderio in relazione alla propria collocazione.
Tutto sembrerebbe molto chiaro e definito, ma probabilmente non lo è se il caso di Giulia genera ancora tante incertezze ed angosce.
Carlo Di Stanislao
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