Con il termine cibo spazzatura sono indicati quei prodotti (per lo più commercializzati da multinazionali) praticamente privi di valori nutrizionali: merendine monodose, snack, hamburger, bibite sintetiche, caramelle… Sono i prodotti dell’alimentazione “fast food”, ricchi di calorie, conservanti, coloranti e sostanze chimiche. L’alimentazione “fast food” va di pari passo con la cultura dell'”usa e getta”, producendo montagne di spazzatura ogni giorno. Le bibite sono una vera truffa miliardaria. Sono per la quasi totalità acqua con l’aggiunta di bollicine, coloranti, zucchero o edulcoranti artificiali, additivi e acido fosforico. Calorie senza vitamine e valori nutritivi. E anche qui lattine e plastica ad ingrassare le discariche di tutto il mondo. La cultura alimentare della nostra società è molto carente, e ad esempio i genitori ignorano che un bambino, con due aranciate al giorno, ha già superato la sua dose giornaliera di acido benzoico. Una ricerca pubblicata su Nature nel marzo scorso, ha dimostrato che tale tipo di cibo può creare dipendenza. Gli autori della ricerca, Paul Johnson e Paul Kenny, dell’Istituto Scripps a Jupiter (Florida), lo hanno dimostrato trasformando ratti di laboratorio in consumatori compulsivi di cibi-spazzatura. Hanno osservato così che, come nella dipendenza da fumo e droga, anche in quella dal cibo-spazzatura si indebolisce l’attivazione dei circuiti cerebrali della ricompensa, che in condizioni normali scattano immediatamente quando si vive un’esperienza piacevole. Oltre alla loro dieta usuale, a base di cibi leggeri e sani, ai ratti sono stati offerti stuzzichini appetitosi a base di bacon, salsicce, dolci e cioccolato. Gli animali hanno più che gradito l’integrazione, cominciando ad assumere molte calorie e a prendere peso. In poco tempo è precipitata la loro sensibilità alla ricompensa, proprio come avviene in chi è dipendente da droghe. E come in questi casi, il ritorno alla normalità non è stato semplice nè rapido: solo dopo due settimane dalla scomparsa degli stuzzichini dalla loro dieta nel cervello dei ratti si è ripristinato il meccanismo della ricompensa. I ricercatori hanno poi voluto capire che cosa accade quando, nei ratti come nell’uomo, la dipendenza impedisce di interrompere l’assunzione di una sostanza anche quando è chiaro che questa è pericolosa per la salute. Hanno così associato il consumo dei cibi ipercalorici alla comparsa di un segnale luminoso e a un dolore ad una zampa: non appena si accendeva la luce i ratti normali rinunciavano volentieri allo stuzzichino pur di non provare dolore, mentre i ratti obesi e dipendenti continuavano a mangiare. Ma si può morire di cibo spazzatura? A Sharon Mevsimler è accaduto.La quarantenne britannica, madre di quattro figli, aveva raggiunto il peso record di 283 chili per un metro e mezzo di altezza ed è morta in ospedale perché non riusciva a frenarsi dal mangiare enormi quantità di junk food (patatine, cibi fritti e altri prodotti ipercalorici e ricchi di zuccheri e grassi). Sharon aveva iniziato ad ingrassare dopo la nascita di uno dei suoi figli a causa di una brutta depressione post-partum e da lì non ha più smesso, dal 2003 è entrata e uscita dagli ospedali a causa dei disturbi legati all’obesità e ha aspettato per ben sette anni un intervento di by-pass gastrico che non le è mai stato praticato. Lei stessa ha più volte denunciato di non aver ricevuto le giuste attenzioni da parte dei medici “se fossi anoressica avrei ricevuto cure adeguate, invece nessuno ha simpatia per gli obesi”, ha dichiarato in un’intervista. A gennaio si era sottoposta a un bendaggio gastrico che aveva pagato ben trentamila sterline, ma ciò non le aveva impedito di continuare a mangiare in maniera ossessiva. Le condizioni di Sharon si sono aggravate nell’ospedale dell’Essex dove era stata ricoverata per essere sottoposta a un programma di ferrea dieta.Ma lei non ce l’ha fatta e ha convinto amici e familiari a portarle di nascosto in ospedale pollo fritto, patatine e altri cibi spazzatura.
Carlo Di Stanislao
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