L’adagio secondo il quale dietro alle fortune e sfortune di un uomo c’è spesso una donna, nel caso del Presidente della Camera Gianfranco Fini vale almeno per tre. Prima la fortuna di essere sostenuto e difeso da donna Assunta Almirante, poi la parte negativa, con le due mogli, la prima Daniela Di Sotto coinvolta in uno scandalo sulla sanità laziale al tempo della giunta Storace e la seconda e attuale, la bionda, ineffabile e giovanissima Elisabetta, che pare, a sua insaputa, l’abbia cacciato nei guai con una storia di affitti di favore di un immobile milionario (ma venduto per una somma sette volte più bassa del reale valore) al fratello, in quel di Montecarlo. Come ricorda Tommaso Cerno su l’Espresso, all’inizio fu la destra, con mamma Erminia in prima fila ai congressi e donna Assunta Almirante che lo sponsorizzava, delfino di Giorgio, alla guida del Msi. Poi vennero gli anni dell’ex moglie Daniela e della figlia Giuliana alla guida di un partito sempre più famigliare. E dopo Tangentopoli fu la stagione delle grandi svolte, dove donne furono pure gli spettri che liberò: da Alessandra Mussolini, che contestò l’abiura di nonno Benito e del fascismo, fino alla Santanchè, che lo abbandonò per Berlusconi e Storace. Nell’era del governo, donne sono le ministre a lui più vicine, come Stefania Prestigiacomo e Giorgia Meloni. E ancora le fedelissime: la segretaria tuttofare Rita Marino e l’avvocato-deputato Giulia Bongiorno. Oltre naturalmente a lei: la compagna di vita Elisabetta con le due figlie, femmine pure loro, Carolina e Martina. Che hanno catapultato papà dalla destra xenofoba alle battaglie per i diritti civili. Con seguito di gossip e polemiche, appunto, per gli immobili ereditati nel Principato. Magari l’analisi è un poco spiccia, data la necessità di sintesi, ma di fatto sarà uesta a passare fra gli italiani, disponibili a perdonare scandali sessuali, ma intrasingenti (anche perchè ridotti con “le pezze al culo” ), circa reati finanziari e benefit a politici e parenti. Fini, in questo momento e con le balbettanti e poco convincenti scuse di “essere all’oscuro di tuppo”, sta come un gatto nel giorno in cui piovvero topi, poichè tutti si chiedono come può il mkoralizzatore della destra, colui che ha voluto con una battaglia “dura e pura” far emergere le contraddiziooni del Pdl, non aver fatto pulizia in casa propria e dopo aver rasentatato l’impicment con la precedente consorte. Insomma, la più parte di colooro che guardavano con simpatia a Fini, come ad uno che avrebbe creato una destra liberale ed europea anche da noi, ora si chiadono varie cose e tutte molto insidiose per lui e la sua credibilità futura, politica e soprattutto morale. Che c’azzeccha (come dirette l’italiano medio, giusticialista e sgrammaticato come Di Pietro, ma cui lui attento a non farsi passare troppe volte la mosca sotto al naso) l’ex valletta della “Domenica sportiva”, ex radicale, ex compagna dell’imprenditore Luciano Gaucci, con il fantasma di una contessa fascista che regala palazzi per la giusta causa? E circa il fratello, che ha votato più volte Emma Bonino che la Fiamma, perchè Fini loo sdoganò il 22 marzo 2009, all’ultimo congresso, di An pochi giorni dopo l’ennesimo strappo su un tema etico, il caso Englaro? E’ molto strano che un politico accorto e di lungo corso come lui, non sia accorto, in un momento di metaforsi indigesta ad alcuni e di battaglia morale invisa al più del Pdl, non si sia accorto che poteva un’occhiata al nuovo quadretto famigliare per capire che presto sarebbe arrivata la burrasca. Lei se ne stava in prima fila fra la Bongiorno e la Marino, uniche nell’immenso salone muto della fiera a far scattare l’applauso sui diritti degli immigrati. I colonnelli s’erano fatti neri come le camicie del Ventennio. Sbuffi. Sussurri. Schiamazzi. Il primo a sbottare (poichè meno incline alla riflessione tattica degli altri e per natura più invidioso erancoroso: guadadene la fisiognomica alla maniere di De La Porta) fu il ministro Altero Matteoli che, sempre nel congresso del 2009, salì sul palco e tuonò contro le coppie di fatto, forse senza rendersi conto ( o proprio rendendosene) che ne aveva una proprio davanti agli occhi. S’indignarono pure gli ex missini: “Nei comizi Fini ripeteva sempre che la destra è “cuore e sentimento”. Ma non pensavamo che intendesse le signore”. Alla fine si preferiranno i riti a base di Escort in luoghi istituzionali a fenomeni di tale innamoramento da costituire acquartieramenti familiari nell’area dei molti previlegi. “In quasi trenta anni di impegno parlamentare non ho mai avuto problemi di sorta con la giustizia e non ho assolutamente niente da nascondere né tantomeno da temere per la vicenda monegasca”, ha detto ieri Fini in una nota. Ma è indubbio (basta leggere tutte le prime pagine e gli approfindimenti interni dei vari quotidiani di oggi), le ripercussioni politiche della vicenda sono forti, perché l’ex capo di An ha fatto della legalità e della moralità uno dei suoi cavalli di battaglia, che l’hanno portato in collisione con Berlusconi e ora la sua nuova forza politica potrebbe bloccare in Parlamento i disegni di legge sulla giustizia cari al premier. Il Giornale, oggi, ipotizza un parallelo con la vicenda dell’ex ministro Claudio Scajola, del Pdl, che ha dato le dimissioni perché avrebbe comprato una casa nel centro di Roma anche con il contributo di un imprenditore edile che faceva affari con la pubblica amministrazione. E già partonole prime bordate. Il solito, pertinace e lividissimo, Altero Matteoli, sostiene che gli sarà difficile rimanere presidente della Camera per l’imbarazzo ed è soltanto la prima di una serie di dichiarazioni che saranno incalcanzi e molto pesanti. Nella sua lunga dichiarazione scritta, il presidente della Camera ha detto che il valore dell’appartamento era di circa 225.000 euro, ma aveva bisogno di profondi restauri, e che per tale valore fu iscritto nel bilancio di An; ma così si è dato la zappa sui piedi. “Sulla natura giuridica della società acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla”, ha detto Fini, il quale sostiene di avere appreso “qualche tempo dopo la vendita” dalla Tulliani che il fratello aveva in locazione l’appartamento. “La mia sorpresa e il mio disappunto possono essere facilmente intuiti”, ha aggiunto Fini, nell’unica ammissione che una cosa quanto meno inopportuna sia avvenuta: l’appartamento venduto dal suo ex partito ad una società off shore è finito nella disponibilità del “cognato”. Insomma, nella migliore delle ipotesi, un fessacchiotto molto superficiale e leggero, cui non tributare certo un ruolo da leader. ‘Fini non e’ piu’ super partes, e da tempo, nella sua funzione di terza carica dello Stato,trasforma una funzione di garanzia in un ruolo di capo fazione e trama contro il governo e la maggioranza’, ha detto poche ore fa il portavoce del Pdl ed ex Radicale Capezzone e, anche se le sue sono parole surretizie e strumentali, incontra il consenso di molti italiani, anche fra gli ex di An. E la difesa di Enrico Letta su Repubblica, che lo difende, definendo la vicenda una montatura, non giova certamente a Fini che passa, difeso dalla sinistra, davvero per un tradire della destra. Il Pd (ma non l’Italia dei Valori) resta pronto a imbarcare il presidente della Camera anche azzoppato, ma questa posizione rende la graticola su cui è Fini ancora più incandescente. Bersani ha torto, in questo panorama, a chidere elezoni anticipate, poichè, se si voterà presto, il “terzo polo” centrista non avrà tempo di coalizzarsi, inficiato anche dal problema morale di Fini; mentre la sinistra resterà divisa tra democratici e dipietristi e riconsegnerà la vittoria all’asse Berlusconi-Bossi. Tafazzi non saprebbe fare di meglio. Occorre che Fini sia più articolato ed autonomo nella sua difesa e che le idee, nell’opposizione, siano decisamente più chiare.
Carlo Di Stanislao
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