L’11 maggio scorso (ma la notizia è solo di oggi, lanciata da il Messaggero e il Fatto Quotidiano), in una audizione alla Commissione parlamentare antimafia, Enzo Macrì, allora procuratore nazionale, ha rivelato che anche “sms alle trasmissioni televisive, e nel caso specifico a Quelli che il calcio è stato uno degli strumenti utilizzati per inviare messaggi ai detenuti al 41 bis. Si tratta di messaggi dal contenuto spesso banale che, in realtà, nascondono comunicazioni di servizio ai boss”. Macrì ha anche riferito che la segnalazione sul possibile utilizzo a beneficio dei boss detenuti degli sms inviati alle trasmissioni televisive era giunta da un carcere, ma non ha rilevato alla Commissione, né lo ha fatto ieri con i giornalisti, il penitenziario dal quale era partito l’input per la Procura nazionale antimafia. Intervenendo sulla vicenda, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha precisato che “le informazioni – riferite dalla Procura nazionale antimafia alla Commissione Antimafia nel corso dell’audizione dello scorso maggio – altro non sono se non i contenuti di un’informativa del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che aveva segnalato il pericolo alla Dna e, contestualmente, allertato le direzioni degli istituti penitenziari a porre la massima attenzione al fenomeno”. Quanto riferito da Macrì, chiosano i giornalisti di Il Fatto Quotidiano e il Messaggero, tenderebbe a dimostrare che il fatto fosse già noto al Ministero della Giustizia, che aveva già adottato gli opportuni correttivi. Da parte sua, il Dap ha reso noto come da quattro anni avesse informato a più riprese il Procuratore nazionale antimafia della possibilità che detenuti sottoposti al regime di carcere duro potessero ricevere dall’esterno comunicazioni attraverso gli sms di programmi tv. Sembra anche che già ieri l’attuale procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, con un comunicato abbia inteso smontare la vicenda: “Non si è accertato nessun caso concreto in cui sia avvenuta la ricezione, in carcere, di sms recapitati ai detenuti tramite trasmissioni televisive”. Ci incuriosisce questo botta e risposta fra procuratori nazionali, che avviene in sincrono con le dichiarazioni di Fini di oggi, dopo il programma su cinque punti e la convocazione di Berlusconi ai suoi fedelissimi di questa mattina. Fini si è dichiarato gradevolmente deluso dalle parole del premier e ha dichiarato beffardo: “tutto qui?”, aggiungendo che evidentemente il Cavaliere “non ha l’arma atomica per farci la guerra”. Quanto a Berlusconi, ha riunito stamani e di buono ora, di nuovo a palazzo Grazioli, un nuovo vertice del Pdl, che ha per oggetto la campagna politica che, a prescindere dall’esito della ‘verifica’ parlamentare di settembre, dovrebbe rilanciare l’immagine del Governo e del partito di maggioranza relativa. Alla riunione, che verterà sull’organizzazione dei club e dei circoli del Pdl e sulla presenza del partito sul territorio, saranno presenti uno dei coordinatori azzurri, Denis Verdini; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti; i capigruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto e al Senato Maurizio Gasparri ed ancora il sindaco di Roma Gianni Alemanno e alcuni rappresentanti dell’ala ‘movimentista’ del partito: Marcello Dell’Utri, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, Daniela Santanche’ e il presidente dei club della libertà Mario Valducci. In apparenza al centro della nuova convocazione dello stato maggiore pdellino, per il timore che il Carroccio possa erodere una fetta consistente del consenso del Popolo della libertà in caso di elezioni anticipate; ma, a ben leggere il messaggio (pizzino?), l’intenzione vera è quella di rivolgere un ammonimento a Fini, affinchè non faccia brutti scherzi e non si prepari alla guerriglia. Oltre a quelli che ci debbono essere per motivi “istituzionali”, infatti, alla riunione di oggi si registra la presenza di uno che del Presidente della Camera potrebbe (e vorrebbe) prendere il posto. Già a marzo (qualcuno lo ricorderà), con la spina nel fianco già allora rappresentata da Fini (a seguito dell’istituzione di “Generazione Italia”), il Cavaliere sfogliò la margherita dell’ex gotha di An, dennò dalla lista i vari Gasparri, La Russa e Matteoli (dirigenti sì, ma non leader), finché in mano non gli è rimase che l’ultimo petalo: Gianni Alemanno; l’asso che, nell’analisi del presidente del Consiglio, va calato sul tavolo delle prossime elezioni politiche ed usato anche come pizzino minatorio per i transfughi traditori, affinché facciano ritorno all’ovile.
Carlo Di Stanislao
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