Domenica si è aperto il consueto meeting riminese di Comunione e Liberazione: kermesse da 800.000 persone (per la tranquillità di albergatori alle prese con una stagione più che fiacca), dedicata quest’anno al “desiderio”, condizione essenziale per una realizzazione singola all’interno di comunità coese, secondo il dettatto di Don Giussani. Ciò che risalta in questa edizione è l’assenza pressoché totale di politici, a fronte di un gran spolvero di grandi finanzieri (Marcegaglia, Passera, Marchionne, Geronzi, ecc.), quasi a sottolineare che, un vuoto di potere dei partiti, che rende quanto mai attuale la definizione di Cossiga, secondo cui: “i politici sono marionetta in mano ai bancheri”. Scrive sul Corriere Aldo Cazzullo, che i ciellini sono in realtà in una fase delicata, contrassegnata da una mancanza di riferimenti, una fase in cui, abbandonato il Pdl e Berlusconi (e non solo per la questione di Boffo, delle escort e delle minorenni; ma anche per i fatti della “cricca del mattone” e degli amici della P3), non sanno più a chi far riferimento. Per un quindicennio è andata bene la strategia Ruini: infiltrare idee cattoliche in ogni direzione ed ibridizzarsi sia a destra (Pdl, Udc), che a sinistra (area cattolica di Ulivo e Pd); ma adesso la strategia appare logora e i nuovi strateghi, rimosso il cardinale, incapaci di guardare oltre la siepe di una politica che è lo specchio di questa sorta di Sodoma e Gomorra in cui è precipitata la vita pubblica italiana. Fini è visto come il fumo negli occhi per il passato neonazista e per le visioni troppo liberali e laiche di adesso. Quanto a Casini e Rutelli sono considerati inconsistenti, mentre Formigoni (candidato organico ed ideale) ha troppi nemici in un partito che, dicevamo, si è oggi scredito agli occhi di molti cattolici. La sinistra è indigesta ed inoltre divisa, esitante, vuota e, pertanto, neanche da prendere in considerazione. Per non parlare del giustizialismo rozzo ed improponibile di Di Pietro. Tutti sanno che la Chiesa ha sempre badato a distinguere tra morale e moralismo, ma allo stato attuale diventa urgente trovare referenti attendibili circa la questione etica e la riforma federalista dello Stato. Al federalismo fiscale la Chiesa, attenta a non rompere con la Lega avanzante, ma anche ad arginarne gli aspetti più estremi, non ha mai detto un “no” incondizionato. E tuttavia non potrebbe tollerare una soluzione che abbandonasse il Sud a se stesso e aggravasse le disuguaglianze. Ancora più grave la questione morale, divenuta se possibile ancora più urgente che negli anni della fine della Prima Repubblica, con leader e leaderini pronti a lucrare sull’appoggio dei cattolici e a disattendere nella vita di ogni giorno e nell’azione di governo, i valori che proclamano in favore di telecamera. Gian Enrico Rusconi su La Stampa commenta che il mondo cattolico è turbato, la Chiesa è perplessa davanti al penoso spettacolo della politica e ciò che Cl ora sa, è che, sebbene siano passati per Rimini tutti i politici che contano, la politica italiana non è affatto migliorata, anzi. Ma non basta l’amarezza critica: alla diagnosi occorre far seguire una risoluta terapia. Non basta decretare che Berlusconi ha fallito, occorre ammettere che è fallito il piano cattolico di democristianizzarlo. Molte patologie sociali (assenza di senso civico e di senso di appartenenza ad una comunità nazionale, complicità di molti gruppi sociali e di aree regionali con la criminalità organizzata, lassismo generalizzato verso le leggi, comportamenti antisolidali e razzismo latente) non provengono da fuori, dalla politica, ma dal ventre stesso della società civile, priva di anticorpi morali, che, proprio per la sua fragilità etica, ha prodotto fenomeni politici deprecabili, quanto diffusi. Ora non si può certo negare che fra i gruppi, settori e strati di società civile che hanno e stanno reagendo e che si adoperano per realizzare una democrazia decente, certamente in prima fila ci sono i cattolici. Ma è il loro rapporto con la politica che è fallito e non solo perché il belusconismo che ha sedotto molti cattolici, ma perché non si sono create vere alternative. Se si vuole uscire da questo stato di cose e ritrovare alla fine della “recherche” un significato perduto, occorrerà trovare soluzioni più coraggiose e innovati che di quelle che vedono il recupero della “Balena Bianca”, in una grande coalizione, che sembrerebbe piuttosto una grande ammucchiata, di centro. Prima di mettere mano alla “Recherche”, Proust pubblicò dei pastiches di altri scrittori, in un esercizio di imitazione che potrebbe averlo aiutato a mettere a punto lo stile personale. Appare evidente che ora gli intellettuali cattolici stanno cercando uno stile nuovo e vivificante e ricercano, in questo meeting, i punti di riferimento più salienti e significativi, per un vero, propulsivo rinnovamento. Molti vorrebbero ripartire dalle note e dalle indicazioni di Bernanos: vigilare affinché la Chiesa rimanga “cattolica” e sorvegliarla affinché nessuno tenti di trasformarla in una setta o in un partito. Principio in apparenza in contraddizioni con la ricerca di padrini e riferimenti politici, ma, a ben vedere, poi non tanto. Una questione infinitamente grave per il cristiano è se il dialogo tra il cristianesimo e il mondo che si difende disperatamente sia realmente possibile. Il dovere più urgente della Chiesa è vedere e ascoltare, dato che se il mondo dice di no è anche perché la Chiesa lo ha deluso. Per Bernanos la Chiesa è interamente solidale con il mondo. Essere cristiani è necessariamente portare, con la grazia, la responsabilità del mondo cosiddetto non cristiano. Essere responsabili del mondo è semplicemente amarlo. Ora si tratta di trovare un politico in grado di incarnare oggi, nello sfacelo generale, questi principi, nel campo pratico della gestione pubblica. Come ebbe modo di dire a Il Gionale nel 2005 Cacciari su Don Giussani, questi fu capace di creare un movimento cattolico moderno, antidogmatico ed in linea con i tempi. Il vero problema è che i suoi eredi, non sanno più chi eleggere, nel campo pratico, a difensore e propugnatore di tali principi. Non Berlusconi che non risolve, ma vernicia i problemi (vedi l’immondizia a Napoli e il Terremoto a L’Aquila), garantendo solo se stesso e una cricca di persone dai dubbi interessi e dalla ancor più dubbia morale. Ma neanche i frammenti impazziti del mondo democristiano, privi di nerbo, carisma e vero spirito politico o una sinistra ancora incapace di confrontarsi con aspetti spirituali o una destra ancora imberbe e, soprattutto, troppo liberista. “Le cose grandi a cui anela il cuore umano si trovano in Dio”. Questo il messaggio del Papa al Meeting di Rimini; un messaggio che, secondo l’erede di Pietro, “ci ricorda che al fondo della natura di ogni uomo si trova un’insopprimibile inquietudine che lo spinge alla ricerca di qualcosa che soddisfi questo suo anelito. Ogni uomo intuisce che proprio nella realizzazione dei desideri pi profondi del suo cuore può trovare la possibilità di realizzarsi, di compiersi, di diventare veramente se stesso”. Questo può farlo in vari modi, ma comunque, non senza politici propugnatori di una precisa prassi di riferimento. E in assenza di questo riferimento politico, dicevamo, si fa fede sul riferimento economico. Non c’è un minimo comun denominatore tra i personaggi della finanza che sfileranno al meeting, salvo, forse, un’attenzione non banale per il sociale, unita a ruoli di responsabilità economica di livello nazionale, con visione estremiste (Marchionne) o più soft (Passera) circa il liberismo e la commistione necessaria fra pubblico e privato, secondo regole aperte (Geronzi) o prestabilite (Marcegaglia). Oltre ai manager più vicini al cattolicesimo liberale, sono di casa in questa edizione, più che in passato, le cooperative, rosse, bianche o neutre e le fondazioni, bancarie e non. Oggi per esempio, il neo presidente dell’Abi e del Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, parleranno di sostegno all’impresa con il numero uno del Banco Popolare, Carlo Fratta Pasini. Mentre Fulvio Conti, ceo dell’Enel e Giuliano Zuccoli di A2A, disegneranno l’energia del futuro. Si discuterà molto sulle cause e gli effetti della crisi, argomento su cui c’è ancora una sorta di “palleggio di responsabilità”. Secondo alcuni è stata la cattiva finanza a provocare il disastro. Ma ci sono altri che puntano il dito sulla “corruzione politica”. Lo scopo di cl è quello di dimostrare che non bisogna demonizza la finanza, ma caso mai prendersela con chi ancora si cala in contrapposizioni che sono retrivamente ideologiche, nonostante sia passato il “secolo delle ideologie”. Come spiega il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, il potente ciellino Giorgio Vittadini: “La domanda è se un’economia dell’uomo e per l’uomo non debba tener conto solo dei desideri, delle aspirazioni, della creatività, ma anche valorizzare l’esigenza e la capacità di creare legami e di realizzare il bene comune. È quindi una diversa concezione del lavoro il punto centrale da cui ripartire”. A Rimini l’indirizzo è chiaro, molto più netto e determinato che quello per le scelte di rappresentanza politica. Sino al prossimo 28 agosto tre capi di Stato, sei presidenti della Commissione e dell’Europarlamento, oltre a vari esponenti della gerarchia vaticana, i vertici dell’economia e della finanza italiana e i numeri uno delle parti sociali, saliranno sul palco della kermesse, tentando di documentare come l’uomo sia innanzitutto rapporto con qualcosa di infinito e come questa tensione sia il tratto inconfondibile dell’umano, la scintilla di ogni azione, dal lavoro alla famiglia, dalla ricerca scientifica alla politica, dall’arte all’’affronto dei bisogni quotidiani. E soprattutto si cercheranno i segni di un rinnovamento pratico verso direzioni politiche ancora incerte e tutte da stabilire.
Carlo Di Stanislao
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