Da Venezia, dove è giunto per la mostra del cinema (la prima volta per un Presidente della Repubblica), Giorgio Napolitano fotografa la situazione della maggioranza in questa fase e, parlando con i giornalisti, dichiara che: “Davanti all’incognita della ripresa economica globale in difficoltà la politica si dovrà concentrare per forza sull’economia”, raccomandando alla stessa di “verificare soprattutto qual’e’ l’andamento della congiuntura sul piano mondiale, europeo e nazionale”. “In Europa le tendenze sono contraddittorie: abbiamo questi dati molto positivi per la Germania che, però, non fanno tendenza complessiva” per il Vecchio continente, ha inoltre proseguito. Stasera vedrà ‘Black Swan’ del regista Darren Aronosky ed oggi, insieme alla moglie signora Clio, potrà ammirare i progetti e le opere presenti nel padiglione Italia della XII Biennale di architettura all’arsenale, accompagnato dal sindaco Giorgio Orsoni e dal presidente della Biennale Paolo Baratta. Ma si ricorderà della domanda di ieri, al suo arrivo, quando un giornalista gli ha ricordato l’estate infernale con il rischio elezioni anticipate e lui ha prontamente risposto:”io cerco di non trovarmi mai all’inferno”. Anche sull’ipotesi di interruzione anticipata della legislatura è apparso concreto, dicendo, da politico d’esperienza ed equilibrio, “non faccio previsioni perché quando accade qualcosa che coinvolga mie decisioni rifletto e poi adotto le decisioni”. Per Il resto sa che c’è solo da tenersi aggiornati, “senza confondersi troppo le idee perché ci sono tremila punti interrogativi che alla fine si scioglieranno”. Tuttavia, dietro alle apparanti certezze, sa bene che nella politica italiana c’è ancora troppa confusione, come ha detto eufemisticamente: “una grande molteplicità di idee e di ipotesi”, con alcuni che vogliono un irrigidimento, altri una conciliazione; tanto che si deve essere molto portati all’ottimismo (ma lui lo è, per natura) per prevedere un’evoluzione più benigna della febbre attuale ed un ritorno a lavorare sui problemi veri e concreti di un Paese con un giovane su quattro senza lavoro ed uno stato sociale decurtato continuamente, orma a livello, quasi, di una zona del Magreb. Lui vorrebbe un sollecito, immediato lavoro di tutti sui problemi economici, per risolvere il fatto che con una crescita del Pil di un solo punto non si fanno nuovi posti di lavoro; ma sa bene che invece gli sottoporranno, come prima cosa, in nuovo progetto di legge targata Pdl, che in 5 articoli ripropone alcune norme del ddl Alfano sulla riforma del processo penale. Tra queste, quelle che vietano di utilizzare in un processo, come prova dei fatti già accertati, le sentenze divenute irrevocabili in altri processi e che ampliano il diritto dell’imputato di far ammettere liste infinite di prove a discarico, anche se manifestamente superflue. Lui sa benissimo, poiché di questa materia ne mastica da sempre, che, come segnalato già nel 2009 dal Csm, l’effetto devastante di questa norma sarà quella di allungare i già biblici tempi dei processi, favorendo la prescrizione del reato. E sa anche che è proprio questo l’obiettivo inseguito da Silvio Berlusconi, che così si salverebbe dal pericolo più insidioso e incombente: l’eventuale condanna in primo grado, per corruzione giudiziaria, nel processo Mills, per ora sospeso in attesa che la Consulta si pronunci (il 14 dicembre) sul “legittimo impedimento”. Sa anche che tale stratagemma, se passasse, consentirebbe due cose al Cavaliere: annacquare il “processo breve” per renderlo più digeribile ai finiani e, al contempo, non svuotarlo delle norme funzionali all’”estinzione” degli altri suoi due processi: Mediaset-diritti Tv e Mediatrade. Altro che politici interessati all’Italia e ai suoi problemi. Dovrà guardare in faccia alla realtà e rendersi amaramente conto che sono in primo luogo i problemi personali ad interessare la più parte dei politici. Il film che il Presidente vedrà stasera, in apertura di concorso, è lo statunitense “Black Swan”: un thriller psicologico ambientato nel mondo del balletto newyorchese, la cui protagonista è Nina, ballerina che vive per la danza, soffocata dall’autorità della madre ex ballerina e contrastata da un ambiente professionale competitivo e con i propri demoni interiori. Ma nel film il bene trionfa sempre e la purezza alla fine ha ragione sulla perfidia e sul cinismo; nella vita, anche politica, non è sempre così. Nel plot del film, il direttore artistico è pronto a nominare un’altra prima ballerina per “Il Lago dei Cigni”,poiché l’attuale stella del balletto è ormai prossima al ritiro ed è palese che la più meritevole sia Nina, il cigno bianco del gruppo; ma vi è un sensuale ed intricante cigno nero da tenere a bada. Certamente il nostro Presidente mediterà su questa storia e la vedrà come una metafora di ciò che gli sta capitando, arbitro di un torneo politico fuori controllo e lontano dai veri problemi della nazione e in cui è lui l’unica vera garanzia a di rispetto democratico e costituzionale. Oggi Berlusconi ha fatto capire che, in caso dovesse essere costretto a trattare sul processo breve (che è la sola cosa che gli interessa), lo farò piuttosto con lui che con i finiani. Ma il fatto che lui, Capo dello Stato, non abbia ricevuto la minima informazione sulla visita di Gheddafi, né da Palazzo Chigi né dalla Farnesina, non può essere considerato un semplice incidente di percorso. Quello che scrive oggi sul Corriere Franco Venturini, che è quirinalista di valore, ci trova d’accordo e va nella direzione, crediamo, della riflessioni attuali del Capo dello Stato, impegnato a dire che la foto Italia è un poco confusa ma, in definitiva, rassicurante, ma vive il tormento interno di chi sa di avere a che fare con una politica con protagonisti solo concentrati sui fatti personali. Dice Venturini che la scortesia commessa nei confronti del Quirinale e l’insieme delle bizzarrie senza risposta di cui è stato prodigo il Colonnello, offrono un ragguardevole spunto per affrontare una questione più ampia e sempre meno eludibile. Quando Berlusconi dice che criticare gli accordi italo-libici equivale ad essere “prigionieri del passato”, Berlusconi ha certo ragione; tuttavia il suo richiamo alla nostra storia e ai nostri interessi, per quanto corretto, non cancella la debolezza principale del profilo esterno dell’Italia in questi anni: la presenza, accanto a strategie del tutto legittime, di un tenace spregio della forma e della misura. Questo porterà il Capo dello Stato ad una cupa conclusione: le cose non cambiano se non cambiano gli uomini e se non si affacciano sulla scena politica modi nuovi, portati da nuove persone. Persone con altra storia, altra cultura e, soprattutto, diversa etica comportamentale. Siamo di fronte ad alcuni timidi segnali di ripresa in campo europeo, una ripresa che però non ci vede protagonisti, ma anzi ci fotografa come distanziati dal gruppo dei primi e mai come ora la lite politica continua ad infuocarsi e a nuocere all’uscita dall’impasse. Il partito di maggioranza relativa si incardina fra un summit ed un conclave, totalmente ed esclusivamente concentrato sulla leadership e sul processo breve, non preoccupandosi minimamente di strategie che rilancino l’occupazione e colmino il ritardo infrastrutturale accumulato. La sinistra, poi, è divisa su tutto, anche sulla semplice riforma elettorale e farnetica di trovare troviamo una maggioranza che la voglia, per poi penseremo a come farla, nel perpetramento di un’idea da ammucchiata, che è foriera di errori ancora non compresi. Una brutta fotografia quella che Napolitano serba nel segreto del cuore, un vero inferno in cui mai avrebbe voluto sprofondare.
Carlo Di Stanislao
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